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Il signor Cuenca e il suo successore Racconto di GABRIELE MIRO’ Oro il treno attraversava i campi coltivati della pianura d-Orihucla.- Si vedevano gli steli di canapa alti, densi, scuri, piegati dal vento; le piante d’arancio folte; i sentieri fra i margini verdi; le capanne coi muri di calce e i tetti di stoppia posati su tronchi disuguali, ancora scabri come alberi in vita; i viottoli stretti, e lontana la strada con la verzura odorante; all’ombra di un olmo due mucche macchiate di letame, sdraiate a terra ruminando i teneri steli del mais; le montagne spoglie con lo loro armatura di roccia viva e nuda clic penetra ncH’umido molle dei campi di legumi; un tratto di fiume con un vecchio mulino circondato dalle anitre; una macchia spessa di pioppi neri c di roveti bianchi; un palmizio solitario; un tabernacolo con la sua croce votiva, grande e nera inchiodata sulla sommità; il vapore turchino delle rive bruciate; un largo canale; due contadini, nel costume del posto, intenti a macerare la canapa; piante d’arancio; di nuovo il fiume; e in fondo, al sommo di una collina, il seminario lungo c bianco, coronato di giaggioli. In basso, lungo la costa, comincia la città, dalla quale s’ergono le torri c le cupole chiare, rosse, azzurre, cupe, delle chiese, della cattedrale, dei monasteri; c, a destra, in disparte, posato sulla montagna, oscuro, massiccio, enorme con il campanile quadrato come una torre, la cui cornice pesi sulle spalle di nani mostruosi, le grondaie, gli abbaini, gli occhi di bue, appare il Collegio di Santo Domingo dei Padri Gesuiti. |
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IL BARETTI |
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Pag. 77 |
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Sulla campagna, sul fiume e sulla città stcndevasi una nebbia leggera e azzurrina. È veniva dal paesaggio l’odore pesante e caldo di concime e di stalla, l’odore fresco di irrigazione, l’odore acre, fetido dei maceri della canapa, l’odore aspro della canapa secca nelle giarrc coniche. |
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Il signor Cuenca e il suo successore |
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Racconto di GABRIELE MIRO’ |
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Siguenza contemplava la sera con angoscia, inalato di tristezza, di una tristezza così amara, così forte che non sembrava soltanto un sentimento provato da lui, ma si manifestava con una realtà propria, estranea a lui, più viva della sua anima; questa tristezza si impersonava in tutto ciò che egli vedeva, perché la campagna, i suoi vapori, i suoi alberi, i monti e il ciclo, tutto era permeato e intessuto di tristezza; la stessa tristezza che l’opprimeva fanciullo, quando indossava l’uniforme di collegiale e usciva colla sua classe, quella dei piccoli, lungo questi sentieri, attendendo il passaggio del treno; un trenodie portandogli tanti ricordi di gioia, rendeva ancor più triste il i>aesaggio e il ritorno al collegio di Santo Domingo. |
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Oro il treno attraversava i campi coltivati |
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della pianura d-Orihucla.- Si vedevano gli steli |
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Allora Siguenza si volse verso un signore, compagno di viaggio, che accompagnava suo figlio per affidarlo come «interno» ai Gesuiti, c gli confidò alcuni suoi ricordi di collegio. |
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di canapa alti, densi, scuri, piegati dal vento; |
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le piante d’arancio folte; i sentieri fra i margini |
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verdi; le capanne coi muri di calce e i |
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tetti di stoppia posati su tronchi disuguali, ancora |
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scabri come alberi in vita; i viottoli stretti, |
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e lontana la strada con la verzura odorante; |
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all’ombra di un olmo due mucche macchiate |
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di letame, sdraiate a terra ruminando i teneri |
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steli del mais; le montagne spoglie con lo loro |
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armatura di roccia viva e nuda clic penetra |
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ncH’umido molle dei campi di legumi; un |
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tratto di fiume con un vecchio mulino circondato |
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dalle anitre; una macchia spessa di pioppi |
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neri c di roveti bianchi; un palmizio solitario; |
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un tabernacolo con la sua croce votiva, |
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grande e nera inchiodata sulla sommità; il vapore |
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turchino delle rive bruciate; un largo canale; |
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due contadini, nel costume del posto, |
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intenti a macerare la canapa; piante d’arancio; |
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di nuovo il fiume; e in fondo, al sommo |
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di una collina, il seminario lungo c bianco, |
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coronato di giaggioli. In basso, lungo la costa, |
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comincia la città, dalla quale s’ergono le torri |
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c le cupole chiare, rosse, azzurre, cupe, delle |
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chiese, della cattedrale, dei monasteri; c, a |
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destra, in disparte, posato sulla montagna, |
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oscuro, massiccio, enorme con il campanile |
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quadrato come una torre, la cui cornice pesi |
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sulle spalle di nani mostruosi, le grondaie, gli |
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abbaini, gli occhi di bue, appare il Collegio |
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di Santo Domingo dei Padri Gesuiti. |
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Sulla campagna, sul fiume e sulla città |
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stcndevasi una nebbia leggera e azzurrina. È |
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veniva dal paesaggio l’odore pesante e caldo |
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di concime e di stalla, l’odore fresco di irrigazione, |
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l’odore acre, fetido dei maceri della canapa, |
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l’odore aspro della canapa secca nelle |
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giarrc coniche. |
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Siguenza contemplava la sera con angoscia, |
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inalato di tristezza, di una tristezza così amara, |
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così forte che non sembrava soltanto un sentimento |
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provato da lui, ma si manifestava con |
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una realtà propria, estranea a lui, più viva |
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della sua anima; questa tristezza si impersonava |
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in tutto ciò che egli vedeva, perché la |
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campagna, i suoi vapori, i suoi alberi, i monti |
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e il ciclo, tutto era permeato e intessuto di tristezza; |
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la stessa tristezza che l’opprimeva fanciullo, |
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quando indossava l’uniforme di collegiale |
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e usciva colla sua classe, quella dei piccoli, |
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lungo questi sentieri, attendendo il passaggio |
