Storia della letteratura italiana (De Sanctis 1890)/II: differenze tra le versioni

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Siamo alla seconda metà del Dugento. La Sicilia, malgrado la sua Nina, è già nell'ombra. I due centri della vita italiana sono Bologna e Firenze, l'una centro del movimento scientifico, l'altra centro dell'arte. Nell'una prevaleva il latino, la lingua de' dotti; nell'altra prevaleva il volgare, la lingua dell'arte.<br />
L'impulso scientifico partito da Bologna, traendosi appresso anche la poesia, dava il bando alla superficiale galanteria de' trovatori: il pubblico domandava cose e non parole. E si formò una coscienza scientifica ed una scuola poetica conforme a quella. Il tempo de' poeti spontanei e popolari finisce per sempre.<br />
Il nuovo poeta scrive con intenzione. Più che poeta, egli è lume di scienza; si chiama Brunetto Latini, l'enciclopedico, {{AutoreCitato|Cino da Pistoia|Cino}}, il primo giureconsulto dell'età, Cavalcanti, filosofo prestantissimo, Dante, il primo dottore e disputatore de' tempi suoi. Scrivono versi per bandire la verità, spiegare popolarmente i fenomeni più astrusi dello spirito e della natura. La poesia è per loro un ornamento, la bella veste della verità o della filosofia, uso amoroso di sapienza, come dice Dante nel ''{{TestoCitato|Convivio|Convito}}''. Ci è dunque in loro una doppia intenzione. Ci è una intenzione scientifica. Ma ci è pure una intenzione artistica, di ornare e di abbellire. L'artista comparisce accanto allo scienziato. Questo doppio uomo è già visibile in Guido Guinicelli.<br />
È in Toscana, massime in Firenze, che si forma questa coscienza dell'arte. Il volgare, venuto già a grande perfezione, era parlato e scritto con una proprietà e una grazia, di cui non era esempio in nessuna parte d'Italia. Se i poeti superficiali dispiacevano a Bologna, i poeti incolti e rozzi non piacevano a Firenze. A lungo andare non vi poterono essere tollerati Guittone e Brunetto, e sorgeva la nuova scuola, la quale, se a Bologna significava scienza, a Firenze significava «arte».<br />
Questo primo svegliarsi di una coscienza artistica è già notato in Cino. Egli scrive con manifesta intenzione di far rime polite e leggiadre, e cerca non solo la proprietà, ma anche la venustà del dire. Aveva animo gentile e affettuoso, e orecchio musicale. Se a lui manca l'evidenza e l'efficacia, virtù della forza, non gli fa difetto la melodia e l'eleganza, con una certa vena di tenerezza. Fu il precursore del grande suo discepolo, {{AutoreCitato|Francesco Petrarca}}.