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proposizione che il Verri traduce così: “in materia di tortura e d’indizi, non potendosi prescrivere una norma certa, tutto si rimette all’arbitrio del giudice.1” La contradizione sarebbe troppo strana; e lo sarebbe di più, se è possibile, con quello che l’autor medesimo dice altrove: “benchè il giudice abbia l’arbitrio, deve però stare al diritto comune.... e badino bene gli ufiziali della giustizia, di non andar avanti tanto allegramente (ne nimis animose procedant), con questo pretesto dell’arbitrio2.”

Cosa intese dunque, con quelle parole: remittitur arbitrio judicis, che il Verri traduce: “tutto si rimette all’arbitrio del giudice?”



Intese.... Ma che dico? e perchè cercare in questo un’opinion particolare del Claro? Quella proposizione, egli non faceva altro che ripeterla, giacchè era, per dir così, proverbiale tra gl’interpreti; e già due secoli prima, Bartolo la ripeteva anche lui, come sentenza comune: Doctores communiter dicunt quod in hoc (quali siano gl’indizi sufficienti alla tortura) non potest dari certa doctrina, sed relinquitur

  1. Verri, loc. cit. — Clar. loc. cit. 13.
  2. Ibid., Quaest. XXXI, 9.