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del treno; un trenodie portandogli |
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tanti ricordi di gioia, rendeva ancor più triste |
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il i>aesaggio e il ritorno al collegio di Santo |
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Domingo. |
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Allora Siguenza si volse verso un signore, |
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compagno di viaggio, che accompagnava suo |
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figlio per affidarlo come «interno» ai Gesuiti, |
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c gli confidò alcuni suoi ricordi di collegio. |
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Il signore rinterruppe: |
Il signore rinterruppe: |
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— E voi non vorreste ritornare a quegli anni? |
— E voi non vorreste ritornare a quegli anni? |
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Non credete che sia ricca di sapore la tristezza |
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del fanciullo in collegio? No? Come! |
Non credete che sia ricca di sapore la tristezza del fanciullo in collegio? No? Come! |
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Non vi ricondurreste i vostri figli? |
Non vi ricondurreste i vostri figli? |
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Siguenza disse di no. Questa tristezza è forse |
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Siguenza disse di no. Questa tristezza è forse piacevole per i grandi; per i piccoli arida e diàccia, senza questo profumo di lontananzaQuando era stato a Santo Domingo, Siguenza aveva invidiato la vita aperta c libera di un fabbro vicino che faceva giungere i suoi canti e il suono del martello sull’incudine attraverso a tutte le finestre, invadendo il silenzio delle sale di studio; aveva invidiato un certo signor Rcbollo, che fabbricava c commerciava il suo cioccolato, e passando innanzi al suo banco, tutti i collegiali si guardavano, assaporando con delizia lo strepito del rullo, c il tepido aroma del cacao; aveva invidiato gli uomini seduti sulla sponda del fiume a fumare e ad osservare le acque correnti; aveva invidiato un cocchiere che andava alla stazione facendo schioccare la frusta come un petardo, lanciando frizzi alle contadine, c quell’uomo per lui era formato come dalla santa emozione di tutti i focolari, perchè sulla sua vetusta vettura giungevano i parenti degli interni. Lo chiamavano «Arrancapinos» soprannome meraviglioso, leggendario, dipinte sullo sportello in fiammanti lettere color cinabro, incorniciatiti una figura simile ad una scimmia che sbuca dal fogliame. E la sera mentre traduceva i quindici versi dell’Eneide segnati con la traccia dcH’unghia, «Arrancapinos» passava gloriosamente come un Esplandian sulle pagine del dizionario c del testo trasformate in una foresta centenaria, profumata, incantata. |
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piacevole per i grandi; per i piccoli arida e |
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diàccia, senza questo profumo di lontananzaQuando |
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— E con questo? diceva il signore. Che ha questo a vedere con la educazione dei fanciulli? |
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era stato a Santo Domingo, Siguenza |
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aveva invidiato la vita aperta c libera di un |
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Avete figli? Ah! Voi avete due figlie? ebbene, perdonate, ma io credo che voi le educhiate male. Le educate male? lo ammettete! |
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fabbro vicino che faceva giungere i suoi canti |
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e il suono del martello sull’incudine attraverso |
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Sì. Porse secondo alcuni Siguenza educava male le sue figliuole. Infatti quando si ammalavano egli ricordava di aver parlato talvolta con durezza alle povere piccine per reprimere qualche loro capriccio: allora se ne pentiva e si riprometteva di non farlo più — Questo non sarebbe avvenuto se voi le aveste messe come.interne in un collegio— Interne! Mai! |
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a tutte le finestre, invadendo il silenzio delle |
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sale di studio; aveva invidiato un certo signor |
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Il padre del collegiale s’indignò a tal punto che tutta la sua vermiglia figura di proprietario della provincia di Alicante si infiammò. |
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Rcbollo, che fabbricava c commerciava il suo |
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cioccolato, e passando innanzi al suo banco, |
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Essi arrivarono n Orihucln c, nella vettura sino all’albergo, poi durante il pranzo, continuarono a conversare. |
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tutti i collegiali si guardavano, assaporando |
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con delizia lo strepito del rullo, c il tepido aroma |
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del cacao; aveva invidiato gli uomini seduti |
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sulla sponda del fiume a fumare e ad osservare |
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le acque correnti; aveva invidiato un |
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cocchiere che andava alla stazione facendo |
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schioccare la frusta come un petardo, lanciando |
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frizzi alle contadine, c quell’uomo per lui |
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era formato come dalla santa emozione di tutti |
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i focolari, perchè sulla sua vetusta vettura |
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giungevano i parenti degli interni. Lo chiamavano |
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«Arrancapinos» soprannome meraviglioso, |
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leggendario, dipinte sullo sportello in |
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fiammanti lettere color cinabro, incorniciatiti |
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una figura simile ad una scimmia che sbuca |
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dal fogliame. E la sera mentre traduceva i |
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quindici versi dell’Eneide segnati con la traccia |
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dcH’unghia, «Arrancapinos» passava gloriosamente |
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come un Esplandian sulle pagine |
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del dizionario c del testo trasformate in una |
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foresta centenaria, profumata, incantata. |
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— E con questo? diceva il signore. Che ha |
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questo a vedere con la educazione dei fanciulli? |
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Avete figli? Ah! Voi avete due figlie? ebbene, |
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perdonate, ma io credo che voi le educhiate |
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male. Le educate male? lo ammettete! |
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Sì. Porse secondo alcuni Siguenza educava |
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male le sue figliuole. Infatti quando si ammalavano |
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egli ricordava di aver parlato talvolta |
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con durezza alle povere piccine per reprimere |
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qualche loro capriccio: allora se ne pentiva e |
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si riprometteva di non farlo più |
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— Questo non sarebbe avvenuto se voi le |
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aveste messe come.interne in un collegio— |
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Interne! Mai! |
