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dottore registrava. Diceva: «Abbiamo avuto questo, abbiamo avuto quello ». In verità, noi non avevamo più che dei segni grafici, degli scheletri d’immagini.
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dottore registrava. Diceva: «Abbiamo avuto questo,
Fui indotto a credere che si trattasse di una rievocazione della mia infanzia perchè la prima delle immagini mi pose in un’epoca relativamente recente di cui aveva conservato anche prima un pallido ricordo ch’essa parve confermare. C’è stalo un anno nella mia vita in cui io andavo a scuola e mio fratello non ancora.
abbiamo avuto quello ». In verità, noi non avevamo più

che dei segni grafici, degli scheletri d’immagini.
E pareva fosse appartenuta a quell’anno l’ora che rievocai. Io mi vidi uscire dalla mia villa una mattina soleggiata di primavera, passare per il nostro giardino per scendere in città, giù, giù, tenuto per mano da una nostra vecchia fantesca, Catina. Mio fratello nella scena che sognai non appariva, ma ne era l’eroe. Io lo sentivo in casa libero e felice mentre io andavo a scuola.
Fui indotto a credere che si trattasse di una rievo¬

cazione della mia infanzia perchè la prima delle imma¬
Vi andavo coi singhiozzi nella gola, il passo riluttante e, nell’animo, un intenso rancore. Io non vidi che una di quelle passeggiate alla scuola, ma il rancore nel mio animo mi diceva che ogni giorno mio fratello restava a casa. All’infinito, mentre in verità credo che, dopo non lungo tempo, mio fratello più giovine di me di un anno solo, sia andato a scuola anche lui. Ma allora la verità del sogno mi parve indiscutibile: Io ero condannalo ad andare sempre a scuola mentre mio fratello aveva il permesso di restare a casa. Camminando a canto a Catina calcolavo la durata della tortura: Fino a mezzodì! Menlre lui è a casa! E ricordavo anche che nei giorni precedenti dovevo essere stato turbato a scuola da minaccie e rampogne e cbe io avevo pensato anche allora: A lui non possono toccare. Era stata una visione di un’evidenza enorme. Catina che io avevo conosciuta SVEVO — La coscienza di Zeno — 32
gini mi pose in un’epoca relativamente recente di cui
aveva conservato anche prima un pallido ricordo ch’es¬
sa parve confermare. C’è stalo un anno nella mia vita
in cui io andavo a scuola e mio fratello non ancora.
E pareva fosse appartenuta a quell’anno l’ora che rie¬
vocai. Io mi vidi uscire dalla mia villa una mattina so¬
leggiata di primavera, passare per il nostro giardino per
scendere in città, giù, giù, tenuto per mano da una no¬
stra vecchia fantesca, Catina. Mio fratello nella scena
che sognai non appariva, ma ne era l’eroe. Io lo sen¬
tivo in casa libero e felice mentre io andavo a scuola.
Vi andavo coi singhiozzi nella gola, il passo riluttante
e, nell’animo, un intenso rancore. Io non vidi che una
di quelle passeggiate alla scuola, ma il rancore nel mio
animo mi diceva che ogni giorno mio fratello restava a
casa. All’infinito, mentre in verità credo che, dopo non
lungo tempo, mio fratello più giovine di me di un anno
solo, sia andato a scuola anche lui. Ma allora la ve¬
rità del sogno mi parve indiscutibile: Io ero condannalo
ad andare sempre a scuola mentre mio fratello aveva
il permesso di restare a casa. Camminando a canto a
Catina calcolavo la durata della tortura: Fino a mez¬
zodì! Menlre lui è a casa! E ricordavo anche che nei
giorni precedenti dovevo essere stato turbato a scuola
da minaccie e rampogne e cbe io avevo pensato anche
allora: A lui non possono toccare. Era stata una visione
di un’evidenza enorme. Catina che io avevo conosciuta
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