Pagina:Il Baretti - Anno V, n. 1, Torino, 1924-1928.djvu/1: differenze tra le versioni

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'''{{Centrato|<big><big><big><big><big>IL BARETTI</big></big></big></big></big>}}'''
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{{Centrato|<small>Fondatore PIERO GOBETTI 1924-1926</small>
{{Centrato|<small>Fondatore PIERO GOBETTI 1924-1926</small>
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SOMMARIO - {{Wl|Q3949441|S. CARAMELLA}}: Manzonianismo - {{Wl|Q1233679|L. GINZBURG}}: Aspetti dilla nuovissima poesia russa - Sciocchezzaio - C. NECCO: {{Wl|Q697055|Arnolt Bronnen}} - E. SOLA: In Germania: prigionieri e lupi di steppa - La pagina regionale: {{Wl|Q192348|B. CROCE}}: V. G. GALATI: Gli scrittori della Calabria - F. G.: Cose dì'arte in Piemonte: La Cappella dal Santo Sepolcro in Saluzzo - L’{{AutoreCitato|Vittorio Alfieri|Alfieri|}} a Torino -
SOMMARIO - {{Wl|Q3949441|S. CARAMELLA}}: Manzonianismo - {{Wl|Q1233679|L. GINZBURG}}: Aspetti dilla nuovissima poesia russa - Sciocchezzaio - C. NECCO: {{Wl|Q697055|Arnolt Bronnen}} - E. SOLA: In Germania: prigionieri e lupi di steppa - La pagina regionale: {{Wl|Q192348|B. CROCE}}: V. G. GALATI: Gli scrittori della Calabria - F. G.: Cose dì'arte in Piemonte: La Cappella dal Santo Sepolcro in Saluzzo - L’{{AutoreCitato|Vittorio Alfieri|Alfieri|}} a Torino -
Critici e poeti: {{AutoreCitato|Ugo Foscolo|Foscolo}} e {{Wl|Q1067|Dante}}.
Critici e poeti: {{AutoreCitato|Ugo Foscolo|Foscolo}} e {{Wl|Q1067|Dante}}.<section end="1" />


{{Centrato|<big><big><big>MANZONIANISMO</big></big></big>}}
<section begin="2" />{{Centrato|<big><big><big>MANZONIANISMO</big></big></big>}}


