La morte (Jacopo Alighieri): differenze tra le versioni

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Versione delle 12:21, 2 mar 2008

(Dalle antiche stampe della Divina Commedia, e fu confrontato alla lezione che ne dette G. Manzi nel volume V del Dante della Minerva, 1822.)

Questi sono i versi della morte, compilati e fatti da messere Jacopo, e secondo altri da messere Piero, figliuoli di Dante poeta fiorentino.

 
Io son la Morte, principessa grande,
Che la superbia umana in basso pono:
Per tutto ’l mondo ’l mio nome si spande.

Trema la terra tutta nel mio suono:
5Gli re e gran maestri in piccol’ora
Per lo mio sguardo caggion del suo trono.

La forza giovenil non vi dimora,
Che subito non vada in sepoltura
Fra tanti vermi, che così ’l divora.

10Soldato, che ti vale tua armadura,
Che la mia falce non ti sbatta in terra,
Perché non facci la partenza dura?

Che n’arai poi di questa tua guerra,
Se non tormenti guai e gran tristezza?
15E forse mancherai a mezza serra.

E tu che credi aver la gentilezza
Per esser nato di gran parentato
E per aver del corpo la bellezza,

Peggio che porco nato nel contato,
20Il gran macello con disio t’aspetta,
Se non sarai di virtù ornato.

O giovinetto della zazzeretta,
Che non conosci li tuoi gran perigli
E ’n quanti modi puoi morire in fretta,

25Se tu sapessi quanti e quali artigli
Apparecchiati son per la tua vita,
Seguiteresti gli divin consigli.

E ben che paia la tua età fiorita,
Presto si secca questo verde fiore,
30Se l’alma tua non sta con Dio unita.

Guardami in faccia, o ladro giucatore,
Che ti sconfonda ’l nostro gran spavento;
E piú a te che se’ bestemmiatore.

Oh quanti son che si pascon di vento
35Per seguitar gli onori e le ricchezze,
Che mai si trovan poi alcun contento!

Vana speranza con molte sciocchezze
Parte da Dio la mente di costoro,
E fagli perder l’eternal bellezze;

40Per desiderio del marcibil oro
Perde lo tempo ch’è si cara cosa
E guarda in terra dov’é ’l tesor loro.

La mente dell’avar non ha mai sposa
Né mai si sazia, e poi tutto abbandona
45Con gran tormento e pena angosciosa;

Dannasi l’alma e perde la persona,
Perde la gloria e perde bene eterno,
Perde celeste e trïonfal corona.

Oh sodomita erede dell’inferno,
50Putrido nella clòaca puzzolente,
Da Dio dannato al fuoco sempiterno!

E tu lussurïoso, sei fetente,
Che di porcina schiatta pari uscito
Che di broda e di fungo sempre sente!

55La donna che consente a suo marito
Con offesa di Dio e sua vergogna,
Varïando per tempi modo e sito!

L’eterno Dio di sopra già non sogna,
Ma vede sempre tutto vostro male
60E quanto sete mersi in la carogna;

E nel giudizio suo universale
Vostre vergogne fien tutte palese
A tutto ’l mondo: nullo aiuto vale.

Vostre preghiere non saranno intese
65Ma riprovate in gran confusïone,
Nè mai per voi si faran difese.

Da poi mandati all’infernal prigione,
Ove fia ’l vostro pianto senza fine,
Lamento grande e lugubre il sermone;

70Ivi nell’aspre ed orride sentine
Da orribili ministri e furiosi
Che brancheran le vostre miserine;

Poi per l’inferno tutti smaniosi
Senza pietade vi strascineranno
75Come ribaldi tristi e viziosi,

Nè mai di tormentar si stancheranno:
Anelerete di voler morire,
E lor più freschi nel punir saranno.

Me chiamerete, e non porrò venire:
80Così morendo sempre viverete,
E vostra vita non porrà finire.

Delle gran pene mai non mancherete,
Perchè offendeste lo ’nfinito Dio;
Però infinitamente là starete.

85Or dite quel che vuol vostro disio
E tutto ’l spiacer ch’avete nel mondo
Per contentare il vostro corpo rio!

Sopra di voi portate sì gran pondo
Che vi traboccherà in precipizio;
90Niente troverete esser giocondo:

Ed io non mancherò dal mio uffizio,
Darovi presto lo mortal flagello:
Punir conviensi ciascun vostro vizio.

E non vedete sotto il mio mantello
95Quanti falcioni i’ ho per ammazzarvi?
E ancora porrò far senza coltello.

E mille modi i’ ho per aggrapparvi:
Scampar per alcun modo non potrete:
Per tutti ho dato il modo a sotterrarvi.

100È pur vana speranza che v’avete
Di dir mia colpa ed esser perdonati,
Quando che più peccar voi non possete!

O ver che della fede abbandonati,
Dell’altra vita non credete niente
105E sempre siete in vizi relassati.

Sappiate questa volta certamente
Che quel che vuol trovar da Dio mercede
Convien che senza vizio sia sua mente:

E quel che vive senza tanta fede
110Ritroverassi alla pelliccerla,
Di Pluto e di Proserpina erede.

Or tu che credi stare in goderla,
Apparecchia la biada al mio ronzino;
Chè presto vengo alla tua osteria;

115E mangierai con meco nel catino
L’ultima tua vivanda amaricata
Giacendo nella tomba a resupino:

E l’alma tua sempre fia dannata:
Per un po’ di dolcezza temporale
120Perde la gloria e la vita beata.

Ma quello che in virtude sempre sale,
Disprezza ’l mondo e fugge suo veleno,
Cercando Dio lascia l’opere male,

Starà nel ciel perpetuo sereno.

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