Rime (Stampa)/Rime d'amore/CLXVI: differenze tra le versioni

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<pages index="Stampa, Gaspara – Rime, 1913 – BEIC 1929252.djvu" include="97" onlysection="CLXVI" />
<poem>
Io accuso talora Amor e lui
ch’io amo; Amor, che mi legò sì forte;
lui, che mi può dar vita e dammi morte,
cercando tôrsi a me per darsi altrui;
ma, meglio avista, poi scuso ambedui,
ed accuso me sol de la mia sorte,
e le mie voglie al voler poco accorte,
ch’io de le pene mie ministra fui.
Perché, vedendo la mia indegnitade,
devea mirar in men gradito loco,
per poterne sperar maggior pietade.
Fetonte, Icaro ed io, per poter poco
ed osar molto, in questa e quella etade
restiamo estinti da troppo alto foco.
</poem>