Pagina:Notizie del bello, dell'antico, e del curioso della città di Napoli.djvu/161: differenze tra le versioni

Utoutouto (discussione | contributi)
Utoutouto (discussione | contributi)
Stato della paginaStato della pagina
-
Pagine SAL 50%
+
Pagine SAL 75%
Corpo della pagina (da includere):Corpo della pagina (da includere):
Riga 3: Riga 3:
Quì è bene dare una breve notizia di tutti i Re di {{Pt|di-|}}
Quì è bene dare una breve notizia di tutti i Re di {{Pt|di-|}}
<ref follow="pag98">i vantaggi presenti, e financo le tracce del passato. Vi fu tempo, durante la lotta tra Ludovico e Ladislao, che la città di Napoli, occupata a vicenda dall’uno e dall’altro esercito, venne stretta in modo che per tre anni le campagne circostanti rimasero incolte, e dovè pagare il grano, venutogli da’ Genovesi, a prezzo carissimo. Il primo Carlo con le inutili leggi fece sembianza di voler
<ref follow="pag98">i vantaggi presenti, e financo le tracce del passato. Vi fu tempo, durante la lotta tra Ludovico e Ladislao, che la città di Napoli, occupata a vicenda dall’uno e dall’altro esercito, venne stretta in modo che per tre anni le campagne circostanti rimasero incolte, e dovè pagare il grano, venutogli da’ Genovesi, a prezzo carissimo. Il primo Carlo con le inutili leggi fece sembianza di voler
deprimere la feudalità, ma con gli atti non fece che accarezzarla, e trovasi nelle storie ch’egli avesse tramutato in feudi ben centosessanta città, delle quali investì principalmente i suoi baroni francesi. I privati donavano quindi con frode alle chiese, e da queste riprendevano i loro beni a censo, per non pagare tributi al governo. Sarebbe lunga opera, svolgendo gli storici del tempo, l’annoverare i dazi che con diverso nome aggravavano la pastorizia e
deprimere la feudalità, ma con gli atti non fece che accarezzarla, e trovasi nelle storie ch’egli avesse tramutato in feudi ben centosessanta città, delle quali investì principalmente i suoi baroni francesi. I privati donavano quindi con frode alle chiese, e da queste riprendevano i loro beni a censo, per non pagare tributi al governo. Sarebbe lunga opera, svolgendo gli storici del tempo, l’annoverare i dazi che con diverso nome aggravavano la pastorizia e l’industria; non si ebbe ritegno di chiamare alcuni di essi col nome di dazi ''volontari'' o ''donativi'', quasi che risultassero dalla libera volontà di un popolo prosperante. La città di Napoli che partecipò di tutte queste miserie ( sempre per altro attenualo da que’ vantaggi inseparabili dalla presenza di una Corte ) vide crescere fuori misura questi dazi colla venula di Carlo III di Durazzo: la gabella delle ''sbarre'' posta su i carri, quella del ''buon danaro'' destinata a’ lavori del porto, di ''falangaggio'' sulle barche, la gabella del pane, della farina, quella sul vino, su’ cavalli, su’ vetturali,
su le tinture, su la carne, sul pesce e sul sale. Le industrie del ferro e quelle della seta caddero inopinatamente in uguale abbandono, sì che si videro entrare i ferri e le sete straniere.<br />

{{spazi|3}}Ma le numerose armate, che mettevano in punto i Normanni, gli Svevi ed i primi Angioini, sotto i Diirazzeschi disparvero. Sembra incredibile, ed è pur vero, che quando Re Luigi d’Angiò venne in Napoli nel 1390 si deliberò nel parlamento tenuto in S. Chiara che gli fossero somministrate a spese de’ baroni e del popolo dieci galee. Ladislao non giunse a metterne insieme più che dieci, fra le sue, e quelle avute a soldo. Veramente Ladislao fu più sollecito delle
r industria 5 non si ebbe ritegno di chiamare alcuni di essi col nome
forze di terra; ma anche queste si dileguarono sotto il regno della
di dazi volontari o donativi ^ quasi che risultassero dalla libera
volontà di un popolo prosperante. La città di Napoli che partecipò
di tutte queste miserie ( sempre per altro attenualo da que’ vantaggi
inseparabili dalla presenza di una Corte ) vide crescere fuori
misura questi dazi colla venula di Carlo III di Durazzo: la gabella
delle sbarre posta su i carri, quella del hion danaro destinala
a’ lavori del porlo, di falangaggio sulle barelle, la gabella
del pane, della farina, quella sul vino, su* cavalli, su’ vetturali,
su le tinture, su la carne, sul pesce e sul sale. Le industrie del
ferro e quelle della seta caddero inopinatamente in aguale abbandono, sì che si videro entrare ì ferri e le sete straniere.
Ma le numerose armate, che mettevano in punto i Normanni, gli
Svevi ed i primi Angioini, sotto i Diirazzeschi disparvero. Sembra
ìncnedibile, ed è pur vero, che quando Re Luigi d’Angiò venne in
Napoli nel 1590 si deliberò nel parlamento tenuto in S. Chiara che
gli fossero somministrale a spese de’baroni e del popolo dieci galee.
Ladislao non giunse a metterne insieme più che dieci, fra le sue,
e quelle avute a soldo. Veramente Ladislao fu più sollecito delle
forze di terra -, ma anche queste si dileguarono sotto il regno della
seconda Giovanna. Caddero in potere de’ Genovesi e de’ Veneziani
seconda Giovanna. Caddero in potere de’ Genovesi e de’ Veneziani
tutto il traffico e i lavori delle sete, ed essi tennero T impero del
tutto il traffico e i lavori delle sete, ed essi tennero l’impero del
commercio di Oriente, finché l’ardire furluaaio de’ Porloghesi</ref>
commercio di Oriente, finchè l’ardire fortunato de’ Portoghesi</ref>