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Rime d'amore

CVIII

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CVIII

Ella si gode la presenza dell’amante.

     Poi che m’ha reso Amor le vive stelle,
che mi guidano al ciel per dritta via,
e ne le molte mie gravi tempeste
m’hanno mai sempre ricondotta in porto
di questo chiaro e fortunato mare,
ch’indarno turban le procelle e i venti;

     udite, benigne aure, amici venti;
e voi, occhi del cielo, ardenti stelle,
mentre qui sovra questo altero mare,
da la mia lunga e faticosa via,
la mercede d’Amor, tornata in porto,
lodo di lui gli strazi e le tempeste.

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     Voi, voci, voi, sospir, voi le tempeste
sète, voi sète i graziosi venti,
che dimostrate poi sí dolce il porto,
quando il sol arde e quando ardon le stelle;
voi sète la sicura e dritta via,
che ci guidate de’ diletti al mare.

     Qual d’eloquenzia fia sí largo mare,
e sí scarco di nubi e di tempeste,
che possa dir senza arrestar fra via,
mentre stan quete le procelle e i venti,
la gioia che mi dan le mie due stelle,
or c’hanno il mio signor ridotto in porto?

     Dolce, sicuro e grazioso porto,
che del mio pianto l’infinito mare
m’hai acquetato al raggio de le stelle,
ch’ovunque splendon fugan le tempeste,
sí ch’io non posso piú temer ch’i venti
turbili sí cara e dilettosa via!

     Menami, Amor, omai per questa via,
fin che quest’alma giunga a l’altro porto,
ch’io non vo’ navigar con altri venti,
né di questo cercar piú largo mare,
né nel viaggio mio vo’ ch’altre stelle
mi sieno scorte, e sgombrin le tempeste.

     Aspre tempeste ed importuni venti
non n’impediran piú del mar la via,
or che le stelle mie m’han mostro il porto.