Pagina:Zibaldone di pensieri II.djvu/101: differenze tra le versioni

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<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|605}}-->meno forniti: come dunque la sostanza dell’anima è per natura, uguale tutta quanta?
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Ma queste sono facoltà, non parti dell’anima. 1°, L’anima stessa non ci è nota, se non come una facoltà. 2°, se l’anima è perfettamente semplice, e, per maniera di dire, in ciascheduna parte uguale alle altre parti, e a tutta se stessa, come può perdere una facoltà, una proprietà, conservando un’altra e continuando ad essere? Come può accader questo, se noi pretendiamo, ''cum simplex animi natura esset, neque haberet in se quidquam admixtum dispar sui atque dissimile, non posse eum dividi: quod si non possit, non posse interire?'' {{Sc|({{AutoreCitato|Marco Tullio Cicerone|Cicerone}}}} ''Cato maior seu de senectute'' c. 21, fine, ''ex {{AutoreCitato|Platone|Platone}}'' ). Vedi p. {{ZbLink|629}}. capoverso 2.
Ma queste sono facoltà, non parti dell’anima. 1°, L’anima stessa non ci è nota se non come una facoltà; 2°, se l’anima è perfettamente semplice e, per maniera di dire, in ciascheduna parte uguale alle altre parti e a tutta se stessa, come può perdere una facoltà, una proprietà, conservando un’altra e continuando ad essere? Come può accader questo, se noi pretendiamo, ''cum simplex animi natura esset neque haberet in se quidquam admixtum dispar sui atque dissimile, non posse eum dividi: quod si non possit, non posse interire?'' {{Sc|({{AutoreCitato|Marco Tullio Cicerone|Cicerone}}}}, ''Cato maior seu de senectute,'' c. 21, fine, ''ex {{AutoreCitato|Platone|Platone}}'' ). Vedi p. {{ZbLink|629}}, capoverso 2.


Insomma, fuori della espressa volontà e {{SAL|101|3|Alex brollo}}<section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|606}} forza di un padrone dell’esistenza, non c’é ragione veruna perché l’anima, o qualunque altra cosa, supposta anche e non ostante l’immaterialità, debba essere immortale; non potendo noi discorrere in nessun modo della natura di quegli esseri che non possiamo concepire; e non avendo nessun possibile fondamento per attribuire ad un essere posto fuori della materia una proprietà piuttosto che un’altra, una maniera di esistere, la semplicità o la composizione, l’incorruttibilità o la corruttibilità (4 febbraio 1821).
Insomma, fuori della espressa volontà e <section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|606}} forza di un padrone dell’esistenza, non c’è ragione veruna perché l’anima, o qualunque altra cosa, supposta anche e non ostante l’immaterialità, debba essere immortale; non potendo noi discorrere in nessun modo della natura di quegli esseri che non possiamo concepire, e non avendo nessun possibile fondamento per attribuire ad un essere posto fuori della materia una proprietà piuttosto che un’altra, una maniera di esistere, la semplicità o la composizione, l’incorruttibilità o la corruttibilità (4 febbraio 1821).




{{ZbPensiero|606/1}} ''Cum proelium inibitis,'' (moneo vos ut) ''memineritis vos divitias, decus, gloriam, praeterea libertatem atque patriam in dextris vestris portare.'' Parole che {{AutoreCitato|Gaio Sallustio Crispo|Sallustio}} (''Bellum Catilinarium'', c. 58 al 61) mette in bocca a Catilina nell’esortazione ai soldati prima della battaglia. Osservate la differenza dei tempi. Questa è quella figura rettorica che chiamano ''Gradazione''. Volendo andar sempre crescendo, Sallustio mette prima le ricchezze, poi l’onore, poi la gloria, poi la libertà, {{SAL|101|3|Alex brollo}}<section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|607}} e finalmente la patria, come la somma e la piú cara di tutte le cose. Oggidí, volendo esortare un’armata in simili{{SAL|101|3|Alex brollo}}<section end=3 />
{{ZbPensiero|606/1}} ''Cum proelium inibitis'' (moneo vos ut) ''memineritis vos divitias, decus, gloriam, praeterea libertatem atque patriam in dextris vestris portare.'' Parole che {{AutoreCitato|Gaio Sallustio Crispo|Sallustio}} (''Bellum Catilinarium'', c. 58 al 61) mette in bocca a Catilina nell’esortazione ai soldati prima della battaglia. Osservate la differenza dei tempi. Questa è quella figura rettorica che chiamano ''Gradazione''. Volendo andar sempre crescendo, Sallustio mette prima le ricchezze, poi l’onore, poi la gloria, poi la libertà <section end=2 /><section begin=3 />{{ZbPagina|607}} e finalmente la patria, come la somma e la piú cara di tutte le cose. Oggidí, volendo esortare un’armata in simili<section end=3 />