Novella di Marabottino Manetti: differenze tra le versioni

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| Nome e cognome dell'autore =Marabottino Manetti
| Titolo =Novella [d'un piovano vicino a Firenze]
| Iniziale del titolo =N
| Anno di pubblicazione =XV secolo
| Lingua originale del testo =
| Nome e cognome del traduttore =
| Anno di traduzione =
| Progetto =letteratura
| Argomento =Novelle
| URL della versione cartacea a fronte =
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http://books.google.it/books?id=l0UCAAAAQAAJ&printsec=frontcover&hl=it&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false
 
Fu a' dì nostri uno non molto venerando sacierdote, il cui nome mi pare da tacere per non diminuire di degnità alla nobile schiatta di cui nacque. Questo da' consorti suoi che per loro virtù e degli antichi loro erano abondanti di molti padronaggi di chiese, fu fatto piovano di una pieve di loro padronato non molto lontana dalla nostra ciptà. El quale quantunque fussi eziandio canonico del nostro duomo, nientedimeno perché lo ingiegnio suo non era da civile conversatione, el più del tempo si stava alla sua pieve; dove fra l'altre sue pratiche, teneva stretta amistanza con una sua vicina chiamata Mona Tessa, donna barbiera quanto alcuna di suo paese, la quale egli più volte avea richiesta di ruffianeggi, e lei gli avea promesse cose assai sanza volerne fare alcuna. Ma sotto queste promesse acattando da lui quando "venti soldi e quando trenta, e quando uno staio di grano e quando uno altro, gli avea tratto di mano la valuta di circa fiorini dieci. Onde non venendo el venerabile sacierdote a conclusione alcuna, cominciò a sollecitare con grande instantia Mona Tessa di rivolere da lei li sua danari e grano, in tantoché non parea ch'avessi altra faccenda ch' ogni giorno quando con prieghi e quando con minacce ricordarle questo suo fatto. ll perché veggiendosi la buona donna a mal partito con messer lo Piovano, conferì questo caso con un suo figliuolo chiamato el Bodolina e con un suo vicino ch'avea nome Piero Tanaldi, amendua uomini molto astuti e pratichi. Li quali inteso el fatto, la confortorno di tenere a bada il prete qualche di, perché fra poco tempo stimavano di trarla di tale tribolatione. Onde stando li dua giovani attenti a pensare come potessino indurre el canonico che di gratia li fussi el canciellare questo debito sanza alcuno pagamento, avenne che andando eglino un giorno a casa cl Piovano insieme con Tommaso Alderotti nostro ciptadino, uomo di grande ingiegnio e prudenza che vicino alla pieve avea sue posessioni e per questo con messere lo calonaco teneva alquanta domesticheza, et rimanendosi Tommaso con lui a ragionamenti, e li due giovani andando per casa, venne loro veduto in uno pollaio molti polli padovani e cierti paperi di belleza fuori dell'ordine degli altri.
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re. lo ti dico, disse el prete, ch' io sono tutto imbrattato. Rispose el cherico: se voi siete imbrattato, nettatevi; et questo detto cacciò il capo sotto e fu radormentato. El prete veduto che in vano avea chiamato el cherico, si trasse la camicia, e avenga che la sentissi alquanto impaniata, pur el meglio ch'egli potè con essa si nettò, et gittolla dietro al letto, et quasi eh* ella non colse insul viso al Sodolina che quivi era che scoppiava dalle risa; tnnto che presso ch' elli non s'avea roso coi denti el saccone del letto per la pena pativa del trattenersi di ridere per non essere sentito. Pur quivi statosi alquanto, come sentì el prete radormentato, pian piano s' uscì di camera e di casa, e andatosene a casa Tommaso, trovò lui e Piero Tanaldi che quasi insino allora non aveano potuto dormire, attendendo con disiderio a quello la cosa riuscissi. Li quali veduto il Bodolina colla camicia, appena potevano credere tanta scimunitaggine del loro prete. Et dipoi inteso appunto come era procieduto el caso, quasi tutto el resto della notte consumarono in risa e ragionamenti del loro dolciato sacierdote. 1l prete la mattina destatosi e ricordandosi di quello gli avea detto Tommaso, fece ciercare al cherico della camicia, e nolla trovando mandò a dire per il cherico a Tommaso ch'egli lo pre