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Il padre del collegiale s’indignò a tal punto |
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che tutta la sua vermiglia figura di proprietario |
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della provincia di Alicante si infiammò. |
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Essi arrivarono n Orihucln c, nella vettura |
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sino all’albergo, poi durante il pranzo, continuarono |
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a conversare. |
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Siguenza gli disse: |
Siguenza gli disse: |
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— Se voi aveste conosciuto il signor Cucuca! |
— Se voi aveste conosciuto il signor Cucuca! |
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— Chi è questo signore? |
— Chi è questo signore? |
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-7- Nei collegi «Ivi gesuiti si tratta con il |
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Lei e si chiamano» signore» tutti gli allievi, |
-7- Nei collegi «Ivi gesuiti si tratta con il Lei e si chiamano» signore» tutti gli allievi, siano pure giovanissimi. Voi lo sapete. Io entrai a otto anni a Santo Domingo, ed ero stupito di udire tanti «Lei» e tanti «signore» |
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siano pure giovanissimi. Voi lo sapete. Io entrai |
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dalle bocche di questi preti sapienti, mentre a casa mia i domestici mi davano del tu; ma ero ancor più meravigliato che lo dicessero a un marmocchio che stava accanto a me; io portavo pantaloni lunghi c invece il mio vicino li aveva ancora corti, con le calze fin sopra il ginocchio. Era infatti molto più giovane di me: esile, pallido, molto triste, distratto; le sue piccole mani sempre sporche d’inchiostro; le fettuccie dei calzoncini, i legacci delle scarpe sempre slegati c cadenti. Si chiamava Cucnca. Ma naturalmente là si diceva signor Cucnca. «Signor Cucnca, signor Cuenca I» |
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a otto anni a Santo Domingo, ed ero stupito |
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di udire tanti «Lei» e tanti «signore» |
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pronunciava con voce secca, imperativa il Fratello Ispettore. Io guardavo il mio camerata con la stia piccola testa nascosta fra le braccia, incrociate sul banco. E l’ispettore mormorava: «Signor Siguenza; scuota il Signor Cucnca clic dorme». Io lo svegliava. Il signor Cucnca apriva i suoi grandi occhi velati di tristezza e di sonno; mi guardava stupito, si stirava c mi sorrideva perdonandomi- La voce del Fratello tuonava. E il signor Cucnca alzava le spalle c mi chiedeva: «Ma che cosa dice il Fratello?» «Dice di metterti in ginocchio». |
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dalle bocche di questi preti sapienti, mentre |
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a casa mia i domestici mi davano del tu; ma |
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ero ancor più meravigliato che lo dicessero a |
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un marmocchio che stava accanto a me; io portavo |
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pantaloni lunghi c invece il mio vicino |
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li aveva ancora corti, con le calze fin sopra |
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il ginocchio. Era infatti molto più giovane di |
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me: esile, pallido, molto triste, distratto; le |
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sue piccole mani sempre sporche d’inchiostro; |
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le fettuccie dei calzoncini, i legacci delle scarpe |
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sempre slegati c cadenti. Si chiamava |
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Cucnca. Ma naturalmente là si diceva signor |
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Cucnca. «Signor Cucnca, signor Cuenca I» |
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pronunciava con voce secca, imperativa il Fratello |
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Ispettore. Io guardavo il mio camerata |
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con la stia piccola testa nascosta fra le braccia, |
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incrociate sul banco. E l’ispettore mormorava: «Signor Siguenza; scuota il Signor |
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Cucnca clic dorme». Io lo svegliava. Il signor |
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Cucnca apriva i suoi grandi occhi velati di |
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tristezza e di sonno; mi guardava stupito, si |
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stirava c mi sorrideva perdonandomi- La voce |
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del Fratello tuonava. E il signor Cucnca alzava |
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le spalle c mi chiedeva: «Ma che cosa |
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dice il Fratello?» «Dice di metterti in ginocchio». |
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«i In ginocchio? E perchè?» |
«i In ginocchio? E perchè?» |
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^ Il Signor Cucnca s’inginocchiava. «Signor |
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Cucnca, signor Cuenca, Ella avrà un cattivo |
Il Signor Cucnca s’inginocchiava. «Signor Cucnca, signor Cuenca, Ella avrà un cattivo punto in condotta; non si accorge che le sue calze cadono?» |
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punto in condotta; non si accorge che le sue |
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Quasi sempre bisognava che io gliele riaccomodassi erano calze di grossa lana bianca, fatto in casa dalle mani della madre del signor Cuenca; c bisognava che io gliele allacciassi, perchè il signor Cucnca non sapeva. Accanto al Signor Cucnca, mi pareva di essere un uomo grande, un protettore e gli sorridevo paternamente Giunse 1a settimana degli esercizi spirituali. |
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calze cadono?» |
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Quasi sempre bisognava che io gliele riaccomodassi |
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Bisognava passarla senza parlare, facendo il nostro esame di coscienza, ascoltando i sermoni sul peccato, la morte, l’inferno, il purgatorio, la salute eterna..-. Le finestre della cappella erano, allora, quasi completamente chiuse; l’altare tutto parato di nero. Quando cantavamo «Perdono... o Signore!» gridavamo disperatamente, non solo perchè imploravamo la grazia con un ardore impetuoso, ma per vendicarci del nostro silenzio... Ili signor Cucnca non cantava; chiudeva gli occhi c chinava la sua piccola testa, appoggiandola sulla mia spalla sinistra. Io l’ammonivo: «Bada che saremo puniti entrambi I» E il signor Cuenca sorrideva guardandomi. Era pallidissimo, con due piccole pieghe accànto alle labbra, come se stesse per singhiozzare, c mormorava: «La fronte mi duole sempre più!». |
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erano calze di grossa lana bianca, |
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fatto in casa dalle mani della madre del signor |
|||
L’ultimo giorno degli esercizi, al posto del Signor Cucnca un altro fanciullo grosso, rubicondo, tranquillo e molto divoto si pose al mio fianco- Gli domandai: «E Cuenca? Sai dov’è Cucnca?». Non mi rispose. Alla ricreazione chiesi al Fratello il permesso di parlargli, ma egli non volle accordarmelo. E quando la settimana di silenzio fu finita, e tutti i collegiali lanciarono il loro primo grido spontaneo, cspansivo, felice, io corsi dall’Ispettore e gli chiesi notizie del signor Cueiica. «Non avete ancora imparato che interrogare è una colpa grave? Non fatelo più», mi disse. |
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Cuenca; c bisognava che io gliele allacciassi, |
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perchè il signor Cucnca non sapeva. Accanto |
