Pagina:I promessi sposi (1840).djvu/782: differenze tra le versioni
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proposizione che il {{AutoreCitato|Pietro Verri|Verri}} traduce così: “in materia di tortura e d’indizi, non potendosi prescrivere una norma certa, tutto si rimette all’arbitrio del giudice.<ref>{{AutoreCitato|Pietro Verri|Verri}}, loc. cit. — Clar. loc. cit. 13.</ref>” La contradizione sarebbe troppo strana; e lo sarebbe di più, se è possibile, con quello che l’autor medesimo dice altrove: “benchè il giudice abbia l’arbitrio, deve però stare al diritto comune.... e badino bene gli ufiziali della giustizia, di non andar avanti tanto allegramente (''ne nimis animose procedant''), con questo pretesto dell’arbitrio<ref>Ibid., Quaest. XXXI, 9.</ref>.” |
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Cosa intese dunque, con quelle parole: ''remittitur arbitrio judicis'', che il |
Cosa intese dunque, con quelle parole: ''remittitur arbitrio judicis'', che il Verri traduce: “tutto si rimette all’arbitrio del giudice?” |
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comune: ''Doctores communiter dicunt quod in hoc'' (quali siano gl’indizi sufficienti alla tortura) ''non potest dari certa doctrina, sed relinquitur'' |
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⚫ | Intese.... Ma che dico? e perchè cercare in questo un’opinion particolare del {{AutoreCitato|Giulio Claro|Claro}}? Quella proposizione, egli non faceva altro che ripeterla, giacchè era, per dir così, proverbiale tra gl’interpreti; e già due secoli prima, {{AutoreCitato|Bartolo da Sassoferrato|Bartolo}} la ripeteva anche lui, come sentenza comune: ''Doctores communiter dicunt quod in hoc'' (quali siano gl’indizi sufficienti alla tortura) ''non potest dari certa doctrina, sed relinquitur'' |