Pagina:Italiani illustri ritratti da Cesare Cantù Vol.1.djvu/369: differenze tra le versioni
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{{Pt|matori.|domatori.}} Colossale egoista, senza legge nè fede, sprezzator di Dio e degli uomini, fabbricò la sua gloria col sangue, le lacrime, l’oro e le franchigie de’ popoli; le forze morali subordinò all’amministrazione, non seppe moderare la propria potenza: ecclissarsi davanti ad altri quando convenisse; rialzare il coraggio civile, cercar la propria forza nella forza d’animo de’ cittadini, e così preparare l’emancipazione politica. Nè mai ricordò quel che Comines già predicava, la vera sapienza politica consistere nel governar moderatamente con una grande autorità<ref>Il {{AutoreCitato|Gaetano Melzi|Melzi}} gli suggeriva, anzichè la violenza, il sistema ''des serres chaudes'': e Napoleone stesso diceva: — Il mondo non si riforma a colpi di mazza».</ref>. |
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NAPOLEONE |
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Così sconobbe e tradì la libertà, della quale doveva essere il rappresentante e il propagatore; ma nello strozzarla soccombette. Certo se ne’ giorni suoi splendidi avesse voluto quello a cui parve rassegnarsi dopo tornato dall’isola d’Elba, risparmiava alla Francia due invasioni e a sè le sconfitte di Lipsia e Waterloo. Ma al suo ritorno trovava una nazione esausta da’ sagrifizj, le volontà fiaccate dal suo despotismo, a segno che non poteano rinvigorirle le tarde promesse di libertà. Aveva avuto complice tutto il paese, giacchè la sua grandezza fu tanto popolare; e la subordinazione fino al parosismo gli diede un orgoglio fino al parosismo. Cessata la complicità, egli non poteva che cadere. |
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malori. Colossale egoista, senza legge né fede, sprezzator di Dio |
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e degli uomini, fabbricò la sua gloria col sangue, le lacrime, l'oro e le |
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Qual problema la differenza fra le due parti così distinte dell’impero di Napoleone; i trionfi rapidi e le più rapide perdite, e come il sommo che, diciotto mesi prima, trionfava con un esercito a Lisbona e con uno a Mosca, non bastasse a difendere Parigi; come, dopo esser seduto nelle capitali di tutti i re, vedesse repente due volte invasa la sua, e lasciasse il regno scaduto dalla grandezza e dalla forza affidatagli dalla rivoluzione! Sì grandi fatti non si spiegano nè colla cieca ammirazione, nè col vilipendio; sol l’ignorante ricorre al caso, al gelo, ai tradimenti; nè bastano i bullettini dettati nella ebrezza del trionfo, o le confidenze artificiate nella sciagura; non servono lo sfrontate menzogne del ''Moniteur'' d’allora, nè le imprecazioni popolari dell’Andaluso e del Renano. Scendiamo nell’intimo delle nazioni, obbligate a immolare leggi, abitudini, principj al capriccio di chi voleva imporvi leggi francesi e re suoi parenti; calcoliamo la possa dell’Inghilterra, costituita sopra la libertà e sopra quell’oculata {{Pt|ge-|}} |
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franchigie de' popoli; le forze morali subordinò all'amministrazione, |
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non seppe moderare la propria potenza: ecclissarsi davanti ad altri |
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quando convenisse; rialzare il coraggio civile, cercar la propria |
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forza nella forza d'animo de' cittadini, e così preparare l'emancipa- |
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zione politica. Nè mai ricordò quel che Comines già predicava, la |
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vera sapienza politica consistere nel governar moderatamente con |
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una grande autorità (32). |
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Così sconobbe e tradì la libertà, della quale doveva essere il rappre- |
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sentante e il propagatore; ma nello strozzarla soccombette. Certo se |
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ne' giorni suoi splendidi -avesse voluto quello a cui parve rassegnarsi |
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dopo tornato dall'isola d'Elba, risparmiava alla Francia due invasioni |
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e a sè le sconfitte di Lipsia e Waterloo. Ma al suo ritorno trovava |
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una nazione esausta da' sagrifìzj, le volontà fiaccate dal suo despo- |
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lismo, a segno che non poteano rinvigorirle le tarde promesse di |
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libertà. Aveva avuto complice tutto il paese, giacché la sua gran- |
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dezza fu tanto popolare; e la subordinazione fino al parosismo gli |
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diede un orgoglio fino al parosismo. Cessata la complicità, egli non |
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poteva che cadere. |
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Qual problema la difi'erenza fra le due parti cosi distinte dell'impero |
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di Napoleone; i trionfi rapidi e le più rapide perdite, e come il |
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sommo che, diciotto mesi prima, trionfava con un esercito a Lisbona |
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e con uno a Mosca, non bastasse a difendere Parigi; come, dopo |
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esser seduto nelle capitali di tutti i re, vedesse repente due volte in- |
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vasa la sua, e lasciasse il regno scaduto dalla grandezza e dalla forza |
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affidatagli dalla rivoluzione! Sì grandi fatti non si spiegano nè colla |
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cieca ammirazione, nè col vilipendio; sol l'ignorante ricorre al caso, |
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al gelo, ai tradimenti; nè bastano i bullettini dettati nella ebrezza |
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del trionfo, 0 le confidenze artificiate nella sciagura; non servono' lo |
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sfrontate menzogne del Moniteur d'allora, nè le imprecazioni popolari |
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dell'Andaluso e del Renano. Scendiamo nell'intimo delle nazioni, ob- |
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bligate a immolare leggi, abitudini, principi al capriccio di chi |
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voleva impervi leggi francesi e re suoi parenti; calcoliamola possa |
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dell'Inghilterra, costituita sopra la libertà e sopra quell'oculata ge- |
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(32) Il Melzi gli suggeriva, anziché la violenza, il sistema des serres chaudes: e |
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Napoleone slesso diceva: — Il mondo non si liforma a colpi di mazza ». |