Scritti editi e postumi/Lettere/Lettera XXII
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XXII.
- A.***
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Scriverò al Sig. G.*** quanto mi accenni dell’imbroglio B.*** E dalle meschine turpitudini degli umani interessi ascendendo alla solennità del dolore, ti dirò, che del tuo povero Nonno non ho saputo mai nulla. Io son qua dimenticato, come persona già andata al suo destino. Gli uomini badano ai fatti loro, e non li posso biasimare. Nondimeno, se mi fosse stato semplicemente annunziato, che il tuo Nonno era morto, io non mi sarei riscosso per questo, anzi avrei detto fra me: – era tempo che riposasse; – perchè era stanco, e aspettava, e spesso desiderava di riposare. Dico così, perchè egli spesso mi diceva così, e a quell’età non ci è interesse a mentire. Ora però, che tutto è finito, che la carne è morta e impassibile, e che lo spirito è in salvo, dico la verità, duolmi più di voi, che di lui; perchè la morte è come la bevanda amara; – passata la gola non è più altro. Spero però, che il tempo mitigherà il dolore, che la sua morte ha lasciato negli animi vostri, e che da ultimo resterà in voi sola e perenne la fragranza della sua dolce memoria. E credo fermamente, che non ci sia bisogno di pregare per lui, perchè il suo petto racchiudeva tutto quel fiore di bontà, che può germogliare su questa misera terra. E così io pregherò l’anima di quel giusto, perchè preghi Dio prima per voi e poi per me. Altro non posso fare. Addio.
- Carrara, 21 Ottobre 1841.
Carlo Bini.