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VI. La villeggiatura: perchè ci si va?

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VI. La villeggiatura: perchè ci si va?
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VI. La villeggiatura: perché ci si va?

In fondo; questo affare della villeggiatura, come tante altre cose della vita, è tutta una questione d’imitazione, di preconcetto, di amor proprio: non è quasi mai una questione di iniziativa, di indipendenza, di vera necessità. La Tale dice di voler partire, perché si è giunti alla metà di luglio, non per altro: e, subito un seguito di signore si decide a partire, perché la prima lo ha detto. Il Tale Altro dice di dover partire, perché lo aspettano nel suo collegio elettorale, o nelle sue terre, o perché ella lo aspetta altrove: e, subito subito, un seguito di signori, amici e conoscenti, inventa qualche ragione impellente, per doversene andare al più presto. La Tale signora dichiara di sospendere ogni visita da fare o da ricevere, proclama che ella ha fatto togliere i tappeti, covrire i mobili con le fodere, voltare i quadri contro il muro, e conservare i bibelots nelle vetrine, perché così le è piaciuto, perché ella ha avuto il preconcetto della liberazione: e, immediatamente, tutte le altre case, di amiche e di conoscenti, sono in rivoluzione, coi mobili in aria e i libri per terra. Chi oserà mai disporre della propria volontà, in questo problema della villeggiatura? Chi avrà il coraggio di partire, quando gli piace, di andare dove gli conviene, di trattenersi quanto tempo vuole, di ritornare presto, di ritornare tardi, di non fare i bagni, o di non fare la cura climatica, di fare, infine, il proprio comodo? Chi, chi mai avrà il coraggio di non partire, se ciò non gli accomoda? O, almeno, chi avrà il [p. 109 modifica]coraggio di dichiarare, restando, di restare? Chi rinuncierà alla ipocrisia di questa finta partenza? Solo, qualche progresso, da qualche anno a questa parte, si vede, nelle grandi città, in fatto di sincerità, d’iniziativa, di libertà, per questo affare della villeggiatura: vi è già un grande, grandissimo gruppo di gente, che crede fermamente alla bontà dell’estate, in città, fra il luglio e l’agosto: vi è chi crede esser meglio fare, a Napoli, i bagni di mare, non incomodandosi ad andare sovra un’altra spiaggia, o di passare a Roma, a Villa Borghese, l’estate restando nel proprio paese, che e sempre più bello degli altri, restando nella propria casa che e sempre più comoda delle altre: vi è chi crede di non dover spendere troppo denaro, di non doversi stancare, affaticare, annoiare, andando altrove, in un posto qualunque, ahi, molto qualunque! Sicché, una gran folla va via, non per idea propria, non per proprio desiderio, ma per fare quello che gli altri fanno: un altra folla, meno grande, resta in città, beandosi delle serate fresche e delle notti profonde di beltà. E l’una che resta, dice male, molto male, dell’altra che è partita, l’altra, di lontano, critica quella che è rimasta...

— Ma con quale denaro è mai andata via, la Tale. Non col suo!

.....

— Che miserabili avari, i Tai dei Tali, che sono in città, a crepare!