Sermoni (Chiabrera)/XIX
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XIX
AL SIG. GIO. FRANCESCO GIUSTINIANI
Io d’altro certo non saprei far preghi,
Salvo gli desse Dio tanto di senno,
Che bastasse a goder le sue venture.
Cantano le donzelle di Parnaso,
5Che già nell’antichissime giornate
Effigiò di fango Prometeo
A giovinetto, che di nobil sangue
E materno e paterno in patria franca
Sorger veggiamo al mondo; il cui lignaggio
10Di desiati titoli risplende,
Ed in Roma per porpora fiammeggia;
Che pregheremo, o Gian Francesco? E quali
Per sua felicità faremo voti?
Un’immagine d’uomo, ed indi ascese
15Negli alti Regni, e del celeste lume
Portò quaggiuso una facella accesa.
Con quel celeste fuoco egli diè vita
Alla figura d’impastato limo,
E l’Uomo diventò Signor del mondo.
20Ora mi volgo a te, come a fanciullo,
E spongo il senso de’ Febei secreti.
Quella fiamma superna è l’intelletto,
E l’umana ragion: chi la nutrica
Per queste basse vie, giammai non erra;
25D’uomo terra divien, divien sozzura
Chi tenebrar la lascia, e chi la spegne,
Dunque per tempo attentamente attendi
A farti chiaro con sì bella luce:
Primieramente il Creatore adora
30Con puro core, e la sua legge adempi;
Siati il nome paterno in riverenza,
E la Patria mai sempre ama, e difendi;
L’oro non disprezzar, ma sopra l’oro
Il vero onore, e la virtude apprezza.
35Così crescendo sorgerai, qual suole
Lungo limpido rio caro arboscello,
Di cui foglia non casca, e finalmente
Carco di frutti per ciascun s’ammira.