Rime varie (Alfieri, 1912)/XI. Meraviglie prodotte dall'apparire della sua donna

XI. Meraviglie prodotte dall'apparire della sua donna

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XI. Meraviglie prodotte dall'apparire della sua donna
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XI [xxix].1

Meraviglie prodotte dall’apparire della sua donna.

Che fia? mi par che in ciel il Sol sfavilli
Oltre l’usato assai; l’aer piú sereno,
Di mille odor soavemente pieno,
4Par che ambrosia celeste in cor mi stilli.
Di tuo proprio splendor cosí non brilli,
Natura, mai; né credo il bel terreno
Sacro a Venere avesse il dí sí ameno,
8L’aure sí dolci, i venti sí tranquilli.2
Or veggio, or veggio alta cagion, che muove
A pompeggiare3 ogni creata cosa
11Fogge vestendo alme, leggiadre e nuove.
Di sua magion, qual mattutina rosa,
Spunta colei che può far forza4 a Giove,
14E si avanza ver me tutta amorosa.


Note

  1. Questo bel sonetto, che fu composto il 9 febbraio del 1778 a Firenze, è senza dubbio di imitazione petrarchesca; ma il Petrarca è imitato piú nello spirito che nella espressione, o meglio, son tanti i luoghi ov’egli descrive i meravigliosi effetti prodotti sulla circostante natura dell’apparire della sua donna, che riesce impossibile dire se l’A. ne abbia imitato uno piuttosto che un altro.
  2. 6-8. Si diceva che Venere, emersa dal mare, avesse posto piede in Cipro; onde il suo nome di Ciprigna.
  3. 10. A pompeggiare, a far pompa di sé, a mostrarsi in tutta la sua bellezza, ma questo verbo è piú frequentemente usato nella forma riflessiva.
  4. 13. Far forza, piegare ai proprii voleri, ed è espressione cara al nostro Poeta.