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Melanconico c umiliato, mi tenni in disparte pensando al signor Cucnca. Perchè non era con noi questo fanciullo pallido, gracile, dolce c triste, che, sorridendo, mi dava più pena che se piangesse?... Dov’era il mio camerata dai calzoncini color d’oliva e dalle calze bianche, pendenti, rozze, che egli non sapeva tenere allacciate e che imploravano le mani della madre o forse della nutrice del signor Cucnca? |
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al Signor Cucnca, mi pareva di essere un |
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uomo grande, un protettore e gli sorridevo paternamente |
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Due giorni doj>o, rientrando dalla prima ricreazione del pomeriggio, non fummo condotti nella sala di studio ma nel dormitorio; ed entrando nelle camere, l’ispettore ordinò: «Uniforme di cerimonia, mantelli e berretti». |
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Giunse 1a settimana degli esercizi spirituali. |
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Bisognava passarla senza parlare, facendo il |
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Ci vestimmo stupiti. «Dove ci conducevano, così vestiti, di mercoledì?» |
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nostro esame di coscienza, ascoltando i sermoni |
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sul peccato, la morte, l’inferno, il purgatorio, |
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la salute eterna..-. Le finestre della |
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cappella erano, allora, quasi completamente |
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chiuse; l’altare tutto parato di nero. Quando |
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cantavamo «Perdono... o Signore!» gridavamo |
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disperatamente, non solo perchè imploravamo |
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la grazia con un ardore impetuoso, ma |
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per vendicarci del nostro silenzio... Ili signor |
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Cucnca non cantava; chiudeva gli occhi c chinava |
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la sua piccola testa, appoggiandola sulla |
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mia spalla sinistra. Io l’ammonivo: «Bada |
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che saremo puniti entrambi I» E il signor |
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Cuenca sorrideva guardandomi. Era pallidissimo, |
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con due piccole pieghe accànto alle labbra, |
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come se stesse per singhiozzare, c mormorava: «La fronte mi duole sempre più!». |
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L’ultimo giorno degli esercizi, al posto del |
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Signor Cucnca un altro fanciullo grosso, rubicondo, |
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tranquillo e molto divoto si pose al mio |
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fianco- Gli domandai: «E Cuenca? Sai dov’è |
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Cucnca?». Non mi rispose. Alla ricreazione |
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chiesi al Fratello il permesso di parlargli, ma |
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egli non volle accordarmelo. E quando la settimana |
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di silenzio fu finita, e tutti i collegiali |
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lanciarono il loro primo grido spontaneo, cspansivo, |
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felice, io corsi dall’Ispettore e gli |
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chiesi notizie del signor Cueiica. «Non avete |
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ancora imparato che interrogare è una colpa |
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grave? Non fatelo più», mi disse. |
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Melanconico c umiliato, mi tenni in disparte |
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pensando al signor Cucnca. Perchè non era |
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con noi questo fanciullo pallido, gracile, dolce |
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c triste, che, sorridendo, mi dava più pena |
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che se piangesse?... Dov’era il mio camerata |
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dai calzoncini color d’oliva e dalle calze bianche, |
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pendenti, rozze, che egli non sapeva tenere |
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allacciate e che imploravano le mani della |
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madre o forse della nutrice del signor |
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Cucnca? |
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Due giorni doj>o, rientrando dalla prima ricreazione |
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del pomeriggio, non fummo condotti |
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nella sala di studio ma nel dormitorio; ed entrando |
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nelle camere, l’ispettore ordinò: «Uniforme |
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di cerimonia, mantelli e berretti». |
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Ci vestimmo stupiti. «Dove ci conducevano, |
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così vestiti, di mercoledì?» |
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Scendemmo nel chiostro. «Signore, che succede? |
Scendemmo nel chiostro. «Signore, che succede? |
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Che sia arrivato il R- Padre Provinciale? |
Che sia arrivato il R- Padre Provinciale? |
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Sì, sì, deve essere il Padre Provinciale che |
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forse ci accorderà in memoria della sua visita |
Sì, sì, deve essere il Padre Provinciale che forse ci accorderà in memoria della sua visita qualche divertimento, o merenda nei campi!.» |
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qualche divertimento, o merenda nei campi!.» |
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E il signor Cucnca che non era con noi! ora |
E il signor Cucnca che non era con noi! ora che ci saremmo tanto divertiti l ma dov’era il signor Cucnca? |
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che ci saremmo tanto divertiti l ma dov’era il |
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signor Cucnca? |
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Entrammo nella chiesa. Trasalii per l’angoscia. |
Entrammo nella chiesa. Trasalii per l’angoscia. |
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Un freddo sudore imperlava i miei capelli |
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e le mie’tempia. |
Un freddo sudore imperlava i miei capelli e le mie’tempia. |
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C’era nella navata una bara stretta, bianca, |
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C’era nella navata una bara stretta, bianca, circondata di ceri; e, dentro, molto giallo c molto lungo vidi il povero signor Cucnca che sorrideva a me, a me, lo giuro! e sorrideva come per mostrarmi i suoi piccoli pantaloni lunghi dell’uniforme di cerimonia clic gli avevano messo. |
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circondata di ceri; e, dentro, molto giallo c |
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molto lungo vidi il povero signor Cucnca che |
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sorrideva a me, a me, lo giuro! e sorrideva |
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come per mostrarmi i suoi piccoli pantaloni |
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lunghi dell’uniforme di cerimonia clic gli avevano |
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messo. |
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Il padre del collegiale accese un sigaro: |
Il padre del collegiale accese un sigaro: |
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nascosto dal fumo, mormorò tossendo: |
nascosto dal fumo, mormorò tossendo: |
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— Mancanza di ordino; questo — e sporgendo |
