Lettera a Galileo Galilei (2 maggio 1637): differenze tra le versioni

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| Nome e cognome dell'autore =Benedetto Castelli
| Titolo =Lettera a Galileo Galilei
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| Progetto =testi scientifici
| Argomento =Lettere
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''Lettera di Padre Benedetto Castelli a {{AutoreCitato|Galileo Galilei}} (a Firenze), Roma, 2 maggio 1637''
 
 
Molto Ill.<sup>re</sup> ed Ecc.<sup>mo</sup> Sig.<sup>re</sup> e P.<sup>ron</sup> Col.<sup>mo</sup>
 
Veramente la confusione in che mi trovo, e il non havere da scrivere come vorrei, mi tiene in silentio; con tutto ciò il silenzio è solo con le lettere, perchè parlo quanto posso e quanto devo, e lo sa Dio e tutti gli amici nostri, de' quali in assai buon numero mi sentono continovamente. Orsù, pacienza; desidero però che V. S. mi apra qualche strada con la quale io la possa servire, che vedrà la mia constanza in amarla, stimarla e riverirla sempre, conforme al suo gran merito e immensa mia obligazione.
 
Hora mi ritrovo in stato che non so dove mi sia, perchè intendo, per voce sparsa per Roma, che N. Sig.<sup>re</sup> stia con poco buona salute; che se fosse vero, che Dio non voglia, mi ritrovarei in travaglio grandissimo. Spero però in S. D. Maestà e nella Sua infinita misericordia.
 
Quanto a' vetri, io ne ho quattro para di quei di Napoli nelle mani, e sono dell'Em.<sup>mo</sup> Sig.<sup>r</sup> Card.<sup>e</sup> Antonio(167), i quali tutti, ancorchè ricerchino varii cannoni, sono esquisitissimi, e ne aspetto due para di Napoli quanto prima; e mosso da quello che mi disse il Sig.<sup>r</sup> Magiotti nostro, disegno di regalarne di un paro il Ser.<sup>mo</sup> Gr. Duca mio Signore, se mi riusciranno di perfezzione degni(168) di mandarli tanto alto. Con uno di questi che ho nelle mani, io posso leggere una lettera, del carattere che è questa che scrivo, lontano ottanta sei passi andanti de' miei, e forsi più: V. S. giudichi la perfezzione. Se io havessi hauti dinari, non mi sariano usciti dalle mani, ancorchè il maestro li faccia pagare salati bene, perchè la verità è che quello antico mio, in comparazione di questi, è un niente, nè io l'ho mai più potuto vedere dopo che ho provati questi.
 
Altro non ho che dirli; forsi per il primo ordinario li darò altre nove: per hora li fo riverenza, e me li confermo quel di sempre servitore di vivo cuore.
 
Roma, il 2 di Maggio 1637.<br/>
Di V. S. molto Ill.<sup>re</sup> ed Ecc.<sup>ma</sup>
 
{{A destra|Al S.<sup>r</sup> Gal.<sup>o</sup> Gal.<sup>i</sup><br/>
Humil.<sup>mo</sup> Devotiss.<sup>o</sup> e Oblig.<sup>mo</sup> Ser.<sup>re</sup> e Dis.<sup>lo</sup><br/>
Don Bened.<sup>o</sup> Castelli.
}}
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{{Sezione note}}
 
[[Categoria:Fisica]]