Rime di Argia Sbolenfi/Libro secondo/Al mio destriero

Al mio destriero

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AL MIO DESTRIERO




ODE


Non la criniera lucida, poi che non la possiedi,
ma il ventre di majolica e i quattro eburnei piedi
                                   3concedimi, o corsier;
fammi inforcar la candida tua groppa e su gli arcioni
starò, superba amazzone, senz’armi e senza sproni
                                   6o ausilio di scudier,

chè tu, gentil quadrupede, non scalpiti con l’ugna
quando la groppa docile porgi a l’usata spugna
                                   9e a ’l salubre sapon,
ma su le zampe, immobile e mansueto, aspetti
d’acque lustrali il tepido lavacro e i larghi getti
                                   12de l’industre sifon.

Te cavalcando, visito tutto de’ sogni il regno,
ed un poledro rapido, non un caval di legno,
                                   15allor tu sei per me,
e ne ’l sognar mio bellico, un capitan mi sento:
le schiere mie galoppano con le bandiere a ’l vento
                                   18ne ’l conspetto del Re.

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Savoia! e i prodi, memori de la fortezza antica,
freno non dànno a l’impeto e già l’oste nimica
                                   21le terga a noi voltò.
Che val se, a ’l campo reduce, scendo di sella esangue,
se da uno squarcio orribile veggo fuggirmi il sangue?...
                                   24La palma a noi restò!

Le schiere avverse fuggono, ma tu fuggir non sai
e sovra al piè di mogano solennemente stai
                                   27fermo, senza fiatar...
Ma i sogni, ahimè, svaniscono. Cessata è la battaglia,
L’ora de ’l pranzo è prossima; datemi la tovaglia
                                   30chè mi voglio asciugar.