gava che venissi insino a lui, et che se non lussi ch'egli si sentiva di mala voglia, lo sarebbe venuto a trovare insino a casa. E così credendosi el dolce messere d' essersi stemperato la notte, si dette a'ntendere avere uno gran male. ll perché tirato alquanto da parte el lenzuolo imbrattato ch' elli avea sotto, si ricoricò dalla parte dove era netto, e quivi riposandosi aspettava Tommaso, el quale auta la 'mbasciata dal cherico, poco stando, giunse quivi. A cui el prete, vegiendolo, disse: Tommaso mio, io ò auta sì fatta l'uscita ch'io o impaniato tutto il letti» senza sentirmi di cosa alcuna, e Dio voglia ch' io non abbia un gran male; ma trovandomi tutto imbrattato io mi trassi la camicia et gittata qua dietro al letto. Ben sai che quello ladronciello ci debbe essere stato e amola rubata; imperò che io e il cherico n'abbian cierco ciò che ci è e non l'abbiano potuta trovare. Troppo ci sarà egli stato, disse Tommaso, non vel dissi io che egli ci verrebbe? Ma sia la cosa come si vuole messere avenente mio, poi ch'io o tolto a servirvi io lo farò venire tante volte ch' egli ci rimarrà, pur che voi vogliate: sichè non vi date maninconia; attendete pure a guarire che io vego che voi avete un gran male, forse maggiore che voi non credete, et confortatevi che io mi rinquoro che noi li porremo le ma
ni addosso, e sarà ancora stasera se voi vorrete. El prete che mille anni li pareva di riavere el suo cavallo e le sue cose, disse: quanto più presto meglio, purché noi giugniamo questo traditore. Poiché voi volete eh' olii sia stasera, disse Tommaso, e stasera sia. lo o pensato uno bello modo: da poi che pare che tutte le sciagure ci siano contro, che l'uom non possi stare desto quando questo ribaldo ci viene, io ordinerò, ch'egli venghi stanotte a portarcene. Domine faccia che anche quando egli vene porterà, voi non vi destiate, et perché egli non vi portassi in luogo che vi putissi, io ho pensato ch'elli sarà meglio ch'io ci dorma stanotte qui in questa camera dal lato insieme col vostro cherico, e lasciate l'uscio della camera aperto e il lume accieso acciò noi vi possiamo soccorrere quand'egli ve ne vorrà portare; et non vi date pensiero ch' io li leverò tutta la forza con incanti che egli non vi potrà nuocere d'altro che del volere portarvene. A messer lo prete ogni cosa piaceva, e a tutto s'accordava, salvochè nolli pareva giucco che 'l cherico dormissi con altri che con lui, perché non si tenea molto sicuro quando non se lo sentiva al lato la notte. Il perché disse: deh Tommaso mio, se si può adattare che '1 cherico dorma meco io te ne priego che tu 'l faccia; imperò eh'io. mi sento pur tristo come tu vedi, e se m'avenissi qualche disastro per questa malattia, io pure l'adoprerci a' mia bisogni. Disse Tommaso: se voi volete, messere, che la cosa abbi suo compimento non fate disegnio del cherico per questa notte, però che se el ladro venissi e vedessilo con voi vi lascerebbe stare e non vi porterebbe per paura che 'l cherico non si destassi se voi facessi romore alcuno: sì che lasciatelo a me, e se voi arete bisognio alcuno, voi ci chiamerete e noi vi risponderemo. ll sacicrdote, quantunque questo gravemente sopportassi, pur per la gran voglia ch'avea di ritrovare le sue cose, el meglio potè, a tutto s' -iccordò. Il perché parendo a Tommaso oramai di lasciare el prete, quello confortato che si attendessi a governare bene acciò fussi presto libero di questa sì subita e improvisa malattia, et ricordatoli che ordinassi bene che ciena per la sera, se ne tornò a casa dove trovò el Bodolina e Piero Tanaldi che avevano ordinato uno grosso desinare di polli e paperi pur di quelli del prete. A' quali Tommaso narrò come el loro messer lavacieci si avea dato a intendere per la farinata trovata d'avere un gran male, et disse loro ciò che avca ragionato con lui e di quanto era rimasto d'accordo. ll perché insieme compostosi quanto sopracciò aveano a ^are, venuta la sera
 
