Saggio meteorologico/Parte prima/03

Parte prima - III. Del Moto diurno della Terra, e suoi effetti

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Parte prima - III. Del Moto diurno della Terra, e suoi effetti
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ARTICOLO III.

Del Moto diurno della Terra, e suoi effetti.

C
Hiunque difficilmente può indursi a concepir il moto della Terra, come probabilmente saranno tutti i popolari, può sorpassare i tre articoli seguenti. Poichè se bene il moto diurno ed annuo della terra sia un principio attivo anche delle: mutazioni de’ tempi, non è se non un principio generale e rimoto. I riflessi quivi azzardati si dirigono, e si assoggettano ai Fisici, e alla classe de’ Dotti.

Quantunque per ispiegare i fenomeni del moto diurno, come il nascere, il tramontare degli Astri, la loro apparente elevazione e depressione, i passaggi per certi circoli, ed altri, che consistono solamente in un cambiamento di sito, venga ad esser lo stesso, o che tutto il Cielo cogli Astri faccia il giro in 24 ore intorno la terra da Levante a Ponente, o la Terra stessa, stando quieto il Cielo, si rivolga intorno il suo asse alla parte opposta; e perciò nell’Astronomia Sferica destinata unicamente a spiegare questi Fenomeni, si assume come ipotesi indifferente il moto del Cielo, per essere l’apparenza che ferisce gli occhi; non è però lo stesso quando si tratta di effetti fisici e reali. Poichè certamente altra è la condizione dei corpi terreni, se sieno in una perfetta quiete; altra se sieno girati e vibrati di doppio moto, intorno l’asse, ed intorno il Sole, con una velocità, che supera di gran lunga la velocità d’una palla di cannone.

Ora questo doppio moto della Terra, al giorno d’oggi, è talmente provato, che la ragione non lo può assolutamente rifiutare, nè alcun Fisico rischiarato, per quanto volesse esser dubitativo, e sospeso ne’ suoi giudizj, potrebbe sottrarsi dal confessarlo. Il moto diurno è dimostrato ad evidenza dalla figura sferoidica e gonfia della Terra, e dalla diminuzione di gravità verso il suo mezzo o l’Equatore, l’una e l’altra prodotta dalla maggior forza centrifuga, proveniente dalla maggiore velocità de’ corpi percorrenti in egual tempo cerchi maggiori: diminuzione manifestata dal ritardo de’ penduli. Il moto annuo poi è stabilito dalla perfetta somiglian[p. 20 modifica]za della Terra cogli altri Pianeti, dal suo sito, dalle accelerazioni, retrogradazioni, stazioni, e avvicinamenti de’ Pianeti, cose ragionevolmente, anzi pur sofferibilmente inesplicabili in altro sistema. In una parola è questo Globo nostro uno dei sei Pianeti di questo vortice solare. Guida il Sole, vasto globo, col girare sopra se stesso, questo stuolo di globi minori, posti a varie distanze; ed o sia colla sferza de’ suoi raggi, o colle briglie (per dir così) di forte attrazione, o colla vibrazione dell’etere, li contiene e muove nelle proprie orbite, ciascuno in tempi proporzionati; e i Pianeti, mentre girano così intorno al Sole, quasi palle obliquamente gittate sopra un liscio pavimento, secondo la primitiva velocità loro impressa, intorno il proprio asse si rivolgono.

Tale è la condizione della Terra nostra, la quale, come Venere, come Marte, come Giove, si converte intorno il Sole in quel tempo, che chiamiamo Anno, e simultaneamente si volta intorno il suo asse, facendo una rotazione intiera in quel tempo, che chiamiamo Giorno. E da questi due moti, non percepiti da noi, perchè naviganti con tranquillo e pacato corso in solidissimo e vasto naviglio, nascono i due apparenti moti, e il diurno del Sole con tutto il Cielo, e l’annuo del Sole sotto il Zodiaco; come a chi naviga tranquillamente sembrano le spiagge muoversi all’opposta plaga.

Se bene poi questi due moti nella Terra, è in tutte le parti della medesima, sieno confusi in uno; si possono non ostante per maggior intelligenza considerare quasi separati. Parliamo dunque prima del Moto Diurno.

