Rime varie (Alfieri, 1912)/CLXXV. Ancóra, leggendo l'Iliade

CLXXV. Ancóra, leggendo l'Iliade

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CLXXV. Ancóra, leggendo l'Iliade
CLXXIV. Alla Poesia CLXXVI. Non può frenarsi dallo scrivere

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CLXXV.1

Ancóra, leggendo l’Iliade.

Favola fosse, o storia, o allegoria,2
La ferita di Venere che espresse
L’alto cantor che il gran poema intesse,
4 (Dirlo ardisco) in altrui stolta saria.
Tidíde, invaso di ferocia ria,
L’asta vilmente a imbelle colpo eresse;

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E acuto ferro in quella mano impresse,
8 Che pietosa un suo figlio allor copría!
Non eroe, non guerrier, non uomo egli era,
Poiché al vederla non gli cadde a terra
11 E l’occhio e il volto3 e l’asta e l’ira fera.
Tai nomi in se Ciprigna ivi rinserra,
(Dea, madre, donna, e in venustà primiera)4
14 Che non potria né un tigre a lei far guerra.


Note

  1. Nel ms: «14 gennaio, lungo le mura».
  2. 1-8. L’episodio, a cui allude l’A. è nel libro V, 334 e segg. dell’Iliade: cito, al solito, il testo e la trad. del Monti:
    Ἀλλ’ ὅτε δή ῥ’ ἐκίχανε πολὺν καθ’ ὅμιλον ὀπάζων,
    ἔνθ’ ἐπορεξάμενος μεγαθύμου Τυδέος υἱὸς,
    ἄκρην οὔτασε χεῖρα μετάλμενος ὀξέϊ δουρὶ
    ἀθληχρήν· εἶθαρ δὲ δόρυ χροὸς ἀντετόρησεν,
    ἀμβροσίου διὰ πέπλου, ὅν οἱ Χάριτες κάμον αὐταί
    πρυμνὸν ὕπερ θέναρος. Ῥέε δ’ἄμβροτον αἷμα θεοῖο,
    ἰχώρ, οἷός πέρ τε ῥέει μακάρεσσι θεοῖσιν·
    οὐ γὰρ σῖτον ἔδουσ’, οὐ πίνουσ’ αἴθοπα οἶνον·
    τοὔνεκ’ ἀναίμονές εἰσι καὶ ἀθάνατοι καλέονται.
    δὲ μέγα ἰάχουσα ἀπὸ ἕο κάββαλεν υἱόν·

    Poiché raggiunta per la folta ei [Diomede] l’ebbe
    Abbassò l’asta il fiero, e coll’acuto
    Ferro l’assalse, e della man gentile
    Gli estremi le sfiorò verso il confine
    Della palma. Forò l’asta la cute
    Rotto il peplo odoroso, a lei tessuto
    Dalle Grazie, e fluí dalla ferita
    L’icóre della Dea, sangue immortale,
    Qual corre de’ Beati entro le vene;
    Ch’essi, né frutto cereal gustando,
    Né rubicondo vino, esangui sono
    E quindi han nome d’Immortali. Al colpo
    Died’ella un forte grido e dalle braccia
    Depose il figlio.
    Espresse, cantò, celebrò. — Eresse, volse. — Il figlio che Venere proteggeva era Enea, assalito da Diomede.
  3. 11. L’occhio e il vòlto dovean cader a terra al Teide come ad eroe, l’asta come a guerriero, l’ira fera come ad uomo.
  4. 13. Analogamente il Manzoni nel Nome di Maria:
    O Vergine, o Signora, o tutta santa,
    Che bei nomi ti serba ogni loquela!