Rime (Gianni)/Sonetti/Amor, eo chero mia donna in domino
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Sonetti | Rime incertamente attribuite | ► |
XVII.
Amor, eo chero mia donna ’n domino,
l’Arno balsamo fino,
le mure di Firenze inargentate,
le rughe di cristallo lastricate,
5fortezze alte, merlate,
mio fedel fosse ciaschedun latino.
Il mondo ’n pace, securo il cammino;
non mi noccia vicino,
e l’aire temperata verno e state;
10[e] mille donne e donzelle adornate,
sempre d’Amor pressate,
meco cantasser la sera e ’l mattino.
E giardin fruttuosi di gran giro,
con gran uccellagione,
15pien di condotti d’acqua e cacciagione:
bel mi trovassi come fu Absalone.
Sanson[e] pareggiassi e Salomone,
servaggi de barone,
sonar vïole chitarre canzone,
20poscia dover entrar nel ciel empiro.
Giovane sana allegra e secura
22fosse mia vita fin che ’l mondo dura.
Questo sonetto che pubblicò la prima volta l’Allacci (pag. 403) e il Crescimbeni riprodusse nella stessa lez., fu tratto dal Barber. xlv, 47. Fu ancora riprodotto dal Valeriani, Poeti del primo secolo, dal , nello studio che precede le Rime di Folgore da S. Gem. etc. (Bologna, Romagnoli 1880, p. cxiii), e dall’Ercole, Rime di G. Cavalcanti, p. 138, nota. Il Bartoli (Storia, iv, C. i) dubitò che questo son. fosse di Lapo, ma senza alcuna buona ragione, ci pare. Il cod. da cui fu tratto, scritto da un Niccolò del Rosso di Treviso, (cfr. Del Prete, Rime di P. de’ Faytinelli, Bologna, Romagnoli 1876, p. 46, e: E. Monaci, Da Bologna a Palermo, in N. Antol. 1884), presenta una lezione molto intinta di forme venete, che noi togliemmo, riducendole, per quanto fosse possibile, a correzione, non ammodernandone la forma. Forse questo sonetto «è, come tanti altri, rifacimento d’uno strambotto popolare che non arrivò fino a noi» ed è molto simile, per quanto più spiritualmente ideale pei desideri, al son.: Io vorria in mezzo al mare una montagna, edito dal Morpurgo. Cfr.: Vecchio ideale. Frottola e sonetto del secolo XIV. (Nozze Vianini-Tolomei. Firenze, Carnesecchi, 1894.)
Varianti di B. dell’All. del Nav., avvertendo che il Crescimbeni riprodusse interamente la lezione dell’Allacci:
1. Nav. e Val. in, B. e All. en; 4. B. A. ruga; 6. B. A. zaschedun; 7. B. A. paze; 8. B. A. noza; 13. B. A. zardin structuosi di gran giro: (la nostra emendaz. è tutta quanta congetturale): 14. B. A. uccelasone; 15. B. A. plen.... de cacasone; 18. B. A. servagi; Nav. servaggio; 20. B. A. possa; 21. B. A. zovane; segura; 22. Nav. finché ’l.
[Sonetto nè rinterzato nè doppio, perchè ha una costruzione ritmica alquanto diversa dagli esempi che abbiamo di sonetti di simil foggia nella poesia del due e trecento. Lo schema comune del son. doppio e rinterzato, presenta: A 8 e B 4, per le quartine; e per le terzine il son. doppio ha: A 4, e B 4; il rinterzato: A 5 e B 5. Il son. di Lapo non mantiene questo schema, ma aggiunge due versi di coda, in questo modo:
Non conosco nella lirica italiana altri sonetti di simile orditura metrica, che a me pare, oltre che nuova, strana. Nè posso supporre a guasti di lezione, perchè sebbene un sol cod. lo rechi, il Barb. xlv. 47, pure nulla fa supporre che la lezione sia errata. Vedi Biadene, Morfologia del sonetto in Studi di filol. romanza, iv, pagine 48 e 68.]