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32 CAPITOLO SECONDO dovunque si guarda. Fu, quella, la riconciliazione di due avversari, fatta con la rigorosa determi, nazione dei rispettivi confini che da ora in poi bisognava osservare, e con lo scambio periodico di doni onorari; ma in ’fondo lo screzio non fu spianato. Se però guardiamo al modo come la potenza dionisiaca ebbe a palesarsi sotto l’influenza di quel patto pacifico, noi veniamo a riconoscere nelle orgie dionisiache dei greci, raffrontate con le sacee di Babilonia e con la connessa ricaduta dell’uomo a tigre e a scimmia, la significazione di feste di redenzione universale e di trasfigurazione. Per la prima volta in mezzo a loro la natura celebrò il suo giubilo artistico; per la prima volta in mezzo a loro l’infrazione del principium individuationis diventò un fenomeno artistico. Qui, tra i greci, queiresecrabile filtro delle streghe stillato dalla lussuria e dall’atrocità non aveva forza: lo ricorda unicamente, come i rimedi energici ricordano i veleni mortali, la meravigliosa mescolanza o duplicità di affetti del tripudiatore dionisiaco; lo ricorda solo lo strano fenomeno, che i dolori producono sensazioni di delizia, che il giubilo strappa al petto voci di angoscia. Dalla più alta allegrezza scoppia il grido del terrore o l’urlo di lamento e di ansia per una perdita irreparabile. In quelle feste greche emana per cosi dire uno sfogo sentimentale della natura, come se le cavasse gemiti e singhiozzi il proprio smembrarsi in altrettanti individui. Il canto e la mimica di cosiffatti convulsionari di gioia insieme