Rivista di Scienza - Vol. I/Sulla trasmissibilità dei caratteri acquisiti
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La centro-epigenesi di E. Rignano.
Qualunque ipotesi esplicativa dell’eredità deve necessariamente implicare un’ipotesi esplicativa del meccanismo di costruzione del nuovo individuo, poichè il meccanismo con cui un dato carattere, sia pure acquisito, si trasmette ai discendenti viene attivato insieme e per mezzo del meccanismo con cui il discendente si forma da una particella dell’organismo materno. Per tale ragione il Rignano elabora prima di tutto una teoria esplicativa dello sviluppo ontogenetico.
Le teorie dello sviluppo si possono raggruppare in due categorie principali, le quali da più di un secolo, assumendo delle forme sempre nuove, si contendono il campo: sono le teorie preformistiche e le teorie epigenetiche. Il preformismo considera lo sviluppo ontogenetico come uno svolgimento, come un’attivazione di germi determinati esistenti nell’uovo, e corrispondenti ai singoli organi o ai singoli caratteri, in altri termini come un rendersi palese di ciò che, sia pure in germe, sta già nell’uovo. L’epigenesi considera lo sviluppo come una seria di trasformazioni successive della sostanza dell’uovo che si manifestano con formazioni organiche ex-novo, determinate dalle condizioni esterne, incessantemente nuove, che hanno luogo durante lo sviluppo e che si succedono in ordine determinato. Secondo la maggior parte delle teorie preformistiche le cause produttrici di ciò che vi ha di specifico nella differenziazione di una data parte del corpo risiedono in questa medesima parte, e il processo relativo sarebbe un processo di autodifferenziazione; secondo le teorie epigenetiche invece l’ontogenesi si produce per via di differenziazioni correlative, dipendenti da cause che risiedono al di fuori della parte che si differenzia. Il cap. IV dei libro, che forse è il più notevole di tutti, è consacrato a dimostrare che l’epigenesi semplice è direttamente e decisamente negata da tutta una serie di esperienze e di fatti bene assodati, e che d’altra parte qualunque ipotesi preformista viene ad essere contradetta da altri fatti non meno sicuri. Lo sviluppo non è epigenetico; non è neppure predeterminato.
Ciò indica forse che il problema, ristretto a quell’alternativa, è male posto e che la via vera da battere è un’altra. Sebbene a questo punto il pensiero dell’A. non sia molto esplicito, credo potere asserire che per Rignano il modo di uscire dall’alternativa è quello di fondere i due punti di vista e di considerare lo sviluppo come epigenetico e preformistico al tempo stesso.
Ma come operare questa conciliazione? Quali proprietà deve godere la sostanza germinale perchè sia possibile tale conciliazione?
Che la sostanza germinale sia costituita da una sostanza omogenea è inammissibile perchè urterebbe per non dire altro coi fatti di eredità parziale (particulate inheritance) che han servito sovente di punto di partenza alle ipotesi dei germi preformistici; la sostanza germinale deve essere costituita di parti etorogenee. Ma è ugualmente inammissibile ammettere che essa sia costituita da un insieme di germi preformistici, delegato ciascuno ad una parte del corpo, perchè si «arriverebbe a questa assurdità che non solamente ogni cellula, come l’ammetteva già la pangenesi di Darwin, ma fino ad ogni molecola dell’organismo dovrebbe avere il suo rappresentante nel plasma germinativo». I costituenti della sostanza germinale non devono dunque rappresentare determinate parti o determinati caratteri.
Escluse le teorie chimiche dello sviluppo, la cui incapacità a spiegare molti fatti dell’ontogenesi e dell’eredità è dimostrata assai bene dal Rignano in altra parte del libro1 non rimane altra via che considerare i costituenti della sostanza germinale come dei sistemi dinamici relativamente indipendenti gli uni dagli altri e precisamente dei sistemi potenziali specifici, così come tutto l’uovo nel suo complesso è un sistema potenziale. Dall’attivazione di determinati elementi potenziali specifici dipenderebbero determinati processi morfogenetici e tutto quanto lo sviluppo ontogenetico dipenderebbe dall’attivazione successiva degli clementi potenziali costituenti il plasma germinativo. Per l’attivazione di ciascuno di questi elementi s’irradia, per così dire, in tutto il corpo dell’embrione un’azione specifica che serve di stimolo alle varie parti e le determina a reagire in maniera parimenti specifica. Queste reazioni sarebbero ora processi di moltiplicazione cellulare, ora cambiamenti di forma e di posizione, di chimismo e di struttura delle cellule così originate. Con l’attivarsi successivo di varii elementi avremo una specificazione crescente delle singole cellule. «Quest’attivazione successiva per ordine seriale di energie specifiche rimaste fino ad un certo momento allo stato potenziale implica che ogni attivazione immediatamente antecedente sia di per sè capace di produrre le condizioni ambientali necessarie e sufficienti per la liberazione dell’energia specifica potenziale immediatamente successiva» e di questa sola, ad esclusione delle altre che devono perciò attendere la loro volta.
