Satira e antisatira/Antisatira/Al lettore
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Antisatira - Al lettore
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LETTORE
N
ON mai, ò di rado, ò pur fuori di tempo, i curiosi componimenti degl’ingegni moderni capitano alle prigioni feminili, ond’è avenuto, che ’l Lusso Donnesco Satira del signor Francesco Buoninsegni, già cinque anni sono dato alla luce delle stampe, solo à giorni passati mi sia arrivato alle mani, resomi da alcune Gentildonne, ch’instantissimamente mi pregarono à servirle della risposta. Io come Donna, che per genio, e per debito nutrisco altri pensieri nel capo, che risponder’à satire, ò à componimenti profani, negai con la maggior resistenza possibile di farlo, oltre, che ritennemi il dubbio, ò per dir meglio la certezza di dover incontrar nella derisione degli huomini, per haver ritardato un Lustro intiero la risposta. Ma, che? Bisognò infine, ch’io mi dessi pur vinta, e incontrassi con l’esecutione i prieghi di chi dovea, e potea commandarmi, non ostante, che la mia mortificatione fosse grande. Così ottenuto quasi, che inviolabil giuramento di queste Illustrissime Signore, che mai non havrian lasciata capitar sotto gli occhi di veruno del sesso maschile la presente mia compositione, fui necessitata à gettarmi dietro le spalle ogni rispetto, e rincorar me stessa con quel detto comune, e volgatissimo, più tosto tardi, che mai. M’acerto, che alcuni huomini non potranno, se non mendacemente, dire, ch’io formi un Lusso virile, ò una Contrasatira, per isdegnosa vendetta, mentre vivo lontana da servirmi di quelle pianelle, di quei lisci, e di quegli abbigliamenti, che vengono da questo degno Scrittore, più con sentimento appassionato, che con sincera verità, detestati, e biasimati nelle donne. O se tutti considerassero à quei travi, che portano negli occhi, non additerrebbero con biasimi, e disprezzi la festuca in quelli del loro fratello. Voglio inferire, che se questo bell’ingegno si fosse senza partialità, e con indifferenza applicato à rimirare i superflui adornamenti, non meno del virile, che del feminil sesso, non si sarebbe dato à far apparir numerosi i piccioli errori d’una parte, e à diminuire i gravissimi eccessi dell’altra. Sò, ò lettore, che sei gentile, e ornato d’intelletto, che sà conoscere, distinguere, riffiutare, e comprobare, e perciò pregoti, se sei huomo, à non interpretar sinistramente, se t’avenissi in qualche senso, ch’havesse troppo del libero. Sappi, ch’io stò, come si suol dire, sul pontiglio di rispondere, che se bene la Divina legge ordina al buon Christiano, che ricevuta una guanciata, offerisca la gota non offesa alla seconda percossa, ad ogni modo in qual si sia occorrenza, è sempre attion biasimevole l’esser primo ad offendere. Se ’l Signor Buoninsegni si sentirà pungere, essendo Gentilhuomo prudentissimo, non doverebbe sdegnarsene, sapendo, che ’l motivo viene da lui, ne potrà giamai credere, ch’io parli con livore per offenderlo, ma ben sì con verità per diffendere il mio sesso à torto oltraggiato dalla sua penna, per altro celebratissima. Et io prima di rispondergli, gli ne chiedo perdono, così meritando le sue dignissime conditioni. Con prudenza grande gli Egittij per geroglifico dell’invidia espossero la coturnice uccello, c’ha per istinto naturale d’all’hor, che s’aviene à bevere di qualche acqua limpida, e pura adoprar ogni forza col rostro, e co i piedi per intorbidarla acciò gli altri uccelli sian privi di gustarla. Così apunto questo Signore, doppo haver abbeverato l’intelletto suo alla chiarissima fonte del merito delle donne, e conosciute le pure, e candide lor qualità, acciò che sia tolto agli altri huomini il disetarsi la mente nella consideratione d’onde cosi limpide, hà col rostro della lingua acuito, e con piedi interessati concetti procurato di contaminare la purità delle prerogative loro. Tù non ascoltare i di lui detti, ne credere, ch’io trasportata dalla forza d’alcun’interesse, ò passione mi sia data à rispondergli. T’è noto, che i commandi de’ Grandi ponno il tutto. Assicurati inoltre, che non professo altro sdegno contro gli huomini, che quello, che m’è stato svegliato nell’animo dall’haver letto nella Sacra Scrittura, che delle prime parole, ch’uscirono dalla bocca al primo di loro, benche poc’anzi fosse stato creato dalla mano di Dio, furono in accusa della Donna. Da questo successo, argomento ciò, che si possa credere degli altri, che del rimanente (lodata pure la misericordiosa, e giustissima volontà divina) non mi trovo in istato di praticarli, ò d’isperimentare le loro malvagità. Molte cose mi sono state insegnate dalle relationi dell’innumerabili tradite, assassinate, mal compatite, abbandonate, e posso dir annegate invece di maritate. Gli scrittori antichi, benche fossero huomini, ne lasciarono, anch’essi vivacissimi esempi, et hora le mie proprie orecchie, dalla bocca stessa di queste infelici legate in nodo di matrimonio, sentono le querelle, e doglienze delle crudeltà, estorsioni, tirannie, impietà, et infedeltà de’ scelerati mariti, le quali impietosirebbero l’Inferno. Ti prometto dunque, se le mie gravi indispositioni lo permetteranno, di edificare in breve sù i fondamenti delle rifferitemi infelicità di queste misere, il Purgatorio delle malmaritate, già, ch’ hò fornito l’Inferno monacale. Se frà tanto udissi mormorar di me, difendi la giustitia della mia causa, ch’oltre, che farai ciò, che devi, non te ne mancherà premio in Cielo da Dio.