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in vece, furono i due ponti dell’isola Teberina: il {{Wl|Q734903|ponte Cestio}}, edificato dal prefetto Lucio Cestio 60 anni prima la nascita di Gesù Cristo, e il ponte Fabricio cominciato da Lucio Fabrizio e finito — 23 anni prima dell’Era volgare — dai consoli M. Lollio e Q. Lepido. Il primo di questi due ponti aveva in origine una sola arcata centrale, con due piccoli archi ai lati e non acquistò la forma attuale che sotto l’impero di Valente, Valentiniano e Graziano, durante il quale fu restaurato. Il secondo ha conservato la sua forma primitiva ed ha preso il nome attuale di ponte Quattro Capi, dalla piccola erma a quattro facce che ancora si conserva sopra uno dei suoi parapetti. |
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Intanto col crescere della ricchezza privata e con il popolarizzarsi delle abitudini di grandezza e di lusso, una nuova forma di architettura e di arte cominciava a manifestarsi nelle vie romane: quella dei sepolcri. Fin dai primi tempi della costituzione repubblicana, una legge delle {{Wl|Q203686|XII tavole}} stabiliva l’inviolabilità e il culto delle sepolture, che continuavano ad essere di due sorta: a incenerazione e a inumazione. I riti che accompagnavano i cadaveri dei defunti divenivano ogni giorno più sontuosi e più magnifici erano i sepolcri che una disposizione relegava oltre la cinta delle mura, per cui divenne illustre come un meraviglioso museo la via suburbana del censore Appio. E anche nella architettura funebre si era manifestata una profonda modificazione. I due termini di paragone possono essere offerti dall’{{Wl|Q1540716|ipogeo degli Scipioni}} e dal sepolcro monumentale di Cecilia Metella. |