Sciotel/Parte Prima/Capitolo Primo
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PARTE PRIMA
Capitolo Primo
Sommario. — 1. Avvertenza. — 2. Sciotel; confini, clima, temperatura. — 3. Natura del territorio e prodotti agricoli. — 4. Tabacco e cotone. — 5. Alberi fruttiferi, ed ortaggi. — 6. Parere del Franzoi, del Prof. O. Beccari, e splendidi effetti ottenuti dai coloni.
1. A chi per studio, o soltanto per diletto, ha seguito con attenzione tutto ciò che, dal 1850 in qua, si è scritto intorno all’Africa, ed ai numerosi tentativi di fondare ivi colonie o semplici fattorie commerciali, non riuscirà certamente del tutto nuovo quanto esporrò nel presente opuscolo. Poichè egli non può ignorare come nel 1865 Haylù, principe degli Amasen, concesse allo italiano Giovanni Stella, padre Lazzarista, un territorio detto Sciotel, sito nella provincia dei Bogos in Abissinia. Come pure non può ignorare che la colonia italiana, ivi fondata da Stella, Zucchi, Bonichi ed altri nostri concittadini, finì miseramente nel 1872, per la cessione di detto territorio Sciotel, fatta dal Bonichi, ultimo colono, al Munzinger, governatore egiziano di Massaua.
Ora io mi trovo in possesso di due fascicoli di documenti coi quali si può dimostrare che quella cessione è di niuno effetto, e perciò l’Italia di buon dritto può rivendicare a sè Sciotel, regione fertilissima e saluberrima.
Il primo di detti fascicoli contiene, in massima parte, lettere, dal Bonichi a me dirette, nelle quali, oltre le importantissime notizie su Sciotel, vi sono esposte le vere cagioni della fine miseranda della colonia italiana. Il secondo contiene in massima parte la corrispondenza che Elena Petrucci, moglie di Zucchi, venuta in Italia nel 1867, per impetrare lo aiuto del Governo, tenne coi suoi soci di Africa.
Nello scrivere adunque questa relazione non ho in animo di dire delle cose affatto nuove, ma la scrivo col fermo proposito di presentarla al nostro Governo, insieme ai due fascicoli di documenti, affine di convincerlo, e di convincere i miei concittadini, della convenienza e della legalità della rivendicazione di Sciotel.
A me modesto ed oscuro cittadino non è lecito penetrare ne’ misteri della nostra politica Africana, ed indagare i fini, che il Governo nostro si propone di conseguire, nella futura guerra di Africa. Posso però prevedere sin da ora, e credo che ogni uomo di buon senno sia del mio avviso, che si farà o una guerra di conquista, per occupare almeno Keren, o una mera guerra di riscossa.
Nel primo caso mi pare che il mio opuscolo possa riuscire utile, col dimostrare la grande convenienza di occupare Sciotel, che è a sole sei ore da Keren, ed è fertile, ubertoso, salubre, attissimo ad essere colonizzato da italiani.
Nella seconda ipotesi poi credo che il mio lavoro, pei documenti che contiene, debba riuscire ancora più utile; poichè è certo che noi non potremo vivere nello stato di perpetua guerra con gli Abissini, e, presto o tardi, è necessario concordare con essi un modus vivendi. Quindi il nostro Governo, convinto della convenienza di occupare Sciotel, avrà da me i documenti necessari per sostenere i nostri diritti su quella regione innanzi all’Abissinia, che per il trattato di Hewet è sottentrata allo Egitto.
Per me è indifferente che si avveri l’una o l’altra delle due ipotesi; però il mio orgoglio d’italiano mi fa desiderare ardentemente che si avveri la prima anzichè la seconda; ma, ammesso pure che i nostri non occuperanno Keren, se si verrà a patti con l’Abissinia sostenendo i nostri diritti su Sciotel, io sarò pienamente soddisfatto: poichè il presente opuscolo, tutto ciò che ho fatto e quello che sto tuttora facendo, non ha altro scopo se non quello di dimostrare come ho detto innanzi, la convenienza e la legalità della rivendicazione di Sciotel, da me costantemente e per oltre dieci anni propugnata.
2. Non sono in grado di dare le misure precise della latitudine, della longitudine e della superficie di Sciotel; le notizie che intorno ad esso posso fornire, e che ricavo dal volume I.° dei documenti, e dalla relazione che il Bonichi inviava al Governo, sono le seguenti.
Il territorio di Sciotel comprende una vastissima superficie di forma irregolare della estensione di circa 90 miglia quadrate. È al Sud-Ovest di Massaua, all’altezza di 3500 piedi sul livello del mare, e tra i gradi 15,16 e 16 di latitudine, alla distanza di circa 25 o 26 leghe dal porto di Bendal nel mar rosso seguendo la via Keren, Kalamet, la valle della Lebka ed Ain1. E propriamente è tutta quella superficie che, staccandosi dalle falde del monte Zad’ Amba dalla parte di Sud-Est, Sud-Ovest, arriva fino al confine del paese dei Melanzana al Sud-Est; dei Gambalesi, o paese incognito, al Sud; del territorio dei Beni-Amer al Sud-Ovest Nord-Ovest2. Il clima è dolce, è più temperato di quello di alcuni punti della nostra Italia, poichè la temperatura per 10 mesi si conserva costantemente fra 26 e 27°, e solo nei mesi di Dicembre e Gennaio scende sino a 16°. Vi sono molte sorgenti di acqua potabile, una delle quali, ricca, perenne ed inesauribile si trova nella località che gli Italiani aveano scelto come sede della Colonia3.
