Rime (Bindo Bonichi)/Avvertenza preliminare

Francesco Zambrini

Avvertenza preliminare ../Epigrafe dedicatoria ../Elogio di Jacopo Ferrari IncludiIntestazione 12 novembre 2021 100% Da definire

Epigrafe dedicatoria Elogio di Jacopo Ferrari
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AVVERTENZA

Una raccolta intera delle Rime edite e inedite di Bindo Bonichi non può se non tornar cara agli amatori dell’antica poesia italiana. Dissi intera per l’intendimento ch’io m’ho di dar luogo nel presente volumetto a tutto quel che del Bonichi si conosce in istampa e ne’ manuscritti. Potrebbe esservene tuttavia fuor della mia conoscenza, quindi ciò vuolsi intendere sanamente. Le Canzoni, che [p. viii modifica]formano la prima parte, furono allestite, già è buon tempo passato (quando le più erano per anco inedite), dall’illustre sig. avv. cav. Jacopo Ferrari da Reggio nell’Emilia, del cui Ms. volle farne gentil presente al suo concittadino ed amico, prof. cav. Prospero Viani, or dimorante in Bologna. Questi ad onorare poscia la memoria di sì benemerito uomo, degnamente ne dettò un elogio, che per condiscendenza sua, avendonelo insieme colle rime ceduto, crediamo pregio dell’opera anteporre al libro. Alle venti Canzoni del Bonichi, di cui una sola restava inedita, segue nella medesima copia un Sonetto d’Anonimo, che, comunque con esse niente [p. ix modifica]abbia a fare, pur volendo servar fedeltà, ci siam tenuti in dovere di non omettere, inserendolo, benchè sgraziato, dopo le note Bibliografiche.

Nella seconda parte si contengono tutti i Sonetti de’ quali alcuni inediti; e cotesti a nostra petizione furono raccolti e ammanniti dall’egregio sig. avv. Pietro Bilancioni, socio della R. Commissione pe’ testi di lingua, profondo investigatore e conoscitore delle poesie italiane dei due primi secoli della nostra letteratura: tutto ciò che a’ medesimi appartiene è fatica pur sua. In fine, per dare come in un fascetto quanto del Bonichi si conosce, ristamperemo le Terzine della felicità del cielo, pubbli[p. x modifica]cate la prima volta dal ch. P. Agostino Morini in Firenze nel 1860, in 16, estratte dallo Zibaldone Andreini, citato dalla Crusca sotto le abbreviature di Zibald. Andr. 38. In questa pubblicazione dunque io non ho preso che la parte del compilatore e del direttore, nè a me spettano che le poche note bibliografiche alle Canzoni. La correzione delle bozze fu affidata alla diligenza dell’egregio sig. Giansante Varrini, pur nostro socio e collega.

Bindo Bonichi ebbe nascimento in Siena nel 1260, o in quel torno, e fu figliuolo di Bonico. Alcuni lo dicono di nobile legnaggio, ed altri no. Il Benvoglienti, secondo che si ritrae da una sua lettera indiritta ad [p. xi modifica]Apostolo Zeno, reputa ch’ei fosse della famiglia de’ Bichi, assai illustre a que’ tempi, oggi estinta: v’ha però chi afferma, che i suoi progenitori esercitassero l’arte della mercatanzia. Ma fosse Bindo di nobile stirpe, o vero fosse di plebea, ciò poco importa: quello che premer dee soprattutto, non è la origine di un uomo, ma bensì la sua vita civile; la quale quando torni oscura, fosse anche de’ reali di Francia o di Germania, appo il mondo incorrotto, vieppiù merita la disapprovazione dei savi. L’uomo di nobile nascimento debbo ancor essere se non dotto, almeno onesto e probo; e se non è, vuolsi cacciare di sotto all’uomo del volgo, [p. xii modifica]perchè all’uomo del volgo mancarono i mezzi dell’educarsi, dove non a chi nacque signorilmente e nobilmente.

Sostenne Bindo le più cospicue cariche della sua patria, tra le quali non ultima si fu quella del supremo reggimento. Morì, secondo i più accreditati istorici dell’antichità, il dì 3 gennaio del 1337, e fu seppellito in S. Domenico di Siena. Ebbe un fratello chiamato Giovanni ed un figliuolo di nome Antonio. Lasciò diverse poesie, in cui si loda più la bontà de’ pensieri di quello che l’eleganza dello stile; ciò non ostante fanno testo di lingua.

Le Rime del Bonichi, secondo che ho dall’esimio nostro [p. xiii modifica]socio e collega, cav. ab. Giuseppe Manuzzi, non vennero allegate che alla voce Stagno nella terza impressione, sull’edizione di Roma, Grignani, 1642, coll’abbreviatura Bind. Bon.; ma questa abbreviatura non fu poi tirata fuori dagli Accademici nella Tavola. Quelli della quarta impressione premisero alla medesima l’altra abbreviat. Rim. ant., con che vennero a far credere falsamente ai lettori, che queste Rime appartenessero alle Rime antiche stampate in Firenze dal Giunti l’anno 1527, in 8. Il detto esempio si rinviene nella quarta Canzone, pag. 48 dell’ediz. sudd. di Roma, ed a pag. 138 della ristampa Torinese del 1750, che risponde precisa[p. xiv modifica]mente alla Canzone XII, pag. 83, lin. 3 di questa nostra. Gli odierni sigg. Accademici però citarono le Rime del Bonichi secondo un cod. della Laurenziana, segn. Banco XL, num. 49 coll’abbreviat. Bonich. Bind. Rim., protestando eziandio in nota di conservare le citazioni di quelle che si trovano nelle raccolte di Rime antiche e che si citano sotto l’abbreviatura Rim. Ant.

Il Cinelli, il Quadrio e il Crescimbeni lodano le sue Canzoni siccome sparse di sodi e gravi sentimenti e di ottima etica, ma poi le dicono scritte con poca cultura e con abbiette voci: onde il Crescimbeni sentenziò, ch’egli era miglior [p. xv modifica]filosofo e moralista che poeta; e disse vero. Quanto a me però non trovo tanta differenza, circa la scelta delle voci dalla maggior parte de’ poeti suoi contemporanei, in cui veggo comunemente dal più al meno le stesse frasi e gli uguali vocaboli. Non sarà certo, come per altri fu giudicato, un poeta eccellente e sommo, nè un leggiadro e di spirito nobile e poetico, ma nè pur da metter sotto gran fatto a molti di coloro che ci lasciaron tante Cantilene d’amore. Di fatto il Tiraboschi disse, che se Bonichi non superò di molto ne’ sentimenti gli altri poeti del suo tempo, nè pure è a loro di molto inferiore. I Sonetti tuttavia, che forse scrisse [p. xvi modifica]in età più matura, per ciò che risguarda la buona lingua, godono assai miglior fama. Scevro il Bonichi d’ogni legame e schiavitù, inveì francamente contro i vizii del suo tempo, e, benchè uomo probo, non si rimase dal gridare eziandio contro i mali del papa e della sua corte.

La benigna accettazione di questo libretto ci fia sicurtà a dare per l’avvenire qualche altra raccolta importante d’antiche rime toscane.