Questa è l’idea capitale della teoria, al cui sviluppo l’Autore consacra i primi quattro capitoli del suo libro.
Si comprende perchè il Rignano abbia chiamato la sua ipotesi col nome di epigenesi: perchè la causa del differenziarsi delle singole parti starebbe fuori di ognuna di queste parti, starebbe solo in una zona centrale contenente quei tali elementi potenziali, esterna a tutte le parti che variano. L’elemento preformistico starebbe poi nascosto nella prima metà della parola centro-epigenesi.
Sebbene il Rignano abbia giudicato assai severamente i germi preformistici, ognuno vede come egli sia rimasto in gran parte, forse a sua insaputa, sul medesimo terreno. Anzi la parte preformistica del suo sistema prepondera sull’altra. Anche qui i costituenti della sostanza germinale rappresentano qualche cosa, non già dei caratteri o delle parti materiali dell’organismo adulto, ma dei processi, dei processi che una volta ebbero luogo negli antenati, e che si ripeteranno or ora nel corso dello sviluppo del nuovo organismo; anche qui essi sono particelle rappresentative sui generis. Bisogna inoltre osservare che siccome a questi singoli processi morfogenetici corrisponde evidentemente un dato modo di essere e dei caratteri determinati dell’embrione ad un determinato stadio, ne viene di conseguenza che se uno di quei tali elementi potenziali del plasma non rappresenta una data parte del corpo, rappresenta però indirettamente, pel tramite dei processi specifici da esso iniziati, tutti quei caratteri che contraddistinguono l’embrione ad un momento dato del suo sviluppo e che sono dipendenti da quei processi specifici messi in azione dal liberarsi dell’energia potenziale dell’elemento medesimo. Il sistema del Rignano impropriamente è stato dunque battezzato come epigenesi. Essenzialmente è un preformismo, poichè gli elementi preformistici che esso ammette determinano la qualità, l’intensità, la localizzazione, e la successione di tutti i processi morfogenetici epigenetici. Se stesse a me di battezzarlo chiamerei questo sistema col nome di centro-preformismo2.
L’idea fondamentale dell’ipotesi, di far dipendere tutte le modificazioni che han luogo ad un dato stadio nell’embrione da elementi centrali che attivano la propria energia è un’idea che mi sembra originale, suggestiva e soprattutto suscettibile di esser saggiata por via sperimentale. Non dico con ciò che sia vera. Già non è stretto dovere delle ipotesi di essere vere; basta che servino a qualche cosa in un dato momento della ricerca.
Non posso qui seguire il Rignano in tutti gli sviluppi, e applicazioni, ch’egli ha dato alla ipotesi della centro-epigenesi.
Un punto sul quale debbo però fermarmi per la comprensione di quel che segue, riguarda la natura degli stimoli formativi, ossia di quelle azioni a distanza esercitate dalla zona centrale sulla parte formata. Il Rignano le chiama senz’altro azioni di natura nervosa. Ora questa denominazione era da giustificare. Si crederebbe dapprima che il Rignano intendesse dare una nuova definizione più larga del concetto di nervoso, nel quale poi avrebbe fatto rientrare le azioni nervose nel senso comune della parola, ma poi si comprende com’egli ritenga senz’altro identici stimoli morfogenetici e nervosi. Invano si cercherebbe poi nel libro un solo tentativo di definire il concetto di azione nervosa, così che egli a seconda delle occasioni e dei bisogni della teoria vi fa rientrare tacitamente i fenomeni più disparati, senza accorgersi che usa le parole in un significato arbitrario. Con queste restrizioni, mi servirò anch’io della parola nervoso in ciò che segue e che si riferisce alla spiegazione della trasmissibilità dei caratteri acquisiti mediante la centro-epigenesi. E lasciamo senz’altro la parola all’Autore:
«Col cessare della attivazione di sempre nuovi elementi potenziali specifici, cesserà l’azione perturbatrice della zona centrale sull’equilibrio dinamico di ciascun stadio ontogenetico. L’organismo raggiungerti in tal modo l’equilibrio definitivo dello stato adulto. Senonchè, come nuova causa perturbatrice, potrà ora sostituirsi lo stimolo funzionale nel senso suo più lato, con tutte le sue possibili infinite variazioni.