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— Mancanza di ordino; questo — e sporgendo il mento indicava suo figlio — non ha mai portato scarpe coi legacci, ma scarpe tutte d’un pezzo, con gli elastici e le calzette c i calzoni con le bretelle vero? |
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il mento indicava suo figlio — non ha |
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mai portato scarpe coi legacci, ma scarpe tutte |
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d’un pezzo, con gli elastici e le calzette c i |
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calzoni con le bretelle vero? |
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Prima traduzione italiana. |
Prima traduzione italiana. |
||
G. Mirò è uno dei più originali scrittori |
|||
G. Mirò è uno dei più originali scrittori spaglinoli della generazione di Avnln e di Gomez de la Sema- E’ unto ad Alicante e la sua arte ha il sapore e la luce della sua terra di Valenza. Opere principali: Figure della Passione del Signore, Il libro di Siguenza,.Vostro padre S. Daniele. |
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spaglinoli della generazione di Avnln e di Gomez |
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de la Sema- E’ unto ad Alicante e la sua |
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Abbonatevi al Bar etti OPERE B CIANCE Propositi d’eccezione Il Silva, giovane autore, miope c biondo, per poco non stramazzò per il buio della scaletta. |
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arte ha il sapore e la luce della sua terra di |
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Valenza. Opere principali: Figure della Passione |
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Ma il Piacci lo guidò per quegli ultimi gradini c con un sorrìso: |
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del Signore, Il libro di Siguenza,.Vostro |
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padre S. Daniele. |
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Abbonatevi al Bar etti |
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OPERE B CIANCE |
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Propositi d’eccezione |
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Il Silva, giovane autore, miope c biondo, |
|||
per poco non stramazzò per il buio della scaletta. |
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Ma il Piacci lo guidò per quegli ultimi |
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gradini c con un sorrìso: |
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— Come vede, l’ingresso non è molto comodo. |
— Come vede, l’ingresso non è molto comodo. |
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— • Non imporla. Questo tono dell’ambiente |
|||
è quasi necessario. |
— • Non imporla. Questo tono dell’ambiente è quasi necessario. |
||
Nel buio freddo c umido sorse la luce rossigna |
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d’una lampadina velata da ragnatele. |
Nel buio freddo c umido sorse la luce rossigna d’una lampadina velata da ragnatele. |
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A poco a poco si rivelò l’ossatura del teatrino |
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sotterraneo, dal boccascena biaccoso allo squallore |
A poco a poco si rivelò l’ossatura del teatrino sotterraneo, dal boccascena biaccoso allo squallore delle panche e delle sedie impagliate. |
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delle panche e delle sedie impagliate. |
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— Di qua si sale al palcoscenico. |
— Di qua si sale al palcoscenico. |
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Una finestrella livida c salnilrosa rischiarava |
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un corridoio dal quale eran stali ritagliati dei |
Una finestrella livida c salnilrosa rischiarava un corridoio dal quale eran stali ritagliati dei bugigattoli con un’ossatura di travicelli c dei cartoni inchiodati. |
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bugigattoli con un’ossatura di travicelli c dei |
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— L’impianto della luce ci è costato ottocento lire. Questo ò il camerino della prima attrice. |
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cartoni inchiodati. |
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— L’impianto della luce ci è costato ottocento |
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Una sedia, uno specchietto su di un tavolino, qualche piolo di legno infisso su di un tratto di parete, ricoperto da giornali incollati. In un canto una scopa tutelava un nastro dorato, dei mozziconi dì sigarette e qualche pallottolina di stagnola. |
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lire. Questo ò il camerino della prima |
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attrice. |
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Come giunsero sul palcoscenico un fondale ostentò loro un giardino troppo primaverile sotto la corsa di due nubi sferiche rotolanti su di un cielo al blcu di Prussia. Il Silva s’arretrò un poco verso la ribalta, ma il Piacci lo trattenne da un salto in platea: con quattro passi aveva disceso tutta la scena, s’era sentila sulla nuca l’umida cotonina del velario. Che appapaiiva come una di quelle tende rigonfie che nelle case povere ricoprono gli armadi. |
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Una sedia, uno specchietto su di un tavolino, |
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qualche piolo di legno infisso su di un tratto |
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di parete, ricoperto da giornali incollati. In |
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un canto una scopa tutelava un nastro dorato, |
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dei mozziconi dì sigarette e qualche pallottolina |
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di stagnola. |
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Come giunsero sul palcoscenico un fondale |
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ostentò loro un giardino troppo primaverile |
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sotto la corsa di due nubi sferiche rotolanti su |
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di un cielo al blcu di Prussia. Il Silva s’arretrò |
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un poco verso la ribalta, ma il Piacci lo trattenne |
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da un salto in platea: con quattro passi |
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aveva disceso tutta la scena, s’era sentila sulla |
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nuca l’umida cotonina del velario. Che appapaiiva |
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come una di quelle tende rigonfie che |
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nelle case povere ricoprono gli armadi. |
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— Il palcoscenico non mi pare troppo vasto... |
— Il palcoscenico non mi pare troppo vasto... |
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— azzardò il Silva. Ma il Piacci, ’che |
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— azzardò il Silva. Ma il Piacci, ’che finallora s’era un po’ indispettito a non scorgere nel compagno quel cordiale entusiasmo che sarebbe stato doveroso, gli sfoderò quel suo viso corrucciato di quando, nel paterno emporio di mobili, accompagnava qualche cliente povero o restìo! |
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finallora s’era un po’ indispettito a non scorgere |
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nel compagno quel cordiale entusiasmo |
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che sarebbe stato doveroso, gli sfoderò quel |
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suo viso corrucciato di quando, nel paterno |
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emporio di mobili, accompagnava qualche |
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cliente povero o restìo! |
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Si sa. E’ un teatrino. Di filodrammatici. |
Si sa. E’ un teatrino. Di filodrammatici. |
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Glielo ho già detto ieri sera. Da noi, |
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niente lusso niente comodi niente messinscena. |
Glielo ho già detto ieri sera. Da noi, niente lusso niente comodi niente messinscena. |
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Qui, in questa stamberga, abbiamo recitato |
