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{{Pt|plicitamente|implicitamente}}, se cotesta immedesimazione non si tenne alla mera intuizione di un’immagine balenata e fuggita, anzi ritenne l’immagine e vi elaborò un concetto logicamente svolto, essa deve anche, per necessità, portare in sé un’invenzione, una scoperta, qualunque ne sia, grande o piccolo, fecondo o infecondo, il valore. Perciò si è detto, che la vera poesia è ''klugdichtende'', è «sapientemente poetante». Chi contempla nella propria fantasia l’immagine di Mosè eletto da Dio a legislatore del suo popolo sacerdotale, ha già argomentato e presunto in questa contemplazione il ragionamento, che l’aspetto di Mosè non può essere quello di un uomo comune; altrimenti egli si figurerebbe la faccia di un qualunque ignoto e non il sembiante proprio di Mosè; e cotesto ragionamento mena diviato alla scoperta morale, che gli uomini abituati a vivere nell’idea ardente, nello zelo di un grande dovere di umanità e di divinità, portano in volto la luce della propria missione che trascina le moltitudini e le guida a buon segno; e prepotenza di luce è la loro parola.
PREFAZIONE! DEL TRADUTTORE

XUI
Il giovine Nietzsche, che intorno al 1870 insegnava filologia nell’università di Basilea, era pienamente persuaso di non appuntare ad altro l’intelletto, se non a quel problema della scienza che aveva condotto il vecchio {{AutoreCitato|Immanuel Kant|Kant}} alla soluzione della prima {{TestoAssente|''Critica''}}; e invece, dando sfogo al sentimento che gli ferveva nell’auimo, intuì una scoperta estetica di cui egli medesimo non comprese la grandezza sostanziale. A quel tempo,
plicitaraente, se cotesta immedesimazione non si
tenne alla mera intuizione di un’immagine balenata
e fuggita, anzi ritenne l’immagine e vi
elaborò un concetto logicamente svolto, essa deve
anche, per necessità, portare in sé un’invenzione,
una scoperta, qualunque ne sia, grande o piccolo,
fecondo o infecondo, il valore. Perciò si è detto,
che la vera poesia è klugdichlende, è * sapientemente
poetante». Chi contempla nella propria
fantasia l’immagine di Mosè eletto da Dio a legislatore
del suo popolo sacerdotale, ha già argomentato
e presunto in questa contemplazione
il ragionamento, che l’aspetto di Mosè non può
essere quello di un uomo comune; altrimenti egli
si figurerebbe la faccia di un qualunque ignoto
e non il sembiante proprio di Mosè; e cotesto
ragionamento mena diviato alla scoperta morale,
che gli uomini abituati a vivere nell’idea ardente,
nello zelo di un grande dovere di umanità e di
divinità, portano in volto la luce della propria
missione che trascina le moltitudini e le guida
a buon segno; e prepotenza di luce è la loro
parola.
Il giovine Nietzsche, che intorno al 1870 insegnava
filologia nell’università di Basilea, era pienamente
persuaso di non appuntare ad altro l’intelletto,
se non a quel problema della scienza
che aveva condotto il vecchio Kant alla soluzione
della prima Critica; e invece, dando sfogo
al sentimento che gli ferveva neU’auimo, intuì
una scoperta estetica di cui egli medesimo non
comprese la grandezza sostanziale. A quel tempo,