Relazione sulla Federconsorzi/IV/Parte prima
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La Federconsorzi: dalla prosperità al dissesto
Parte prima
La posizione della Federconsorzi nel sistema agroalimentare italiano: analisi, denunce e valutazioni critiche
La storia economica della Federconsorzi esula dai compiti di questa Commissione che, tuttavia, ritiene che giovi all'intelligenza della vicenda ricordare alcuni dati, risalenti ad epoca immediatamente precedente il decennio 1980-1990, nonché, quelli più significativi del periodo esaminato, coincidente con l'acme della parabola ascendente e con l'inizio di quella discendente.
In passato già una Commissione parlamentare di inchiesta, quella sui limiti posti alla concorrenza nel campo economico, si era di fatto occupata della Federconsorzi, sia pur da un diverso angolo visuale.
In particolare, la relazione di minoranza Miceli-Ognibene era entrata nel merito della gestione ponendone bene in evidenza luci ed ombre ed era giunta a profetizzare quasi la gravità della crisi che si sarebbe verificata quando le contraddizioni tra struttura cooperativistica e reali funzioni sarebbero scoppiate. Ed invero vi si legge:
"L’organizzazione consorzi agrari-Federconsorzi costituisce oggi, (…) un’efficiente, moderna macchina commerciale, dotata d'impianti d'alto livello tecnico, di una rete di vendita penetrante, guidata da uno staff manageriale di livello adeguato alla pluralità delle operazioni di un'holding la cui attività si esplica sui mercati nazionali e su quelli esteri (costituisce un punto d'orgoglio dell’organizzazione il fatto, ad esempio, che entro il suo organico operino 2.320 tecnici, tra agronomi, ingegneri, periti).
La tenuta dell’immenso mercato, sul quale conserva per una gamma vastissima di prodotti la preminenza indiscutibile, deriva alla Federconsorzi (…)..i – chi ha potuto penetrare i meccanismi dell’organizzazione lo ha percepito senza difficoltà – dalla sostanziale organicità del disegno che collega apparato industriale, rete di approvvigionamento, organizzazione di vendita, un disegno che si realizza in una compenetrazione di elementi di centralismo e di dinamismo periferico corrispondente ai più efficaci modelli strategici delle grandi holdings moderne.
L’anomalia di un complesso di entità economiche (Federconsorzi, Consorzi Agrari, società collegate) dal giro di affari di migliaia di miliardi, che ha alla base uno statuto cooperativistico, ma che vive ormai della vita di una società finanziaria privata, non è certamente di quelle risolubili senza contraddizioni e senza traumi: intervenire su un organismo tanto complesso per imporgli trasformazioni radicali comporta infatti il rischio dell’appesantimento e della paralisi (…), comporta il pericolo, dopo qualche anno, di rendere necessario per Consorzi Agrari e per Federconsorzi, lo stanziamento di un "fondo di dotazione" (…). Se tutti i ministri dell’agricoltura, sotto i cui occhi compiaciuti la "privatizzazione"
In nota : è interessante notare come all’epoca il concetto di "privatizzazione" della Federconsorzi fosse utilizzato, sul presupposto che essa rappresentasse una organizzazione ispirata ad efficiente modello "privatistico", per esprimere un suo ritenuto allontanamento dal perseguimento di finalità pubblicistiche a servizio dell’intera agricoltura italiana; anni dopo , nella fase del declino la possibile salvezza della Federconsorzi sarà individuata in una sua "privatizzazione " intesa come liberazione dai vincoli della sua stessa struttura.
della Federconsorzi ha proceduto incontrastata, si fossero meno disinteressati della corrispondenza tra lo statuto dell’ente e la sua prassi operativa, forse l’immenso patrimonio di strumenti e di capacità manageriali sarebbero stati usati, fino dal dopoguerra, in modo da contribuire più direttamente allo sviluppo dell’agricoltura italiana; oggi non sussisterebbe il rischio di distruggere, nella rissa politica in cui non è improbabile si procederà alla ristrutturazione, il maggiore strumento operativo disponibile per l’intervento economico nella nostra agricoltura.
(…) Ma il ruolo svolto dal complesso Federconsorzi nella politica agraria nazionale risulta ancora maggiore delle sue dimensioni, pure imponenti: per non poche delle voci del dibattito di politica agraria il problema Federconsorzi si identifica infatti con la stessa sostanza del problema agricolo nazionale.
Non sarebbe difficile, anzi, ripercorrendo a ritroso il dibattito politico e giornalistico di tutto il dopoguerra, identificare nella polemica attorno alla Federconsorzi una delle costanti della vita politica nazionale".