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Qui, in questa stamberga, abbiamo recitato L’p-ssalto, Cyrano, L’alba, il giorno e la notte e Amleto. Con successo. Ogni domenica son millequattro, milleseicento d’incasso. E, detratte le spese, tre o quattrocento lire, ogni domenica, son date a un’opera benefica. Se lei vuol proporci modificazioni o ampliamenti con le proposte ci deve procurare i mezzi necessari per attuarle. Ma s’accomodi, chò questo è Pulito. |
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L’p-ssalto, Cyrano, L’alba, il giorno e la notte |
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e Amleto. Con successo. Ogni domenica son |
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Gli Porse uno sgabello preso da un canto, di tra il cordame del velario: dove, nelle sere di recita, si rannicchiava, intento alle lampadine della ribalta, il fratellino della prima attrice, segaligna contabile della ditta, che nel Piacci doveva riporre qualche sospirosa speranza, — Vede «— esordì il Silva — nelle mie parole di ieri sera, più che un concreto disegno c’cra il mio desiderio di incitarla a un’opera ardila e dignitosa. |
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millequattro, milleseicento d’incasso. E, detratte |
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le spese, tre o quattrocento lire, ogni |
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— Ma io desidererei un programma dettagliato e preciso. |
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domenica, son date a un’opera benefica. Se lei |
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vuol proporci modificazioni o ampliamenti |
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Gli offrì una sigaretta e s’apprestò ad ascoltarlo scrutandosi le scarpino di vernice. Nella sua leggera pinguedine, nella sua incipiente calvizie, nel suo naso volgare sotto l’opaca durezza dello sguardo c sopra una bocca ancóra infantile si scorgeva il figlio di commercianti arricchiti che s’era accontentato della licenza tecnica c clic desiderava un’automobile tutta per sè. Il Silva si sentì un po’ scoralo; evitò di guardarlo e riprese animo fissando una quin/a corrosa che sbucava di tra due pilastri. |
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con le proposte ci deve procurare i mezzi necessari |
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per attuarle. Ma s’accomodi, chò questo |
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Vede, Piacci, di quella che potrà essere la nostra opera comune, io ne faccio una questione di repertorio, d’attori e di messinscena. |
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è Pulito. |
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Gli Porse uno sgabello preso da un canto, |
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Loro, io, non li ho mai sentiti a recitare; ma son convinto che bisognerà mutar stile. Lei mi ha dichiarato che ben volentieri si sottoporrebbe ai consigli di un direttore di scena, ma, riguardo a ciò, io sarei costretto a pretendere una disciplina assoluta da lei e da tutti i suoi compagni d’arte. |
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di tra il cordame del velario: dove, nelle sere |
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di recita, si rannicchiava, intento alle lampadine |
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della ribalta, il fratellino della prima attrice, |
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segaligna contabile della ditta, che nel |
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Piacci doveva riporre qualche sospirosa speranza, |
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— Vede «— esordì il Silva — nelle mie parole |
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di ieri sera, più che un concreto disegno |
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c’cra il mio desiderio di incitarla a un’opera |
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ardila e dignitosa. |
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— Ma io desidererei un programma dettagliato |
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e preciso. |
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Gli offrì una sigaretta e s’apprestò ad ascoltarlo |
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scrutandosi le scarpino di vernice. Nella |
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sua leggera pinguedine, nella sua incipiente |
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calvizie, nel suo naso volgare sotto l’opaca durezza |
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dello sguardo c sopra una bocca ancóra |
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infantile si scorgeva il figlio di commercianti |
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arricchiti che s’era accontentato della licenza |
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tecnica c clic desiderava un’automobile tutta |
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per sè. Il Silva si sentì un po’ scoralo; evitò |
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di guardarlo e riprese animo fissando una |
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quin/a corrosa che sbucava di tra due pilastri. |
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Vede, Piacci, di quella che potrà essere |
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la nostra opera comune, io ne faccio una questione |
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di repertorio, d’attori e di messinscena. |
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Loro, io, non li ho mai sentiti a recitare; ma |
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son convinto che bisognerà mutar stile. Lei |
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mi ha dichiarato che ben volentieri si sottoporrebbe |
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ai consigli di un direttore di scena, |
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ma, riguardo a ciò, io sarei costretto a pretendere |
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una disciplina assoluta da lei e da tutti |
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i suoi compagni d’arte. |
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— Dopo esserci prima messi ben d’accordo. |
— Dopo esserci prima messi ben d’accordo. |
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— Naturalmente. E le dirò che sul problema |
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dell’interpretazione teatrale io non ho |
— Naturalmente. E le dirò che sul problema dell’interpretazione teatrale io non ho ancora delle idee ben mie. |
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ancora delle idee ben mie. |
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— Ma allora, scusi... — e il Piacci ebbe un |
— Ma allora, scusi... — e il Piacci ebbe un sogghigno beffardo. |
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sogghigno beffardo. |
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Mi lasci dire. E’ parecchio che ci penso. |
Mi lasci dire. E’ parecchio che ci penso. |
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La conosce quella nota del Croce sull’interpretazione |
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La conosce quella nota del Croce sull’interpretazione teatrale, suggeritagli — Il Croce è un critico drammaticot Il Silva aspirò a lungo una boccata di fumo. |
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teatrale, suggeritagli |
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— Il Croce è un critico drammaticot |
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— E’ anche un critico. Considera l’opera dell’interprete simile a quella del traduttore. |
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Il Silva aspirò a lungo una boccata di fumo. |
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— E’ anche un critico. Considera l’opera |
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dell’interprete simile a quella del traduttore. |
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— Non capisco. |
— Non capisco. |
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— Non importa, caro Piacci, son dettagli. |
— Non importa, caro Piacci, son dettagli. |
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Ma io non posso accettare la soluzione del |
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Croce I.‘Appio fa dell’interpretazione un problema |
