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IV.

Calunnie.


Togliamo dall’Eco della Verità, giornale dell’Illustre Desanctis:

Ci scrivono da Mantova che un cotal prete professore Ardigò si fa lecito in pubblica scuola calunniarci davanti a’ suoi discepoli. Ci si assicura che abbia detto: «In Roma la casa del signor Luigi Desanctis era una casa... egli bazzicava tutte le donne, e finalmente Sua Santità pensò bene scacciarlo vergognosamente da Roma».

Ogni pazienza ha il suo limite: abbiamo sofferto per venti anni le calunnie degli sciocchi; 1. perchè sicuri mila nostra coscienza ce ne ridevamo; 2. perchè conosciutissimi in Roma sapevamo che cotali calunnie ricadevano sopra i calunniatori; 3. perchè se scacciati da Roma come discoli, avremmo dovuto continuare con più libertà nella vita irregolare; eppure in venti anni, nessuno ha osato accusarci di immoralità. Ma ora non siamo più disposti a sopportare cotali calunnie.

Nel 1865 nel nostro libro intitolato Roma papale, pag. 249, rispondemmo così al P. Perrone che ci calunniava: «Sappia il P. Perrone che non ho risposto perchè non lo curo e perchè le sue ingiurie mi onorano: chi mi conosce in Roma e fuori sa che sono calunniato. Del resto [p. 63 modifica]ho nelle mani più di cento documenti originali per ricacciare in gola al gesuita le sue calunnie: documenti che mostrano quale è sempre stata la mia condotta in Roma».

In quanto alla prima calunnia del prete Ardigò, sappia il poco reverendo calunniatore, che il sig. Luigi Desanctis ha sempre abitato una casa religiosa di stretta clausura: quindi se essa era una casa... la calunnia ricadrebbe su quei santi religiosi, che ancora la abitano, che pure sono amici del sig. Ardigò.

Se la condotta del Desanctis fosse stata immorale, come per più di dieci anni, fino al giorno di sua partenza, è stato onorato dal cardinal Patrizi vicario del Papa delle missioni le più delicate? Si può dire che non vi è stato monastero di monache in Roma, comprese le cappuccine e le sepolte vive, nel quale egli non sia stato mandato dal cardinal Patrizi come predicatore di quaresimali, di avventi, di esercizi spirituali, di prediche domenicali, ecc., non sia stato mandato come confessore ordinario o straordinario, ecc. Quando Pio IX, nel dicembre 1846, ordinò le missioni in Roma, il Desanctis fu uno dei principali predicatori. Nel 1847 fu destinato dal cardinale Patrizi a dare gli esercizi spirituali a’ militari, a dare i catechismi in una delle principali chiese di Roma, a predicare la quaresima ad uno de’ principali monasteri di monache. Domandiamo al prete calunniatore: si danno cotali incombenze ad un prete immorale, la cui casa è...?

Risponderà forse che la di lui immoralità non era conosciuta; ma quando fu conosciuta fu scacciato da Roma. Ma se la sua casa era... se egli bazzicava tutte le donne, come non era conosciuto? Egli fu cacciato da Roma? Ma egli conserva ancora il suo passaporto libero firmato dal cardinale Ferretti allora segretario di Stato: ha la lettera commendatizia del cardinal vicario, rilasciatagli sulla sua domanda di assentarsi per alcuni giorni da Roma, nella quale è detto (apra bene le orecchie, prete Ardigò): Te voti compotem facientes (veda che la commendatizia è rilasciata sulla mia domanda di partire, è un permesso [p. 64 modifica]accordato, non un’espulsione vergognosa) locorum Ordinariis, ad quos declinare contigerit, maximopere commendamus (veda quanto è vero che fui vergognosamente scacciato!), ut Te benigne excipiant, ad Sacrum peragendum admittant, in cunctis faveant ac tueantur.

Il Desanctis partì da Roma il 12 settembre 1847; giunto in Ancona si presentò a quel Vescovo e senza nessuna osservazione, ottenne immediatamente il celebret, del quale però non si servì, ma lo ha. Se tutto ciò non bastasse, il Desanctis ha una lettera di tre pagine, tutta scritta di proprio pugno dal Cardinal Ferretti, Segretario di Stato, in data 22 ottobre 1847, cioè 40 giorni dopo che era partito da Roma, nella quale quel Cardinale lo chiama mio caro De Sanctis, e dopo una calorosa esortazione a tornare a Roma (e voi dite che ne era stato vergognosamente scacciato!), dice: «Io le scrivo ispirato dal Padre comune dei Fedeli, dal nostro Angelo di Dio in terra, dal suo e mio Pio IX, e non ho mai più volontieri ubbidito ai suoi comandi che in questa occasione, in cui mi ha ordinato d’invitarla a ritornare subito e con coraggio tra le sue braccia... dia anche a me, al Cardinal Patrizi, alla Parrocchia a Roma la grande consolazione (è il Cardinale che sottolinea) di un favorevole riscontro che io smanio a questo mio foglio. Se le occorrono mezzi non ha che a presentarsi al console pontificio di Malta ecc. L’abbraccio, alzo gli occhi al cielo, prego, sospiro e spero. Suo di cuore

L'affezionatissimo
Gabriele Card. Ferretti


Si scrive così da un cardinale segretario di Stato ad un pretaccio immorale scacciato vergognosamente da Roma? A voi forse il Cardinale Antonelli non scriverebbe così. Ricordatevi, signor prete professore, che il calunniatore è un vile, un infame: e questo per ora vi basti.

(Dal n. 218, martedì 6 agosto 1867, della Favilla).