pur tristo come tu vedi, e se m'avenissi qualche disastro per questa malattia, io pure l'adoprerci a' mia bisogni. Disse Tommaso: se voi volete, messere, che la cosa abbi suo compimento non fate disegnio del cherico per questa notte, però che se el ladro venissi e vedessilo con voi vi lascerebbe stare e non vi porterebbe per paura che 'l cherico non si destassi se voi facessi romore alcuno: sì che lasciatelo a me, e se voi arete bisognio alcuno, voi ci chiamerete e noi vi risponderemo. ll sacicrdote, quantunque questo gravemente sopportassi, pur per la gran voglia ch'avea di ritrovare le sue cose, el meglio potè, a tutto s' -iccordò. Il perché parendo a Tommaso oramai di lasciare el prete, quello confortato che si attendessi a governare bene acciò fussi presto libero di questa sì subita e improvisa malattia, et ricordatoli che ordinassi bene che ciena per la sera, se ne tornò a casa dove trovò el Bodolina e Piero Tanaldi che avevano ordinato uno grosso desinare di polli e paperi pur di quelli del prete. A' quali Tommaso narrò come el loro messer lavacieci si avea dato a intendere per la farinata trovata d'avere un gran male, et disse loro ciò che avca ragionato con lui e di quanto era rimasto d'accordo. ll perché insieme compostosi quanto sopracciò aveano a ^are, venuta la sera
Tominaso da loro partitosi se n'andò a casa messer lo prete, e trovatolo ancora nel letto lo domandò coni' egli si sentiva. A cui rispose el prete: io credo pure per la grazia di Dio che pre-to sarò libero, imperò che l'uscita non m'a dipoi menato, ma pure io mi sento ancora un poco deboletto. A cui Tommaso, acostandosi e toccandoli el polso come se fussi un gran fisico, disse: ciertamente, messer mio, io vel dico colle lacrime insù gli occhi, voi avete un gran male, e non siate netto di febbre, il perché io vi saprei confortare affare qualche dieta e cominciarla quanto più presto meglio. E però e' sarà buon che voi stiate stasera sanza cena, imperò che a colesti mali che vengono dal capo, el fare un poco di dieta è stato spesse volte molto salutifero. El prete avendo si trista novella si credette certamente essere a cattivo termine, et però disse: Tommaso mio caro, governatemi voi pur eh' io guarisca presto, ch' io vi prometto come io sarò sano che noi cieneremo insieme delle volte da dieci in su. Cotesto voglio che noi facciamo a ogni modo, disse Tommaso; e lasciato el prete riposare, se n'andò a ciena col chcrico ch' aveva molto bene provisto, facciendo prima spillare quante botti n' era et attaccandosi al migliore. E dipoi cienato di gran vantaggio tornò a rivedere el suo mes
sere mestola, et dopo alquanti ragionamenti anti con lui del modo avea a tenere colli ladri, lasciatolo solo se n' andò a dormire col cherico. Piero Tanaldi et il Bodolina circa a mezza notte, come erano composti, vennono a casa el prete vestiti con camicioni bianchi et alie e capelliere a uso d'agnioli, et con una libra di moccoli di ciera attaccati sopra a l' alie et in mano e intorno di loro, et quelli acciesi e con uno grande lume in mano entrorono in camera del gran canonista, e pian piano con soavi passi s'accostorono al letto suo e dolciemente cantando dicievano: chi vuole venire nel regnio di Dio entri nel sacco mio, e sempre canterà come canto io. Messer pastinaca che pure allora cominciava a sonneferare, imperò che ancora in quella notte punto non aveva potuto dormire, forse per la passione aveva che'l cherico dormissi con Tommaso, o forse perché non avea cienato la sera, o forse per la maninconia avea del gran male si stimava avere, desiosi a queste voci, fu tutto stupefatto sulla prima vista di costoro. Dipoi guslato le parole del loro canto, ebbe per fermo d'essere morto della malattia del dì dinanzi, e che gli angioli fussino venuti per portamelo in cielo. Il perché, senza altro dire, subito saltò nel sacco; ma venneli fallito il di.egnio, imperò che come fu nel sacco, il Bodolina cocominciò a gridare: noi t'abbiamo pure preso traditore, che ci ai costretti tante volte con tue malie e incanti a venirti a rubare che pare che tu non abbi altra faccienda che ogni notte farci molestare da' diavoli, e non ci lasciare mai dormire né riposare. Ma io ti giuro che tu ne porterai le pene, imperò che noi ti portereno cosi legato in questo sacco all'Arcivescovo, e conteremli questa e dell'altre disonestà che tu fai; che non ci è femina in questo popolo che tu non abbi fatto richiedere di giostra. Tu non credi ch'elli pi sappia quello che tu ai voluto far fare a Mona Tessa mia, et poi le chiedi non so che danari, che non so come io mi tenga che io nonne faccia ora le vendette colle mia mani, scielerato sanza faccia. E facciendo vista di volerli dare, Piero