Elogio della vecchiaia/I: differenze tra le versioni

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<div align="right">''D’ailleurs, il faut vieillir sous''<br/>''peine de la vie, c’est un arrêt du''<br/>''ciel, et le moindre des maux c’est''<br/>''la vieillesse, pour qui sait la porter''<br/>''avec courage et avec dignité.''<br/>C<small>HEV.</small> D<small>E</small> B<small>OUFFLERS</small><br/><br/>''Veux-tu savoir vieillir?''<br/>''Compte dans ta vieillesse,''<br/>''Non ce qu’elle te prend,''<br/>''Mais ce qu’elle te laisse.''<br/>L<small>EGOUVÉ</small><br/><br/>''Vetustas quidem nobis,''<br/>''si semper sapimus, adoranda est.''<br/>M<small>ACROBIO</small><br/><br/></div>
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Se poi il vecchio è una donna, oh allora lo schifo che ispira è ancora maggiore. Il selvaggio dimentica che quella donna lo ha partorito, lo ha allattato, lo ha amato più di se stessa. È una creatura immonda, ributtante, che nessun maschio desidera: è assai meno del cane che lo aiuta nella caccia. Tutt’al più si può farla cuocere, si può mangiarla; ma la sua carne è dura e amara.
 
Dovrei intinger la mia penna nel sangue per descrivervi tutti i trattamenti crudeli inflitti dall’uomo fuegino, dall’australiano all’uomo che ha il torto di aver troppo vissuto; ed io non voglio funestare il lettore (ch’io vorrei mi accompagnasse in un viaggio giocondo), rattristandolo e facendolo rabbrividire fin dalla prima pagina del mio libro. Se è un pessimista arrabbiato che si compiace nella lettura di ''Lourdes'' o della ''Terre'', prenda un trattato di etnologia e vedrà in quali e quanti modomodi si insulti, si maltratti, si seppellisca vivo o si mangi morto, colui che fu padre amoroso, fors’anche guerriero intrepido o cacciatore fortunato.
 
Il mio libro è scritto con la penna di un ottimista, che cerca il meglio della natura umana, e ne studia il male soltanto per guarirlo o per migliorarlo. In questo elogio della vecchiaia io non sono un giudice, ma un avvocato.
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In questa società civile si celano ancora i semi dell’antica e animalesca ferocia, e sbocciano qua e là, come il loglio fra le spighe del grano, appena l’egoismo li inaffi e la passione li riscaldi.
 
Noi non uccidiamo più e molto meno mangiamo i nostri vecchi, ma li disprezziamo spesso e spesso gettiamo loro in faccia come una colpa la loro debolezza e i loro acciacchi. Tutt’al più verso di essi si sente la compassione, quasi mai lela simpatia o l’amore; si giunge fino alla pietà, quasi mai fino alla stima.
 
Eppure la posizione del vecchio si è andata sempre migliorando col progredire della civiltà, come è accaduto per la donna, che con lui divide la colpa della debolezza. Il Vangelo di Cristo e quello più universale dell’umanità pietosa ha parlato anche per il vecchio, dandogli un posto al sole. Quando il nerbo dei muscoli non fu più l’unica o la prima delle umane virtù, si trovò che anche nelle teste canute il pensiero è desto e operoso; si trovò che il vecchio non è un parassita della società, ma un membro utile e necessario del grande organismo sociale.
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Alcuni scrittori si accontentano di scherzare, dicendo come Theodectes, che vecchiaia e matrimonio devono essere due cose molto simili; perché desideriamo di averle, ma avutele, ci rattristiamo.
 
Altri studiano un lato solo dell’ultima età della vita, o ci danno consigli etici e filosofici sul modo migliore di sopportarla. E Aristotele, che ci insegna che i vecchi sono increduli, percheperché vissero molti anni e in molte cose furono ingannati o peccarono.
 
Ed eè lo stesso grande enciclopedista dell’antichità, che da ai vecchi una lezione di igiene genitale.
 
''Et propter hoc mulus est longioris vitae quam asinus et equus, ex quibus fit, quia ipse non generat.''
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Ora è il pessimista, che si turba davanti agli acciacchi e alla debolezza della vecchiaia; ora l’ottimista che ne contempla con venerazione la canizie argentina e ne ammira la prudenza, il senno e tutte le altre virtù, che derivano dall’aver molto veduto, molto pianto e molto goduto.
 
Fra gli uni e gli altri oscilla la grande folla umana, che desidera e teme in una volta sola la vecchiaia; ne sa il più delle volte, se sia il timor della morte o l’amor della vita (che son cose diverse, benché conducano poi allo stesso fine), che le faccia desiderare la vecchiaia.<br/><br/>
 
Nella società moderna il vecchio ispira ''pietà e rispetto''; pietà per le sua debolezza, rispetto per l’esperienza accumulata ed anche per un’inconscia ammirazione per tutto ciò che ha saputo resistere al tiranno dei tiranni: il tempo.
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La parola di veterano è poco diversa da quella di vincitore, e il vecchio ha saputo vincere il potente dei potenti, colui che tutto abbatte, schianta e distrugge.
 
Pietà e rispetto circondano il vecchio nella famiglia e nella società, la dove l’egoismo o la miseria non eè più forte dei sentimenti benevoli. Purtroppo quando la fame e l’ambiente in cui si vive il giorno e la notte, quando gli occhi del proletario contano dolorosamente le bocche e i bocconi intorno al desco, trovando sempre uno squilibrio crudele fra quelle due cifre; pietà e rispetto scompaiono davanti alla voce straziante e animalesca dei vuoti ventricoli. Se il labbro tace, dalle viscere affamate sorge un urlo di belva, che se non parla con la bestemmia o con la maledizione omicida, si traduce in uno sguardo ferino, che invoca la scomparsa di un vecchio: l’equilibrio delle bocche e dei bocconi.
 
A questi omicidi pensati, ma non compiuti, provvederà la giustizia dell’avvenire; provvederà il maltusianismo previdente dei posteri.