Consideriamo il manzonianismo come un problema ancor vivo e presente: esso è tuttavia caratteristico della letteratura e della cultura italiana del primo quarto del Novecento come fu proprio della seconda metà dell’Ottocento. Solo che oggi non si usa più prender partito pro o contro il {{Wl|Q1064|Manzoni}}, ma si constata e si accetta la presenza dei manzoniani come un dato di fatto: e insieme si accoglie con una specie di devota benevolenza la rinnovata diffusione dello spirito manzoniano in Italia, come una giusta rivendicazione di quei principi e di quei valori che vent’anni fa per un verso o por l’altro l’idealismo e il futurismo, l’imperialismo e il realismo avevano ricacciato indietro, molto indietro, fino a un ristretto periodo storico che solo poteva essere stato il loro legittimo dominio. Per rifarsi, i manzoniani ora si accampano in buone posizioni della critica e dell’arte narrativa; e tutti ci sentiamo volentieri un po’ manzoniani. Svanito il tribunizio impeto di Enotrio, pacatasi la febbre del superuomo, siamo arrivati ad una tranquilla agnizione che ci rende nipoti in primo grado del creatore di Renzo e Lucia.
Consideriamo il manzonianismo come un problema ancor vivo e presente: esso è tuttavia caratteristico della letteratura e della cultura italiana del primo quarto del Novecento come fu proprio della seconda metà dell’Ottocento. Solo che oggi non si usa più prender partito pro o contro il {{Wl|Q1064|Manzoni}}, ma si constata e si accetta la presenza dei manzoniani come un dato di fatto: e insieme si accoglie con una specie di devota benevolenza la rinnovata diffusione dello spirito manzoniano in Italia, come una giusta rivendicazione di quei principi e di quei valori che vent’anni fa per un verso o por l’altro l’idealismo e il futurismo, l’imperialismo e il realismo avevano ricacciato indietro, molto indietro, fino a un ristretto periodo storico che solo poteva essere stato il loro legittimo dominio. Per rifarsi, i manzoniani ora si accampano in buone posizioni della critica e dell’arte narrativa; e tutti ci sentiamo volentieri un po’ manzoniani. Svanito il tribunizio impeto di Enotrio, pacatasi la febbre del superuomo, siamo arrivati ad una tranquilla agnizione che ci rende nipoti in primo grado del creatore di Renzo e Lucia.
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Se veniamo, infine, a guardare un po’ contro luce il manzonianismo come sistema d’idee e il mondo fantastica in cui queste idee si presentano rielaborate e incarnate o da cui esse prendono le mosse: siamo qui meno che mai proclivi ad essere manzoniani. Pochi altri argomenti possiamo trovare così aperti a largo e ricco svolgimento di opera critica, quale ad esempio ci ha dato ora il Galletti in due densi e suggestivi volumi; ma pochi campi così insidiosi per una buona fermentazione di coscienza pratica della vita e dei suoi problemi. Il {{Wl|Q1287|giansenismo}} che insiste sulla debolezza umana, sull’impotenza della volontà, sull’inevitabile rovina delle nostre opere se non sono assistite e guidate da una mano divina: una valutazione morale che coltiva la speranza dei rassegnati che mantiene continuamente tesa — e perciò indulgente — l’aspettazione del bene che può uscire in ogni momento dal male; una pacata e bonaria vena di scetticismo che vuol mitigati gli ardori e le passioni generose, perdonati agevolmente i convertiti, temperate le rigide esigenze della legge che parta in noi: tutti questi indirizzi non sono per questo mondo in cui viviamo e in cui vogliamo operare trasformandolo secondo noi stessi. Preferiamo la volontà eroica dell'Alfieri o la disperazione profondi di Leopardi a codesta acquiescenza velata di saggezza e di intelligenza, e anche alla sottile e celebrale casiatica con cui essa riesce a trasformarsi in sistema. Non sarà, questo, il pericolo di Manzoni, ma certo è il pericolo del manzonianismo. {{A destra|SANTINO CARAMELLA.
Se veniamo, infine, a guardare un po’ contro luce il manzonianismo come sistema d’idee e il mondo fantastica in cui queste idee si presentano rielaborate e incarnate o da cui esse prendono le mosse: siamo qui meno che mai proclivi ad essere manzoniani. Pochi altri argomenti possiamo trovare così aperti a largo e ricco svolgimento di opera critica, quale ad esempio ci ha dato ora il Galletti in due densi e suggestivi volumi; ma pochi campi così insidiosi per una buona fermentazione di coscienza pratica della vita e dei suoi problemi. Il {{Wl|Q1287|giansenismo}} che insiste sulla debolezza umana, sull’impotenza della volontà, sull’inevitabile rovina delle nostre opere se non sono assistite e guidate da una mano divina: una valutazione morale che coltiva la speranza dei rassegnati che mantiene continuamente tesa — e perciò indulgente — l’aspettazione del bene che può uscire in ogni momento dal male; una pacata e bonaria vena di scetticismo che vuol mitigati gli ardori e le passioni generose, perdonati agevolmente i convertiti, temperate le rigide esigenze della legge che parta in noi: tutti questi indirizzi non sono per questo mondo in cui viviamo e in cui vogliamo operare trasformandolo secondo noi stessi. Preferiamo la volontà eroica dell'Alfieri o la disperazione profondi di Leopardi a codesta acquiescenza velata di saggezza e di intelligenza, e anche alla sottile e celebrale casiatica con cui essa riesce a trasformarsi in sistema. Non sarà, questo, il pericolo di Manzoni, ma certo è il pericolo del manzonianismo. {{A destra|SANTINO CARAMELLA.
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{{Centrato|<big><big>'''Aspetti della novissima poesia russa'''</big></big>}}
<section begin="3" />{{Centrato|<big><big>'''Aspetti della novissima poesia russa'''</big></big>}}