Ma io non posso accettare la soluzione del Croce I.‘Appio fa dell’interpretazione un problema plastico. Mentre il Craig vorrebbe rimettere agli attori l’aulica maschera scenica. |
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plastico. Mentre il Craig vorrebbe rimettere |
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agli attori l’aulica maschera scenica. |
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— Pazzie. |
— Pazzie. |
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— No, son tentativi molto seri, anche se |
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non accettabili. E allora, non avendo ancora |
— No, son tentativi molto seri, anche se non accettabili. E allora, non avendo ancora risolfo il problema dell’interpretazione, non posso proporle dei’ nuovi cànoni ferrei e più o meno innovatori. |
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risolfo il problema dell’interpretazione, non |
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posso proporle dei’ nuovi cànoni ferrei e più |
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o meno innovatori. |
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— D’accordo. |
— D’accordo. |
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— Mi limiterei a imporre una gran sobrietà |
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di toni c d’atteggiamenti, in un’assoluia fusione |
— Mi limiterei a imporre una gran sobrietà di toni c d’atteggiamenti, in un’assoluia fusione d’elementi. Intenderei di trasformare il loro teatrino in un teatro d’eccezione, sorretto dalla disciplina e dal sacrificio. |
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d’elementi. Intenderei di trasformare il |
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— Siamo dispostissimi a provare tutte le sere. Tranne il sabato. |
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loro teatrino in un teatro d’eccezione, sorretto |
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dalla disciplina e dal sacrificio. |
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— Noi avremmo già raggiunto un grande risultato quando fossimo riusciti a eliminare ogni incrostazione di recitato, di tronfio, di retorico, di vaneggiamento. Dire, non recitare o urlare. Studiare e soffrire, mai improvvisare. |
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— Siamo dispostissimi a provare tutte le |
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sere. Tranne il sabato. |
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— Ma l’abbiamo sempre fallo. Im prima attrice studia persino in ufficio, tra un protocollo e l’altro. Vuol sentirmi noi Cyrano presentazione dei cadetti dì Guascogna? |
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— Noi avremmo già raggiunto un grande |
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risultato quando fossimo riusciti a eliminare |
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Ratto il Piacci s’era sfilato il soprabito, se l’era ammantato su di un fianco a guisa di cappa, e, ben piantato sul piede sinistro, aveva teso il braccio destro con un minaccioso indice grassoccio. Da una tasca del soprabito rosea appariva La Gazzetta dello sport. |
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ogni incrostazione di recitato, di tronfio, di |
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retorico, di vaneggiamento. Dire, non recitare |
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o urlare. Studiare e soffrire, mai improvvisare. |
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— Ma l’abbiamo sempre fallo. Im prima |
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attrice studia persino in ufficio, tra un protocollo |
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e l’altro. Vuol sentirmi noi Cyrano |
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presentazione dei cadetti dì Guascogna? |
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Ratto il Piacci s’era sfilato il soprabito, se |
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l’era ammantato su di un fianco a guisa di |
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cappa, e, ben piantato sul piede sinistro, aveva |
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teso il braccio destro con un minaccioso indice |
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grassoccio. Da una tasca del soprabito rosea |
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appariva La Gazzetta dello sport. |
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Ma agli scongiuri del Silva: |
Ma agli scongiuri del Silva: |
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— 0 potrei dirle il Saluto italico — e, scrutandolo, |
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si rinfilava lentamente il soprabito. |
— 0 potrei dirle il Saluto italico — e, scrutandolo, si rinfilava lentamente il soprabito. |
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~ Noi curiamo inolio la pronuncia. Di che |
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regione mi direbbef |
~ Noi curiamo inolio la pronuncia. Di che regione mi direbbef — Piemontese. |
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— Piemontese. |
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— E invece son quasi lombardo. Vede?... |
— E invece son quasi lombardo. Vede?... |
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— Ottimamente. Occorrerà imparare gli artifici |
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— Ottimamente. Occorrerà imparare gli artifici del respiro, delle pause: dare un ritmo anche alla battuta più secondaria. L’arte dei silenzi, sopratutto. Un buon attore deve saper adoperare la pausa come un buon scrittore l’a capo. |
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del respiro, delle pause: dare un ritmo |
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anche alla battuta più secondaria. L’arte dei |
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— Noi poniamo sempre una pausa prima c dopo un’invettiva, una tirata. Anzi, chi deve fare una tirata d’effetto si scosta sempre dagli altri e viene alla ribalta. |
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silenzi, sopratutto. Un buon attore deve saper |
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adoperare la pausa come un buon scrittore l’a |
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Il Silva incominciava a sentirsi tremendamente stanco. |
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capo. |
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— Noi poniamo sempre una pausa prima |
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— E il nostro repertori non le basta? |
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c dopo un’invettiva, una tirata. Anzi, chi deve |
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fare una tirata d’effetto si scosta sempre dagli |
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*— Bisognerebbe un po’ trasformarlo, guardandosi naturalmente da ogni snobismo. |
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altri e viene alla ribalta. |
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Il Silva incominciava a sentirsi tremendamente |
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stanco. |
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— E il nostro repertori^ non le basta? |
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*— Bisognerebbe un po’ trasformarlo, guardandosi |
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naturalmente da ogni snobismo. |
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— Per esempio? |
— Per esempio? |
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— Claudel, Vildrac, Ibsen, Sarment, Strindberg, |
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Pirandello... |
— Claudel, Vildrac, Ibsen, Sarment, Strindberg, Pirandello... |
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— Pirandello?..; |
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— SI, tentare Sei personaggi, Così è |
— Pirandello?..; — SI, tentare Sei personaggi, Così è — Ma ci sono i diritti d’autore! |
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— Ma ci sono i diritti d’autore! |
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— Si pagano. |
— Si pagano. |
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— Neanche da pensarci. |
— Neanche da pensarci. |
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Il Silva si sentì cliente dinanzi al Piacci mobiliere. |