Negli anni successivi, la Federconsorzi visse un lungo periodo di prosperità, godendo di grandi disponibilità patrimoniali, allargando e consolidando le sue partecipazioni.
In nota
Ciononostante- o forse proprio per questo- essa s’ispirò al massimo riserbo sui risultati gestionali.
Anche di seguito, negli anni ‘70-’80, i risultati degli esercizi vennero resi pubblici mediante bilanci che si connotavano di notevole cripticità e che non consentivano in alcun modo si comprenderne le dinamiche gestionali ed i risultati operativi.
(…) E’ solo dalla gestione 1976 che, costretta dai rigori della nuova legislazione fiscale, la Federconsorzi ha dovuto piegarsi alla compilazione di bilanci che, pure alquanto sintetici, offrono tuttavia alcune indicazioni numeriche degli azionisti, un resoconto tanto ricco di dichiarazioni celebrative e di magniloquenti fotografie quanto povero di cifre. Il prospetto contabile cui era demandato di tradurre in cifre la vita economica dell'organismo era tale che qualsiasi ragioniere avrebbe dovuto reputarlo insufficiente a definire i termini dell’esercizio economico di un bottegaio dal giro di affari di mezzo milione. Fino al 1975 quel prospetto è consistito praticamente in un solo conto patrimoniale, in cui tutti gli immobili, edifici, magazzini, scali, aziende agricole, erano sinteticamente valutati per 11.965.579.252 (meno del valore del palazzo romano ove hanno sede gli uffici centrali)".
Nel decennio tra il 1980 ed il 1990, mentre il capitale sociale rimaneva e non poteva che rimanere, perché lo limitava la legge del 1948, sempre di sole lire 4.650.000 (quattromilioniseicentocinquantamila) pari a 93 quote da lire 500.000 cadauna detenute dai consorzi, i dipendenti salivano a circa 2.000, i depositi di benzina agricola a 1.500, gli empori a 3.500.
La Fedit era, di fatto, una holding che controllava in forma diretta od indiretta società industriali, commerciali ed immobiliari.
Le principali società controllate erano le seguenti:
Bancarie, parabancarie ed assicurative:
Agroalimentari:
Credito agrario Ferrara
Fedital
FATA
Zuccherificio Castiglionese
Federleasing
Colombani-Massa Lombarda
ICA
Agrifactoring
Varie complementari:
Immobiliari:
SIAPA
AGRICOLE UPV
ARSOL
ALCEA
CARPI
IMMOBILIARE MONTEVERDI
SITOCO
SIICMA
REDA
INDIPENDENZA
SISFORAGERA
VILLA YORK
SASA
La Fedit aveva inoltre partecipazioni nelle seguenti società:
I.O.R. (Italiana Oli e Risi )
Enichem A.
B.N.A.anca nazionale dell'agricoltura
Banca nazionale del lavoro.N.L.
Montedison
I valori delle società controllate e collegate, riferiti agli esercizi 1988-1989 e 1990, sono riprodotti nei quadri sinottici che seguono per rendere concretamente intellegibileintelligibile l'entità del complesso costituto del sistema federconsortile:
SOCIETÀ COLLEGATE
SOCIETA'
(valori in milioni di lire)
ESERCIZIO 1988
ESERCIZIO 1989 ESERCIZIO 1990 Entità
Partecipaz
Valore
di carico
Scosta-menti
(%)
Entità
Partecipaz
Valore
di carico
Scosta-menti
(%)
Entità
Partecipaz
Valore
di carico
Scosta-menti
(%)
Diretta Ind
Agrifactoring
20.00 - 2,000 0.00 20.00 - 2.00 0.00 20.00 - 2.000 0.00
Agriservice
33.00 - 66 0.00 33.00 - 66 0.00 33.00 - 66 0.00
Banca naz. Agricoltura
- ordinarie
13.10 - 13,392 0.00 13.23 - 37.111 177.12 13.29 - 165.612 346.26