«Nella stessa guisa che, prima, l’azione perturbatrice della zona centrale interveniva a rompere l’equilibrio appena formatosi, e promuoveva in tal modo il passaggio ad uno stadio ontogenetico successivo, così, ora, ciascun cambiamento duraturo dello stimolo funzionale, col disturbare l’equilibrio dinamico dello stato adulto, verrà parimenti a provocare una distribuzione nervosa generale diversa.
Per ciascuna cellula dell’intero organismo o di date porzioni dell’organismo, passerà, di conseguenza, un flusso nervoso, specificamente diverso da quello di prima, e specificamente diverso da una cellula all’altra.
In ciascun nucleo di queste cellule verrà perciò a formarsi e a deporsi un elemento potenziale specifico particolare, in aggiunta agli elementi già esistenti. Senonchè, tutti questi elementi, tanto i nuovi che i vecchi, depostisi nei nuclei somatici, andranno perduti con la morte dell’individuo; e non si sottrarranno a tale distruzione che quelli depositatisi nella sostanza germinale della zona centrale e quindi anche delle cellule sessuali»3.
È qui il luogo di dire che il Rignano distingue una zona germinale effettiva che è la zona centrale, e una zona germinale apparente che sarebbe costituita dalle cellule sessuali; e che anche la sostanza delle cellule sessuali del nuovo organismo mercè un trasporto naturale vero e proprio o per gli impulsi provenienti dalla zona centrale, verrebbe ad acquistare le proprietà medesime della sostanza costituente questa zona.
Se completiamo ora il concetto di elemento potenziale specifico col concetto di accumulatore nervoso specifico elementare e ammettiamo inoltre che questo accumulatore di cui si è arricchita la sostanza germinale per effetto dello stimolo funzionale, possa scaricarsi poi durante l’ontogenesi successiva e dare una corrente nervosa della medesima specificità di quella che l’ha fatto nascere, avremo la chiave per spiegare l’ereditarietà dei caratteri acquisiti.
Questa ipotesi, anzi questa doppia ipotesi «d’un accumulatore nervoso formato e deposto dalla medesima corrente specifica che esso potrà in seguito restituire» è il nocciolo di tutta la spiegazione. Possiamo perciò fare a meno di seguire l’A. nello svolgimento della medesima, la quale per quanto semplice e ingegnosa non è però che una spiegazione apparente perchè, come ha già notato Le Dantec4, il Rignano, per spiegare la riversibilità del rapporto tra le modificazioni del soma e quelle della sostanza germinale, che ne derivano, non fa altro che immaginare la riversibilità di un rapporto perfettamente analogo tra una corrente nervosa specifica (modificazione del soma) e un accumulatore nervoso specifico (modificazione della sostanza germinale). La spiegazione presuppone dunque già come reale quello stesso processo di cui essa era destinata a mostrare la possibilità, simile in questo a molte delle teorie dell’eredità fin qui escogitate.
Per concludere, se il sistema ideato dal Rignano nel suo insieme, e nella sua forma attuale, si presta, secondo me, a molte critiche, l’idea fondamentale dell’ipotesi centro-epigenetica per sè stessa, in quanto si riferisce unicamente allo sviluppo individuale potrebbe essere vitale, e cioè servire di punto di partenza a nuove ricerche o a più adeguate ipotesi. Ma anche per altri versi questo libro merita di essere segnalato. Anzitutto esso rappresenta uno dei più poderosi sforzi che abbia fatto l’Italia per abbracciare in una sintesi i disparati fenomeni della vita; e inoltre, scaturito da una mente originale, che guarda spesso i fatti da un punto di vista nuovo e con occhio sorpreso, il libro riesce pieno di vita e suggestivo in sommo grado. Ognuno, ma specialmente chi vive in questo ordine di problemi, non può non averne incitamenti e stimoli.