Tanaldi dimostrando di tenerlo, diceva: deh nonli dare, meniamlo pure all'Arcivescovo, che lo tratterà bene come e' merita. El prete tutto imbalordito per lo sì subito mutamento di cose, non si stimando più d'essere morto né di dovere andare in cielo, li pareva essere in uno nuovo mondo et non sapeva che si dire né che si fare. Ma conosciendo lui alla voce Tommaso e il cherico ch' erano tratti al gran romore che costoro facievano, e che Tommaso con parole sopra mano minacciava forte li dua giovani, a quello si cominciò a raccomandare pregandolo per Dio e per la Crocie ch' elli lo traessi delle mani di costoro. E loro da altra parte facciendo sembianti di volernelo pure portare, tirando il sacco ora in qua ora in là, lo percoteano per quante panche e casse erano nella camera. Et finalmente dopo lungo dibattimento, inanzi che 'l prete uscissi dal sacco, per mezzo di Tommaso, rimasono i patti che li giovani rendessino el cavallo e che 'l prete faciessi fine a Mona Tessa di ciò ch'elli aveva avere da lei, e alti giovani lasciassi i polli e paperi e la camicia et obligassesi loro di nonli molestare mai più con incanti di farli rubare cosa alcuna. E di tutto per l'una parte e per l'altra di consentimento del prete e de'giovani entrò mallevadore Tommaso. E fatto questo accordo, sciolsono el prete; e fatto venire el cavallo, innanzi partissino di quivi, el prete di sua mano fece fine a Mona Tessa e per sua scripta s'obbligò alli dua garzoni di mai più nonli offendere nò con malie né con incanti. E cosi per la sagacilà e astuzie di Tommaso e delli due giovani fu libera la buona donna dal debito de' dieci fiorini et dalla sconcia importunità del prete alle sue spese et a suo malgrado.
 
minciò a gridare: noi t'abbiamo pure preso traditore, che ci ai costretti tante volte con tue malie e incanti a venirti a rubare che pare che tu non abbi altra faccienda che ogni notte farci molestare da' diavoli, e non ci lasciare mai dormire né riposare. Ma io ti giuro che tu ne porterai le pene, imperò che noi ti portereno cosi legato in questo sacco all'Arcivescovo, e conteremli questa e dell'altre disonestà che tu fai; che non ci è femina in questo popolo che tu non abbi fatto richiedere di giostra. Tu non credi ch'elli pi sappia quello che tu ai voluto far fare a Mona Tessa mia, et poi le chiedi non so che danari, che non so come io mi tenga che io nonne faccia ora le vendette colle mia mani, scielerato sanza faccia. E facciendo vista di volerli dare, Piero Tanaldi dimostrando di tenerlo, diceva: deh nonli dare, meniamlo pure all'Arcivescovo, che lo tratterà bene come e' merita. El prete tutto imbalordito per lo sì subito mutamento di cose, non si stimando più d'essere morto né di dovere andare in cielo, li pareva essere in uno nuovo mondo et non sapeva che si dire né che si fare. Ma conosciendo lui alla voce Tommaso e il cherico ch' erano tratti al gran romore che costoro facievano, e che Tommaso con parole sopra mano minacciava forte li dua giovani, a quello si cominciò a raccomandare pregandolo per Dio e per la Crocie ch' elli lo traessi delle inani* di costoro. E loro da altra parte facciendo sembianti di volernelo pure portare, tirando il sacco ora in qua ora in là, lo percoteano per quante panche e casse erano nella camera. Et finalmente dopo lungo dibattimento, inanzi che 'l prete uscissi dal sacco, per mezzo di Tommaso, rimasono i patti che li giovani rendessino el cavallo e che 'l prete faciessi fine a Mona Tessa di ciò ch'elli aveva avere da lei, e alti giovani lasciassi i polli e paperi e la camicia et obligassesi loro di nonli molestare mai più con incanti di farli rubare cosa alcuna. E di tutto per l'una parte e per l'altra di consentimento del prete e de'giovani entrò mallevadore Tommaso. E fatto questo accordo, sciolsono el prete; e fatto venire el cavallo, innanzi partissino di quivi, el prete di sua mano fece fine a Mona Tessa e per sua scripta s'obbligò alli dua garzoni di mai più nonli offendere nò con malie né con incanti. E cosi per la sagacilà e astuzie di Tommaso e dclli due giovani fu libera la buona donna dal debito de' dieci fiorini et dalla sconcia importunità del prete alle sue spese et a suo malgrado.
FATTA DA MARABOTTINO MASSETTIMANETTI E DIRITTA A LORENZO DI PIERO FRANCESCO DE MEDICI.