Sulla lingua italiana. Discorsi sei/Discorso terzo: differenze tra le versioni

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Qui cessa del tutto ogni predominio di dialetto provenzale, lombardo e siciliano, e vi prevale bella di originalità e di vigore la letteratura e la lingua, che, diffondendosi a un tratto da tutta l'Italia, rinnovellò la civiltà del genere umano europeo. Questa età andrebbe propriamente chiamata de' Poeti Toscani, quantunque pur molti fossero d'altre provincie; nè forse un giusto volume basterebbe a parlare debitamente di tutti. Se non che, oltre alla ragione de' nostri limiti, il nostro proposito dichiarato sin dal primo di questi Discorsi impone a noi di non nominare, se non que' pochissimi che come luminosi pianeti sono stati preceduti da minori satelliti. Pure, comecchè avessero meriti letterarj assai disuguali tra loro, si somigliano quasi tutti nel loro comune carattere, d'anime non per anche domate dalla servitù dell'Italia. Sentivano fortemente, scrivevano per le loro innamorate e combattevano per la loro fazione; amministravano le leggi e i governi delle loro città; e offrirono lo spettacolo di cittadini, guerrieri ed autori, qualità che, pur troppo! gli Italiani poscia non videro unite ne' lor letterati se non assai raramente. Pur nondimeno nella storia letteraria d'Italia quest'epoca fu confusa con la seguente, differentissima in tutto, perchè nuove vicissitudini cangiarono le condizioni politiche ed i costumi e i caratteri della seguente generazione. Il Tiraboschi cadendo, parte volontariamente e parte per necessità, in questo errore, contribuì più ch'altri a perpetuarlo. L'opera sua è oggimai fatta più popolare delle altre, e può meritamente chiamarsi l'archivio ordinato de' fatti, delle date e dei nomi de' libri e de' documenti letterarj di molti secoli. Bensì con quali e quante precauzioni meriti ad un tempo d'esser consultata quell'opera e le altre su lo stesso soggetto, è noto a chiunque sa che la verità non può essere non che scritta, ma neppure pensata dove la stampa è in ceppi. Tutti i critici appartenevano a un'accademia, a una città rivale delle altre; e per lo più a una congregazione di frati. Il Tiraboschi era Gesuita, e non poteva guardare molto addentro in una età nella quale predomina il genio di Dante, poeta di nome terribile e di mente implacabile contro la Chiesa Romana.
 
Nel 1280, col quale principia questa terza delle nostre epoche, Dante aveva quindici anni; e la sua fama crebbe in guisa ch'oggi non v'è forse angolo di terra civilizzata dove non sia conosciuto. Il suo poema viene esaltato anche dagl'infiniti che non lo leggono, e da moltissimi che non possono intenderlo. Ei fu quindi tenuto più che uomo mortale; e una specie di religione per lui fa vedere meriti, i quali, esagerando la verità, impediscono il frutto che la Storia può ricavare dalle osservazioni degl'individui straordinarj della nostra specie. Un letterato Inglese, stando a lunga dimora in Toscana, leggendo infaticabilmente e visitando archivj e pubbliche librerie, compose la prima parte d'un suo nuovo commento pubblicato da poco in qua; e trovò che Dante scrisse uno de' più graziosi fra' suoi Sonetti quand'egli aveva appena nove anni d'età<ref>A comment on the Divine Comedy; London, 1822, vol. I, [http://books.google.com/books?id=ZqIFAAAAQAAJ&pg=PA476&as_brr=1&ei=mG-oR4bSNY2kzgT6s4yJDw&hl=it#PPA97,M1 pagine 97-100].</ref>. Il dottissimo commentatore frantese un passo dell'autore dove racconta in piane parole, che quando vide Beatrice per la prima volta, era nel nono anno dell'età sua, e dopo altri nove anni compose il suo primo Sonetto per lei: vedi la narrazione di Dante nel libro notato qui a piedi<ref>Vita Nuova, fra le opere di Dante vol. V, pagine 6-9; edizione Zatta, Venezia, 1760.</ref>. Era da aspettarsi che l'instancabile raccoglitore delle Curiosità letterarie nell'ultima serie correggesse lo sbaglio. Ma lo ripete; e citando le meraviglie del dotto commentatore, vi aggiunge del suo, che il Sonetto era sconosciuto fino a' dì nostri. - ''The tender Sonnet free from obscurity, which he composed for Beatrice, is preserved. - There can be no longer any doubt of the story of Beatrice, but the Sonnet and the passion must be classed among curious natural phenomena''<ref>D'Israely, Curiosities of literature, vol. VI, pag. 291. - Ed ecco la traduzione italiana di questo tratto: ''Il tenero Sonetto esente da ogni oscurità, il quale egli compose per Beatrice, ci è stato conservato. Circa al fatto di Beatrice non può cadere alcun dubbio, ma il Sonetto e la passione debbono essere classati nel novero de' curiosi fenomeni naturali.''</ref>. Pur se ogni volta si cercasse d'avverare la realtà schietta de' fatti, appena uno di mille fenomeni letterarj mancherebbe di spiegazioni naturalissime e giornaliere. Il vero si è, che il meravigliarsi è uno de' bisogni dell'uomo; e però il procurare che gli altri si meraviglino è un espediente che riesce egregiamente a comporre volumi piacevoli, dando novità a cose vecchie, e apparenza di aneddoti secreti e appena scoperti a storie pubbliche per chiunque vuol leggerle. L'esistenza di Beatrice e del sonetto e dell'amore che lo produsse, sono circostanze notissime da cinque secoli e più, e registrate puntualmente da Dante nel suo romanzetto intitolato la VITA NUOVA.
 
Certo il suo primo sonetto fu scritto quand'aveva diciotto anni; e considerando non tanto l'età sua, ma lo stato della lingua e della poesia nel suo secolo, pare saggio bellissimo per sè stesso. Se non che non fu mai nè ammirata quanto pur merita, nè studiata attentamente l'operetta della Vita Nuova; e non pertanto palesa l'anima dell'autore, e la prima concezione del suo grande poema<ref>Loco cit., pag. 64.</ref>, e l'impulso e il progresso dato in un subito non solo alla poesia, ma, quel che è più difficile in tutte le lingue, alla prosa italiana. Dante cominciò a fondare non solo gli esempj, ma anche le grandi teorie dalle quali vennero poi tutte le regole, e sono le vere, suggerite dalla pratica di tutti gli scrittori in ogni specie di composizione sino a' dì nostri. E malgrado le dispute d'accademie grammaticali e di scuole, e i precetti infiniti di neologisti e cruscanti, la lingua italiana, finchè non cesserà d'essere scritta, si governerà perpetuamente co' principj luminosi e sicuri che Dante ricavò dalla natura d'ogni lingua, e dal carattere di quella ch'egli perfezionava.