Sorella di Messalina/Parte seconda/VIII
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VIII.
Un giorno di febbraio Alberto ricevette dal paesello sul Veronese dove viveva la sua famiglia — il padre medico condotto, la madre mite e semplice massaia, e Betty, la sorellina, soave fiore diciottenne — un telegramma. Betty era ammalata.
Egli si precipitò da Raimonda: la baciò, l’abbracciò, ascoltò distratto le sue parole di rammarico, e partì per San Vincenzo col cuore angosciato.
La sorellina guarì quasi subito: ed egli dopo pochi giorni fece ritorno in città.
Passò nello studio in corso Cairoli a prendere la sua esigua e poco interessante corrispondenza, indi si recò subito da Raimonda.
Non c’era. Era partita.
— Partita!
La cameriera, magra e maliziosa, non sapeva dove fosse andata. La cuoca, grassa ed intontita, non sapeva quando sarebbe tornata.
Alberto rientrò nel suo studio di cupo umore.
Passarono tre giorni, tre giorni di tormento e d’ansia per il giovane; indi Raimonda ritornò.
Era pallida e sciupata. Spiegò ad Alberto ch’era stata da una parente inferma, a Recoaro, e che non aveva mai dormito.
— Ho passato delle notti infernali, — disse sbadigliando, e togliendosi la pelliccia di cincillà, magnifico indumento che Alberto non le conosceva; — ...delle notti infernali!
Si mise a letto subito e dormì fino al meriggio dell’indomani.
Quando rivide Alberto volle sapere tutti i particolari della malattia di Betty; ciò che non lasciò a lui il tempo di informarsi sui particolari dell’infermità della parente di Recoaro.