Le novelle marinaresche di Mastro Catrame/Il vascello dei topi: differenze tra le versioni

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— Viva papà Catrame!...
 
— Tappate le, bocche! Non è permesso emettere di queste grida, che possono venire interpretate come un segno di rivolta contro le autorità di bordo, — disse il mastro fra il serio e il burlesco. — Ora vi narrerò come l'ex re dei selvaggi sia diventato un domatore di topi. Ma.... prima di tutto, credete voi all'istinto di quei piccoli roditori?
 
Stavamo per rispondere, quando dietro di noi udimmo una voce esclamare:
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Il viso di papà Catrame si fece oscuro.
 
Dimmi, vecchio mio, — riprese il comandante: — a quale distanza dalla foce del Gange la nave olandese andò a picco?
 
— A sedici o diciotto nodi, — rispose il mastro.
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— Io dunque mi ero ingaggiato a bordo d'un veliero norvegiano, un legno vecchio quanto l'arca di Noè, tutto sdruscito per i lunghi viaggi, colla chiglia gobba e che a prima vista s'indovinava dover essere una vera topaia. Essendo io rimasto a terra nel porto di Stavanger e avendo dato rapidamente fondo ai miei magri risparmi, presi senza esitare imbarco, colla speranza di trovare posto su un vascello un po' più giovane e più solido in qualche porto più fortunato.
 
— Eccoci adunque in pieno mare con un carico di legnami destinato ai porti islandesi e ununa ventina di quintali di formaggi affidatici da non so quale negoziante danese. Bella fortuna doveva toccare a quel povero diavolo! Anche senza fare naufragio, il carico sarebbe giunto a destinazione con una grande breccia, ve l'assicuro io. Ma non per conto nostro, veh! Oibò, eravamo galantuomini noi; non così però i passeggeri gratuiti che scorrazzavano la stiva, infischiandosi di noi e delle nostre trappole.
 
— Non essendovi posto nella camera comune dell'equipaggio, ed amando io rimaner solo, avevo steso la mia branda in una piccola cabina, cioè in un buco, dove non potevo stare in piedi, tanto era bassa. Mi ricordo che si trovava sotto la dispensa.
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— In capo a una settimana un marinaio aveva perduto mezzo orecchio, un altro un pezzo di naso e i baffi, un terzo un mezzo dito del piede destro; nella dispensa non si trovava più una briciola di salumeria, ed io avevo perduto tre paia di scarpe, divorate in una sola notte da sei topi grigi, grossi come gatti, i quali fuggirono a tutte gambe, mandando delle allegre strida, quando apersi la mia cassa per constatare il danno.
 
— Dovetti sborsare tre lire e quarantadue centesimi ed un pacco di tabacco, se volli procurarmene un altro paio: ma erano così immense che i miei piedi vi si perdevano; e si che ho certe basi da far concorrenza ad un elefante. Di fronte a simili disastri e a tanti orecchi rosicchiati, il flemmatico equipaggio cominciò a scuotersi e il capitano, che ci teneva un po' al suo naso, ch'era il più lungo di tutti, ordinò una battuta generale, la quale costò al nemico la perdita di undici giovani reclute e di un vecchio generale, trovato dentro la dispensa, nel ventre di una scatola di tonno: il ghiotto ne aveva mangiato tanto da non essere più in grado di balzare fuori. Vedemmo poi che i formaggi di quel disgraziato negoziante danese erano scemati della metà e ridotti in uno stato tale, che il capitano credette di metterli a disposizione dell'equipaggio, il quale, ve lo assicuro, gradì il dono col massimo piacere, anzi gli fece tanto onore che due settimane dopo tutti quegli uomini parevano balbuzienti.
 
— Quella vittoria non soddisfece nessuno, tanto più che la notte stessa altri due uomini perdevano mezzo naso e scomparivano dodici paia di scarpe. Se la continuava di quel passo fra breve a bordo non doveva rimanere più un uomo col naso intatto e, per colmo di disgrazia, nemmeno una scarpa! Eppure cominciava a fare un tal freddo da rendere pericolosa la mancanza degli stivali, ed i piedi gelavano... e come!...