Rime (Tassoni)/Per Marcantonio ed Ascanio Colonna
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Vivo fonte beato | In morte di Filippo II | ► |
XVII
Per Marcantonio ed Ascanio Colonna.
Che dirai bella Clio nel dolce canto
se la tua lira d’oro
ricca e gemmata or ne la man ti arreco?
Dirai tu il pregio e il vanto
del grande eroe, che fe’ di sangue moro
e trace e siro e greco
giá di Lepanto il mar gonfio e vermiglio?
O pur la gloria e lo splendor del figlio?
Gemea Nettun sotto l’orribil soma
de le navali squadre
che estinte avean le selve d’Orïente,
quando il folgor di Roma
da l’italico ciel mosse il gran padre;
onde atterrar repente
la reina del mar vide e l’Ibero
l’empio furor de l’ottomano impero.
De l’una e l’altra Esperia al gran valore
fu allora ’l Ionio angusto,
né tutti ricoperse i corpi estinti.
Quivi d’Africa il fiore
cadde, quivi lasciar l’onor vetusto
d’Asia abbattuti e vinti
i regni, e monti alzâr meravigliosi
d’armi e di membra in mezzo i campi ondosi.
Ma i fregi di costui son pregi tuoi,
Calliope canora,
e l’impresa di Marte e di Bellona;
cantiamo dunque or noi
il figlio suo, che Palla e Febo onora,
a cui maggior corona
di quella serba il Vaticano monte
che al padre vittorioso ornò la fronte.
Romano sol, che di splendor contendi
quanto gira la terra
coi chiari rai de la paterna face,
che se rischi tremendi
corse quegli coll’armi invitto in guerra,
tu glorïoso in pace
col consiglio governi e a parte il pondo
sostieni de la Chiesa, anzi del mondo.
Ben vide sul fiorir maturo il senno
di quell’alma il re ispano
e l’additò al gran Sisto e gliel dipinse;
ond’egli a tanto cenno,
gli occhi volgendo al tuo valor sovrano,
il nobil crin ti cinse
d’ostro e provvide con lodato esempio
di sí ferma colonna al divin tempio.
Ma tu mi lasci, o Clio,
onde cede il mio canto al gran disegno
e a soggetto immortal mortale ingegno.