3. Una metà del territorio di Sciotel si compone di estesissime pianure e di colline con dolcissimo declivio, tutte coltivabili; l’altra metà di catene montagnose, con qualche monte isolato più o meno elevato; quasi tutti sono coperti di boschi e di alberi di alto fusto, come l’Adansonia digitata gigantesca (boabab) tamarischi, sicomori, tigli, alberi di gomma, e due specie di quell’albero da cui si trae il così detto balsamo della Mecca4.
Le fertilissime terre, oltre i cereali del paese, cioè le varie specie di Dura, ed il lino, il sesamo ed altri semi oleosi; producono maravigliosamente il maiz, le patate, i legumi, in particolar modo i faggiuoli, molte specie di ortaggi europei, che si possono avere di continuo durante tutto l’anno, come, con ottima riuscita, hanno esperimentato i coloni italiani.
Mi basti il dire, per far comprendere la importanza e la fertilità somma di quelle terre, che ogni litro di seme produce sessanta e anche ottanta litri di frutto! siccome riferisce il Bonichi; ma il Pantanelli, scrivendo ad Elena Petrucci, asserisce che il vescovo abissino Emmetù gli avea detto che il granone e la dura fruttano sino a 120 e 1405.
Le coltivazioni poi certamente più proficue per la colonia e per la Madre patria, sono quelle dell’indaco, e del caffè, che, come egregiamente osserva un illustre scrittore, con poche operazioni di pulitura, ci viene oggi gabellato come Moka.
4. E le coltivazioni che più rispondono agli onesti desideri dello agricoltore, ricompensando ad usura il sudore che egli sparge, sono quelle del tabacco e del cotone.
Il tabacco si pianta in Giugno, e si ottengono tre raccolte in Settembre, Ottobre e Novembre; e con pochissima spesa, poichè non occorre irrigazione artificiale, essendo ad esso sufficienti le piogge: si può vendere sul luogo ai mercanti indigeni, e a prezzi vantaggiosissimi.
Il cotone comincia a dare abbondante frutto dopo 4 mesi, vive quattro anni, è rivestito di fiori, quasi tutto l’anno; di guisa che tutti i giorni, durante i quattro anni, si fa raccolta copiosa. Anche il cotone si può vendere agli indigeni a prezzi convenientissimi.
5. Debbo in ultimo aggiungere che, come mi assicurava il Bonichi col vivo della voce ed anche per lettera, vegetano bene e producono gustosissime frutta tutte le specie di alberi fruttiferi europei e tutte le specie di erbaggi ortensi; il P. Stella ha anche introdotto il fico d’India, che ha superato ogni sua aspettativa6.
L’importanza di questa notizia, che forse pare di nessuno interesse, possono comprenderla soltanto coloro che, come me, vissero lungamente in Oriente, e sanno quanto si soffre per la mancanza di frutta europee.
6. Del resto non vi è persona che, avendo visitata quella regione, non ne abbia riconosciuto la grande fertilità. Mi piace tra gli altri citare il Franzoi ed il Prof. Edoardo Beccari.
Il Franzoi, in una lettera pubblicata nel Roma del 27 Giugno 1887 e a me diretta, benchè per ragioni politiche pare sia contrario al mio progetto, pure non può fare a meno di dichiarare «da quanto nella vostra lettera mi dite posso già fin d’ora apprezzare l’obbiettivo che ispira i vostri studii. Conosco Keren e Sciotel, le terre delle quali parlate, ed esse mi sembrano più adatte per la loro ubertà, ad accogliere generosamente gli sforzi dei nostri volenterosi.»
Ed il Beccari, in una lettera privata, mi dice che per il momento non saprebbe consigliare una spedizione a Sciotel, che è in potere degli Abissini (solo un pazzo potrebbe consigliarla); e propone invece gli altipiani di Maldi a noi più vicini ed anche fertilissimi.
Ecco parte della lettera:
Non saprei in questo momento incoraggiare dei tentativi di colonizzazione a Sciotel che rimane chiuso da tutte le parti. Gli altipiani di Maldi, sulla via corta fra Massaua e Keren, sarebbero molto migliori ed eccellenti sopra tutto per la coltivazione del Caffè.
Debbo in ultimo aggiungere che i nostri, in meno di 2 mesi, aveano coltivato circa 45 ettari di terreno, e, alla fine dei due mesi, le piante ortalizie erano già in frutto; il tabacco ed il cotone erano in lussureggiante vegetazione. Dal che si deve arguire che quei terreni vergini, per quanto sono facili ad essere coltivati, per altrettanto sono ubertosi e rimuneratori.