La Beatrice di Dante: differenze tra le versioni

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Si, perchè essa non era che un miracolo vivente, ''la cui radice è la mirabile trinità''.
 
E come per raffermarsi in questa persuasione che lo conforta, ei si spiega codesto miracolo nella maniera seguente: « Noi veggiamo molti uomini tanto vili e di bassa condizione, che quasi non pare essere altro che bestie; però è da porre e credere fermamente, che sia alcuno tanto nobile e di sì alta condizione, che quasi non sia altro che angelo. Altrimenti non si continuerebbe la umana spezie da ogni parte; che esser non può. Questi cotali Aristotile li chiama divini; e tale dico io che è questa donna, e la divina virtù, a guisa che discende nell'Angelo, discende in lei»''(Conv., trattato III, VII)''.
 
Ecco come il sentimento e la ragione modificano e a poco a poco trasformano la figura di Beatrice; la quale, perdendo e sulla terra e nell'animo del Poeta la sua forma individuale e corporea, assume le qualità delle eterne sostanze, diventa l'angelo e la guida
 
Che lume fia tra'l vero e l'intelletto. ''(Conv., trattato III, VII)''
 
La passione del Poeta non può non risentire gli effetti di questa trasformazione: Beatrice, che fu da prima una donna, ora ch'e diventata purissima sostanza diviene per lui un desiderio oltre sensibile, una memoria affettuosa, la quale si tramuterà alla sua volta in un concetto, in una dottrina, in un'allegoria. L'amore che prima oscillava tra il cuore e il cervello, ora si riduce e si chiude entro a questo; la ragione lo alimenta, lo purifica, gli dà tempra immortale.
 
Questo secondo aspetto dell'amore dantesco ci vien significato nel ''Convito''.
Nell'ordine psicologico il ''Convito'' non può essere che il secondo libro uscito dalla mente dell'Alighieri: esso è un anello che concatena la ''Vita Nuova'' alle opere maggiori di lui; è uno studio preparatorio al gran poema, e si addentella benissimo alle finali parole del romanzo giovanile, nelle quali il Poeta promette di parlare più degnamente della donna sua.
Prima di lanciare l'ingegno nelle sfere meravigliose, da cui dovea più tardi
 
Descriver fondo a tutto 'universo ''(Inf., XXXII, 8)'',
 
egli senti il bisogno di addirsi profondamente alle discipline filosofiche, di conoscere quanto allora insegnavasi nelle scuole per fecondarlo più tardi con la sua immaginazione e tradurlo in originali armonie.
Per la qual cosa il ''Convito'', in cui si ''distribuisce il cibo della sapienza'', non è da considerare come un trattato di morale filosofia, ma come un documento delle cognizioni filosofiche del tempo; non come un libro ordinato e profondo, ispirato da un pensiero originale ed in maniera originale significato, ma come uno studio che serve di mezzo ad un fine più alto, e che giova assai a farci conoscere il progressivo sviluppo dell'ingegno, del carattere e dell'amore del nostro poeta.
 
Il quale molto diverso di Catullo, che per la morte del fratello e le discordie con la donna amata scriveva a Manlio e ad Ortalo non essere più in grado di volger l'animo agli studj prediletti; avvenuta la morte della Beatrice, invocò tutta la forza dell'animo per potersi sollevare dal letargo del suo dolore, rivolse gagliardamente il pensiero allo studio della filosofia, della quale innamorò in breve sì fortemente, come di donna viva e reale.
Nè già s'immerse nello studio per dimenticare la sua bellissima morta, come fanno i volgari; ma sì per vederla meglio e più da vicino, e per occuparsi degnamente e senza distrazioni di lei.
 
Imperocchè, non essendo altro la sapienza se non un mezzo di avvicinare alla somma verità, ed essendo Beatrice salita fermamente nel cielo, dove, secondo i credenti, ha regno infinito la verità, il Poeta non poteva altrimenti e per altra via arrivare alla donna sua, che per quella della filosofia, ch'è la chiave di ogni scienza e dischiude il cammino del vero.
Ogni cognizione ch'egli acquista, ogni virtù che opera, ogni trionfo dell'anima sul senso, egli monta un gradino, si appressa di più alla somma perfezione, nel lume infinito della quale si disegna puramente la santa immagine della sua donna.
 
Mirabile perciò è quest'amore dell'Alighieri, che si alimenta di quella sapienza, dalla quale gli amori volgari soglion distogliere le menti; e si fortifica della ragione, che si frequenti volte è chiamata a combattere e uccidere le nostre passioni.
 
Il poeta perciò non è soltanto mosso a scrivere il ''Convito'' da carità che potesse avere di ''porger tesoro di dottrina agl'indotti'' e di mostrare l'eccellenza del volgare italiano; ma principalmente da questa forte necessità che sente di purificarsi, di