Si racconta che, durante la Rivoluzione, il popolo parigino, ammesso a visitare la casa del {{Wl|Q70326|Beaumarchais}}, si sia comportato col rispetto e con l’educazione più irreprensibili. Chi torna dalla Russia adesso, riferisce con compiacimento come in tutt'i musei si possan vedere comitive di operai e di contadini, che girano silenziosi per le sale prendendo appunti. Questo però non vuol dire che l’arte si avvicini maggiormente al popolo nei periodi di rivoluzione: ma soltanto che, siccome allora i partiti se ne servono come mezzo di propaganda, è più facile che alle manifestazioni artistiche partecipi un pubblico più vasto di quello dei periodi normali. Onde anche i poeti così detti bolscevichi non sono più vicini di altri agli operai e ai contadini che formano la maggioranza del pubblico alle loro letture di versi, se non perchè portano lo stesso loro vestito. Giacche studiatissimo è il fare popolareggiante di quelle poesie. L’Esénin, che era un contadino e la sapeva lunga, raccontava agli amici con un sorriso malizioso e furbesco che non aveva mai portato vestiti così miseri al suo paese come ne portava per andare a far visita ai critici cittadineschi; e nei suoi versi cominciò a proclamarsi teppista - ''chuligan'' - («sputa, o vento, a bracciate di foglie, - io sono un teppista come te») soltanto quando glielo suggerirono i giornali, e il pubblico lo pretese.
Si racconta che, durante la Rivoluzione, il popolo parigino, ammesso a visitare la casa del {{Wl|Q70326|Beaumarchais}}, si sia comportato col rispetto e con l’educazione più irreprensibili. Chi torna dalla Russia adesso, riferisce con compiacimento come in tutt'i musei si possan vedere comitive di operai e di contadini, che girano silenziosi per le sale prendendo appunti. Questo però non vuol dire che l’arte si avvicini maggiormente al popolo nei periodi di rivoluzione: ma soltanto che, siccome allora i partiti se ne servono come mezzo di propaganda, è più facile che alle manifestazioni artistiche partecipi un pubblico più vasto di quello dei periodi normali. Onde anche i poeti così detti bolscevichi non sono più vicini di altri agli operai e ai contadini che formano la maggioranza del pubblico alle loro letture di versi, se non perchè portano lo stesso loro vestito. Giacche studiatissimo è il fare popolareggiante di quelle poesie. L’Esénin, che era un contadino e la sapeva lunga, raccontava agli amici con un sorriso malizioso e furbesco che non aveva mai portato vestiti così miseri al suo paese come ne portava per andare a far visita ai critici cittadineschi; e nei suoi versi cominciò a proclamarsi teppista - ''chuligan'' - («sputa, o vento, a bracciate di foglie, - io sono un teppista come te») soltanto quando glielo suggerirono i giornali, e il pubblico lo pretese.
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Come {{AutoreCitato|Velimir Chlebnikov|Velèmir Chljèbnikov}}, che a Chàrkov di giorno faceva il ciabattino, per vivere, e di notte, non avendo petrolio per la lampada, «imparava a scrivere al buio»; ma quando per la prima volta ebbe scritto così un centinaio di versi, venne l’alba, e nelle righe che s’accavallavano e s’intersecavano nemmeno lui potè più capir nulla: — un poema... ecco, peccato:.. — disse, agli amici Mariengof e Esénin venuti a trovarlo: — via, non è nulla.... imparerò, al buio.
Come {{AutoreCitato|Velimir Chlebnikov|Velèmir Chljèbnikov}}, che a Chàrkov di giorno faceva il ciabattino, per vivere, e di notte, non avendo petrolio per la lampada, «imparava a scrivere al buio»; ma quando per la prima volta ebbe scritto così un centinaio di versi, venne l’alba, e nelle righe che s’accavallavano e s’intersecavano nemmeno lui potè più capir nulla: — un poema... ecco, peccato:.. — disse, agli amici Mariengof e Esénin venuti a trovarlo: — via, non è nulla.... imparerò, al buio.
{{A destra|LEONE GINZBURG.}}
{{A destra|LEONE GINZBURG.}}<section end="3" />


<big><big><big>{{Centrato|'''<big>Sciocchezzaio</big>'''}}</big></big></big>
<section begin="4" /><big><big><big>{{Centrato|'''<big>Sciocchezzaio</big>'''}}</big></big></big>


<big>{{Centrato|'''Papini, i monasteri e altri edifici cittadini'''}}</big>
<big>{{Centrato|'''Papini, i monasteri e altri edifici cittadini'''}}</big>
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''L’ardore combattivo porta evidentemente Soffici a combattere non la Germania soltanto, come Egli crede, ma tutta l’Europa.''
''L’ardore combattivo porta evidentemente Soffici a combattere non la Germania soltanto, come Egli crede, ma tutta l’Europa.''
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