Il Silva si sentì cliente dinanzi al Piacci mobiliere. |
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che, reciso, stabiliva l’ultimo prezzo di |
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uno stipo, e che poi tentava un accordo. |
che, reciso, stabiliva l’ultimo prezzo di uno stipo, e che poi tentava un accordo. |
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— P’nttosto senio. lo terrei il nostro repertorio |
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così com’è — Sardou c Dumas, un po’ |
— P’nttosto senio. lo terrei il nostro repertorio così com’è — Sardou c Dumas, un po’ di Balaillc e di Bernstein — con in più qualche lavoro inedito, di giovani. Lei non avrebbe... |
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di Balaillc e di Bernstein — con in più qualche |
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— No no, per ora no — disse precipitosamente il Silva pensando ai suoi due drammi rinchiusi in un cassetto c al secondo alto del terzo, in gestazione, che non riusciva ad azzeccare. |
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lavoro inedito, di giovani. Lei non avrebbe... |
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— No no, per ora no — disse precipitosamente |
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— lo ho un cugino che scrive. J:a delle cosotte comiche, molto graziose. Finora non ce le ha volute dare. Ma, trattandosi d’un nuovo teatro d eccezione, lei potrebbe anche convincerlo. |
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il Silva pensando ai suoi due drammi |
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rinchiusi in un cassetto c al secondo alto del |
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terzo, in gestazione, che non riusciva ad azzeccare. |
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— lo ho un cugino che scrive. J:a delle cosotte |
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comiche, molto graziose. Finora non ce |
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le ha volute dare. Ma, trattandosi d’un nuovo |
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teatro d eccezione, lei potrebbe anche convincerlo. |
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Glielo presenterò. |
Glielo presenterò. |
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Il Silva s’era alzato, triste e avvilito. Pensò |
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ad Antoine. Al suo secondo atto. Al Vienx |
Il Silva s’era alzato, triste e avvilito. Pensò ad Antoine. Al suo secondo atto. Al Vienx Colombier. E gli paivc di scorgere un topo filare in platea tra le sedie impagliate. |
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Colombier. E gli paivc di scorgere un topo filare |
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in platea tra le sedie impagliate. |
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Mi spiacc di non poterla accompagnare. |
Mi spiacc di non poterla accompagnare. |
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I enga domenica sera: daremo La marcia nuziale. |
I enga domenica sera: daremo La marcia nuziale. |
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Spero di trascinarci anche quel mio cugino. |
Spero di trascinarci anche quel mio cugino. |
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E vedrà che si metteranno e ci metteremo |
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E vedrà che si metteranno e ci metteremo d’accordo. Riusciremo di certo a creare un teatro d’eccezione, come dice lei. Tulli dovranno parlare di noi. Naturalmente bisognerà che gli ideali c le teorie si adattino alla realtà. |
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d’accordo. Riusciremo di certo a creare un |
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teatro d’eccezione, come dice lei. Tulli dovranno |
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parlare di noi. Naturalmente bisognerà |
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che gli ideali c le teorie si adattino alla realtà. |
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Creda a me, chò una certa praticacela ce l’ho. |
Creda a me, chò una certa praticacela ce l’ho. |
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— Eran giunti nell’androne. — Vuoi venire |
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in laboratorio a vedere un salotto secondo impero? |
— Eran giunti nell’androne. — Vuoi venire in laboratorio a vedere un salotto secondo impero? |
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E’ quasi finito. |
E’ quasi finito. |
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Il Silva si schermì. Il Diacci gli diede due |
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Il Silva si schermì. Il Diacci gli diede due o tre manate su di un gomito per scuoterne un po’ di calcinaccio e poi, al vederlo così occhialuto c smilzo nel soprabito un po’ stinto, ebbe per lui un po’ di tenera pietà: e gli parve d’avcrlo trattato un po’ male. |
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o tre manate su di un gomito per scuoterne |
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un po’ di calcinaccio e poi, al vederlo così |
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occhialuto c smilzo nel soprabito un po’ stinto, |
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ebbe per lui un po’ di tenera pietà: e gli parve |
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d’avcrlo trattato un po’ male. |
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— Silva: ci vogliamo dare del fu? |
— Silva: ci vogliamo dare del fu? |
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Mario Cromo. |
Mario Cromo. |
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G. B. PARAVIA & C. |
G. B. PARAVIA & C. |
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Editori-Librai-Tipografi |
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Editori-Librai-Tipografi TORmo-HItiANO ■ FIRENZE - ROMA -fiAPOLI • PALERMO LIBRETTI DI VITA NUOVISSIMO CA N TI D ÈVA Il cammino verso la luce Pt-r la prima volta tradotto dal sanscritto in italiano da (»’. Tacci, Prezzo Lire 7 È questo uno doi monumonti più significativi e più importanti doll’oscetica indiana, cho il Barth ha voluto paragonaroalla «Imitatio Chrlstl». Costituisce una dolio più alto o goniali croazioni, rappresenta uno doi più importanti fattori della rapida conquista doi Buddhismo doi mondo asiatico o «folla tnucgabilo opera di inoivilimonto cho esso ha osorcitato sui popoli doll’Estrcmo Orionto. |
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TORmo-HItiANO ■ FIRENZE - ROMA -fiAPOLI • PALERMO |
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LIBRETTI DI VITA NUOVISSIMO |
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Lo richieste vanno fatto o alla Sedo Contralo di Torino, Via Garibaldi 23, o allo Filiali di Milano, Fironzo, Roma, Napoli, Palorino. |
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CA N TI D ÈVA |
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Il cammino verso la luce |
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Pt-r la prima volta tradotto dal sanscritto in |
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italiano da (»’. Tacci, |
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Prezzo Lire 7 |
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È questo uno doi monumonti più significativi e |
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più importanti doll’oscetica indiana, cho il Barth |
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ha voluto paragonaroalla «Imitatio Chrlstl». Costituisce |
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una dolio più alto o goniali croazioni, rappresenta |
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uno doi più importanti fattori della rapida |
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conquista doi Buddhismo doi mondo asiatico o «folla |
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tnucgabilo opera di inoivilimonto cho esso ha osorcitato |
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sui popoli doll’Estrcmo Orionto. |
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Lo richieste vanno fatto o alla Sedo Contralo di |
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Torino, Via Garibaldi 23, o allo Filiali di Milano, |
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Fironzo, Roma, Napoli, Palorino. |
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