La circonferenza dell’Equatore Terrestre, per le recenti misure degli Astronomi, contiene miglia geografiche 21600, di 953 toése, o pertiche di Parigi, per uno. I cerchi paralleli dell’Equatore vanno degradando con proporzione nota verso il Polo; sicchè il nostro parallelo, per esempio, a gradi di altezza di Polo, conterrà poco più di due terzi della detta lunghezza, o sia 15000 miglia incirca. Dunque in tempo di 24 ore facendo ogni punto della superfizie della Terra il suo proprio cerchio, ognuno di noi nel detto spazio di tempo corre 15000 miglia, ed un corpo sotto l’Equatore 21600. Un globo di cannone dei più veloci, e cacciato con la maggior forza, per esperienze fatte in Francia e in Inghilterra, scorre tre leghe al più in un minuto d’ora. Supponiamo queste leghe delle grandi, da tre miglia l’una: scorrerà la palla di cannone 9 miglia in un minuto, e seguitandosi a muovere con egual velocità, 540 miglia in un’ora, e 12960 in 24 ore. Perciò la velocità con cui si muove un corpo sotto l’Equatore, per il solo moto diurno, supera quasi del doppio la velocità del Globo più veloce di un cannone. Molto maggiore è la velocità del moto annuo, come si mostrerà; ma siamo ora nel moto diurno.

A questo moto della Terra da Ponente in Levante viene da alcuni Fisici attribuito il vento perpetuo della Zona Torrida, di cui si parlò qui sopra, congiunto forse con qualche moto del mare; a cagione dell’inerzia, e di una spezie di ritrosia nell’aria nel concepire il moto del Globo. [p. 21 modifica]Ma si riconosce ormai, che già da secoli tutta l’Atmosfera deve aver concepito questo moto comune. Tuttavia potrebbe ancora qualche parte di questo vento ripetersi dal ritardo prodotto collo sfregamento dell’aria nell’etere superiore.1. E chi sa, che tale sfregamento non possa insieme eccitare, almeno in parte, l’elettricismo aereo, il quale da alcuni altri (Acta Lipsiæ 1762) vien dedotto dalla frizione, che patiscono i raggi solari nel tragittare l’etere, e l’aria?

Parlando poi del moto diurno, considerando la velocità mirabile, con cui sono rapite le masse fluide, e solide componenti il Globo terrestre, spezialmente verso la superfizie, e un poco lungi dai Poli: riflettendo al conato di recedere e sfuggire per la tangente, che quindi debbono concepire, ad onta della gravità che le tiene unite; se alcuno quindi volesse ripetere l’origine di grandissime mutazioni, che si fanno sopra e dentro terra, sarebbe egli tanto assurdo e mal fondato? Da questa vibrazione non debbono le parti meno coerenti sbattersi in certa guisa, polverizzarsi, e distaccate scagliarsi dai recettacoli interni, ai più esterni, e finalmente nell’Atmosfera?

Se anche tutti gli accennati sbilanci nelle parti del globo fossero prevenuti dall’esser gia da secoli affettate dallo stesso moto comune, il quale per altro non toglie, ma genera il conato centrifugo; almeno è da pensare, che essendo il corpo della Terra, comunque sodo ed unito, tuttavia perforato da pori, interstizj, e meati, per lo più irregolari, a guisa di un cribro, o piuttosto di un favo di api, o nido d’insetti; diffondendosi per tutti i globi mondani l’etere, benchè sottilissimo e mobilissimo, tuttavia corporeo e pieno; nel rotarsi che fanno le parti tutte della Terra, non debbe egli farsi un perpetuo urto e sfregamento delle parti rotanti fluide o solide, nelle parti immobili dell’Etere, non participanti del moto comune, o animate di moti diversi? E non deve nascere un non so che di simile, come se una ruota solida, scabra, o piena di meati irregolari, si girasse velocemente dentro dell’aqua stagnante? E questa perpetuo urto e sfregamento, oltre il perpetuo trituramento, e polverio, che produrrebbe in tutte le parti del Globo, con esaltazione delle più sottili, non potrebbe egli essere l’istromento dell’elettricismo terrestre, e [p. 22 modifica]quindi dell’atmosferico, l’uno e l’altro generatore di tutte le grandi, piccole, placide, e tumultuose meteore, e dentro il Globo come i terremoti, e spezialmente quivi alto nell’Atmasiera? Certo lo strofinamento de’ corpi è quello che eccita l’elettricità, e forse non altro: e qual altro sfregamento costante e valido, produttore del perpetuo elettricismo dalla terra trasmesso all’aria, puossi immaginare fuori del moto del globo stesso? Certamente oltre il calore del Sole, che in vero molto promove l’evaporazione dei fluidi, e l’esalazione de’ solidi verso la superfizie, qualche altra origine si deve ammettere delle espirazioni continue, o particolari, che vengono dall’intimo della terra, e che non cessano nella notte, e nei tempi più freddi dell’anno. Il calore del Sole non penetra sotto la superfizie più di tre o quattro piedi, come provano le grotte artifiziali, ove si conserva il ghiaccio e la neve per tutto l’anno. Vorremo noi supporre la Terra uno sinisurato animale, il quale colla circolazione dell’acqua e d’altri fluidi per gl’interni canali, per le voragini assorbenti, e vomenti, imiti la circolazione del sangue per le arterie, e per le vene, e soffra ancora una spezie di sudore e di traspirazione, or più or meno copiosa, di vapori umidi, e di aliti pingui o secchi? Allora diremo insieme, che le catene delle rupi sono le sue ossa, le varie terre la carne, le selve e l’altre piante i suoi peli, il mare il suo stomaco, e i terremoti le sue febbri, come qualche autore seriamente scrisse. V. Wernischek Physica Astrorum. Cap. IV.

