Al Polo Nord/14. Gli esquimesi: differenze tra le versioni

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Il ''Taimyr'' continuava a scendere verso il sud con una velocità di diciotto nodi, puntando a quanto pareva, verso la penisola di Adelaide che fa parte della costa settentrionale dell'America, e che si stende fra lo stretto di Vittoria e la grande penisola di Boothia.
 
Pareva che l'ingegnere avesse molta fretta di scorgere la costa americana, poiché il battello si scagliava con impeto irresistibile contro i ghiacci che sbarravano il passo, senza deviare d'una sola linea.
Quella massa d'acciaio agiva come un ariete di potenza incalcolabile e sfracellava gli ''streams'', i palks, gli hummoks ed assaliva perfino i banchi aprendosi un passaggio con speronate formidabili.
 
Dove lo guidava Orloff, che aveva ripreso il suo posto nella gabbia di prora?...
 
Mac-Doil e SandoéSandoë se lo chiedevano, senza poter indovinare la nuova rotta del battello, poiché anche l'ingegnere era ridiventato silenzioso.
 
Il 28 maggio il ''Taimyr'' avvistava le coste settentrionali della penisola di Adelaide, ma invece di continuare la sua corsa verso terra, deviò verso l'est come se avesse l'intenzione di dirigersi verso la baia di Elliot che si trova sulla penisola di Boothia.
 
La sera istessa però cambiava nuovamente rotta e piegava verso il sud inoltrandosi in quel profondo golfo che formasi presso la foce della Riviera del Gran Pesce e l'indomani si arrestava presso una costa deserta; sulla quale, arenati fra i ghiacci, si scorgevano alcuni di quei piccoli canotti di pelle, colle costole formate di ossa di balena, usati dalle tribù esquimesi per la caccia delle foche e delle morse o per la pesca dei narvali.
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— A meno d'un chilometro. Lo vedo alzarsi dietro una curva della costa.
 
— Ed io vedo un uomo che si avanza verso di noi — disse SandoéSandoë. — Lo si direbbe un piccolo orso bianco, però deve essere un esquimese.
 
— Buono — disse Orloff. — Ci risparmierà forse una gita inutile.
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In mezzo, sospesa alla vòlta, pendeva una strana lampada o kotluk formata d'un pezzo di pietra scavata, dalla quale alzavasi una fiamma fumosa che riscaldava un ramino dove di certo bolliva qualche pezzo di foca; intorno alle pareti vi erano delle pelli che formavano il così detto kobpsut e che dovevano servire di letto, poi certi sacchi di pelle contenenti forse dei pezzi di foca o di tricheco arrostiti e conservati nel grasso di balena, poi dei grossi pezzi di sangue gelato, un piatto delizioso per gli esquimesi, quindi arpioni, coltelli, corna di narvalo, ed in tutti gli angoli ossami d'ogni specie e pelli di pesci che esalavano un odore insopportabile di carne corrotta.
 
— Al diavolo lo stregone e la sua capanna — disse Mac-Doil, arrestandosi all'estremità del corridoio. — SandoèSandoë, amico mio, andiamocene o soffocheremo in questo buco.
 
— Non chiedo di meglio — disse il cacciatore. — Preferisco gelare all'aperto.