Ricordi delle Alpi/Parte Seconda/IV
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IV.
La Chiesa di Cajolo.
La chiesuola del paese è collocata sopra un fianco di montagna, il quale scende bruscamente a finire sulle rive del Livrio, torrente le cui chiare, fresche e dolci acque perdonsi in un letto sassoso e sempre più disteso man mano che s’approssima all’Adda.
E siccome questo lato del monte non offeriva nessuno spiazzo per edificarvi anco un’umile casa di Dio, vennero originariamente erette grandi arcate, su cui poggiarvela, in modo che il dinanzi o la facciata della chiesa, quasi tutto il sinistro lato e la parte del destro, a cui giugnesi per una via di varie volte e risvolte, è contornato da una specie di tettoia, che cuopre pienamente l’umile e strano piazzale.
A’ piedi dell’edifizio, a una spaventosa profondità, massime a sinistra, scorre il Livrio, che sbuca umile e mesto dalla valle profonda cui presta il nome; valle trista e fredda come i pensieri d’un morente, dove il sole d’inverno non manda che alla sfuggita un po’ di riso co’ suoi raggi; valle che, in quelle corte giornate o in sulle ultime sere d’autunno, ti spruzza in viso un’aria pregna di sinistri guai.
Immagina quanto sonoro brontolìo vi dèstino i venti del dicembre o di gennaio, e se, giunti qui alla bocca, si sferrino poco turbinosi sulle poche case rizzate alla sua sinistra! Allora le nevi a mo’ di sterminati lenzuoli coprono le sommità e le chine di queste montagne, di cui le acque flagellano i fianchi nell’alveo sottostante, pel quale corrono spumose a confondersi con quelle dell’Adda.
Una più cattiva postura della chiesa non si poteva trovare, e direi, immaginare: difficilmente d’inverno il diaccio, le nevi ed i venti ti lasceranno andar salvo da qualche infreddatura, reuma e simile malanno; e d’estate la rapidità della salita varrà a raddoppiar la fiaccona de’ giorni del sollione.
Piccola, modestissima, priva di oggetti d’arte, è dedicata a S. Vittore martire; anche veduta di lontano, pare una secolare sentinella della mesta valle del Livrio. Fermativici alquanto, ne uscimmo taciti e raccolti e, circuitane la parte superiore, ci trovammo inaspettatamente di faccia al cancello di legno dell’Ossario.