Lasciando le ciance, conviene bensì riconoscer ancora una forza attiva, un vigore naturale, un principio agente in molti elementi, o corpi composti del Globo, particolarmente il flogistico, e il fuoco, per quanto pare diffuso da per tutto, e il cui calore s’incontra internandosi nella terra più a dentro di 40 in 50 piedi. Ma per destare questi spiriti, questi principj attivi ad agitarsi, mescolarsi, a fermentare, a produrre espulsioni continue, o espulsioni intermittenti, come nei terremoti, e nelle eruzioni de’ Vulcani, per eccitare lo stesso fuoco stagnante, non si ricerca un somite particolare, un principio che lo determini, che scuota le sue prigioni, che a poco a poco lo sviluppi? Dove trovare questo principio di agitazione fuori della vibrazione continua, che dà alle parti del Globo la conversione diurna, e le varie scosse che ne succedono?

Nel Pianeta di Giove: scoprì il Cassini, e dimostrano tutto dì le osservazioni degli Astronomi, grandissime mutazioni nelle Fascie, e nelle Macchie di cui abbonda; parendo come che ivi vaste riviere, e mari smisurati, rompano di tratto in tratto le loro rive, cambino letto, inondino regioni immense, lasciandone altre all’asciutto, con molte altre varie rivoluzioni. Or a tante sovversioni, le quali devono essere grandissime, e terribili per potersi da sì lontano discernere, si può congetturare che vada quel Pianeta soggetto, oltre altre cause, anche per la sua grandezza; mentre il suo diametro eccedendo 11 volte quello della Terra, 11 volte maggiore sarebbe la velocità nella sua superficie, se il suo moto diurno fosse di 24 ore come il nostro; ma inoltre cresce di più del doppio, perchè la diurna rotazione di Giove si compie in meno di 10 ore. [p. 23 modifica]

All’opposto la Luna, che gira intorno il suo asse una sola volta in un mese, e perciò è lentissima, sebbene così da vicino contemplata non ci mostra veruna sensibile mutazione nè di superfizie, nè di Atmosfera2.

Note

  1. Oltre ciò, che si è detto sul fine dell’Articolo precedente, il Sig. Giorgio Hallejo (Trans. A. 1735 n. 436) in altra maniera ingegnosa cerca di mostrare, che senza il moto diurno della Terra da Occidente in Oriente non vi sarebbe il vento perpetuo della Zona Torrida, è ragiona così: Per il calore del Sole, che dirada l’aria dentro i Tropici, non vi sarebbe se non un Vento di Nord, e di Sud; di qua dalla Linea Nord-ovest la Mattina, Nord-est la sera: di là dalla linea S-O, e S-E. Ma posto il moto della Terra, e combinato colla rarefazione dell’aria per il calor del Sole, devono nascere i venti Alisei, che si osservano, per esempio il Nord-est presso il nostro Tropico. Poichè la circonferenza del Tropico sta a quella dell’Equatore, come 91:100 incirca. Di tanto dunque è mossa meno velocemente l’aria sotto il Tropico la quale per esser insieme più densa si precipita verso l’Equatore. Ivi dunque deve restare a dietro, e così produrre il Vento verso Ponente. Il Vento d’Ovest fuori de’ Tropici egualmente si spiega: Poichè l’aria diradata sotto l’Equatore, ove è animata da maggior velocità per il moto comune, fi spande per disopra ai lati per occupare il luogo abbandonato dall’aria bassa oltre i Tropici corsa all’Equatote; avendo poi prima maggior velocità, questa conservando, forma il Vento di Ponente.
  2. il Sig. Co. di Buffon, nell’ingegnosa, ed abbagliante sua ipotesi, ripete i visibili sconvoglimenti di Giove dal non esseri ancora quel vasto pianeta ben assodato, nè estinta per anche l’originale sua incandescenza, essendo come gli altri pianeti uno squarcio di Sole strappato via da una Cometa: all’opposto, il picciol Corpo della Luna trovasi da secoli gelato, e perciò senza meteore, senza animali, nè vegetabili.