- privilegiate
13.10 - 4,472 0.00 13.30 - 8,714 94.86 13.30 - 36.059 313.81
Cerealfiocco Modena
- - - - - - - - 50.00 - 4.027 100.00
Eurograin intern. Holding
30.40 - 15 0.00 30.40 - 15 0.00 30.40 - 15 0.00
Federconsorzi Leasing
15.34 - 767 0.00 45.00 - 2.616 241.16 50.00 - 637 -75.65
Ginestra
- - - - - - - - - - - -
Interaudit Formazione
- - - - - - - - 15.25 - 57 100.00
Istituto per l'edilizia Economica e popolare –Bari
11.25
-
2
0.00
12.85
-
2
0.00
12.85
-
2
0.00
Istituto per l'edilizia Economica e popolare – Cagliari (in liquidazione)
12.50
-
1
0.00
12.50
-
1
0.00
0.00
-
0
-100.00
O.I.M.A.I.- Officina interconsorziale macchine agricole industriali
25.00
-
700
0.00
25.00
-
653
-6.71
25.00
-
576
-11.79
Pasfedit
- - - - 33.33 - 729 100.00 33.33 - 667 -8.50
S.A.I. –Società adriatica interconsorziale
32.47 - 342 0.00 32.47 - 342 0.00 32.47 - 342 0.00
SICPA- Soc. interconsorziale Conser. Prodotti agricoli
33.00
-
330
0.00
33.00
-
330
0.00
33.00
-
277
-16.06
TOTALE
22.087 52.579 210,337
SOCIETÀ CONTROLLATE
SOCIETA'
(valori in milioni di lire)
ESERCIZIO 1988
ESERCIZIO 1989 Entità
Partecipaz
Valore
di carico
Scosta-menti
(%)
Valore part.netto
Proquota
Entità
Partecipaz
Valore
di carico
Scosta-menti
(%)
Valore part.netto
proquota
Diretta Indir Diretta Indir
Agripalco – Società di valorizzazione agricola
100.00 - 1,584 00.00 1,691 100.00 - 1,584 0.00 1,691
Agritrade
- - - - - 50.00 - 150 100.00 n.d.
A.I.D. agricola immobiliare Dauna
100.00 - 3,729 37190.0 191 100.00 - 220 -94.10 219
A.L.C.E.A. – Az. Lav. Costr. Edili Agr.
99.99 - 63 0.00 113 99.99 - 63 0.00 150
ARSOL- Industria it. Prodotti SOL
100.00 - 3,853 0.00 4,662 100.00 - 3,853 0.00 4,662
Banca di Credito di Ferrara
77.92 20.00 53,579 0.00 30,493 77.92 11.23 53,579 0.00 30,493
CAPPA Società consortile
64.00 36.00 128 0.00 128 64.00 - 128 0.00 128
CE.R.ZOO. Centro Ric. Zootecniche
51.00 49.00 31 100.00 n.d. 51.00 1.50 102 229.03 n.d.
C.I.S.E. – Cons. it. Scambi Estero in liqui.
21.65 64.95 0 0.00 n.s. 21.65 64.94 0 0.00 n.s.
COLOMBANI LUSUCO (1)
100.00 - 36,356 26.02 28,915 100.00 - 28,915 -20.47 n.d.
E.ME.RI.- Enopoli meridionali riuniti
100.00 - 67 0.00 156 100.00 - 67 0.00 156
Enologia Valtellinese (2)
- - - - - - - - - -
Fabbrica interconsorziale concimi e prodotti chimici della Campania
100.00 - 200 -50.00 -80 100.00 - 200 0.00 220
Fabbrica Perfosfati
- - - -100.00 288 - - - - -
F.A.T.A.
55.92 - 5,448 -14.76 36,817 56.13 - 6,014 10.39 56.203
Federfin
98.00 2.00 1,078 0.00 1,042 98.00 2.00 1,666 54.55 983
Federgraf
98.00 2.00 4,410 0.00 3,367 98.00 2.00 3,842 -12.88 3,842
Fedexport Bruxelles
4.96 95.04 2 0.00 n.c. 4.96 94.78 0 -99.99 n.c.
Fedexport – Federconsorzi Expor-import
98.00 2.00 588 0.00 578 98.00 2.00 1,071 82.14 581
Fedexport France
2.00 98.00 3 0.00 n.c. 2.00 98.00 3 0.00 n.c.
Fedexport Monaco
100.00 - 0 0.00 n.c. 100.00 - 0 0.00 n.c.
Fedexport U.S.A.
20.00 80.00 139 59.77 n.c. 20.00 80.00 27 -80.58 n.c.
Fedexport Zurigo
100.00 - 8 0.00 n.c. 100.00 - 8 0.00 n.c.
Fedital
89.23 6.51 54,920 -12.50 54,918 96.68 2.00 193,433 252.21 59,503
Fedidata
- - - - - - - - - -
Feditinvest
51.00 49.00 255 0.00 256 55.12 19.00 1,102 332.16 103
Fertilgest
98.00 2.00 196 0.00 892 98.00 2.00 196 0.00 707
FILI-società- interconsoziale Lavorazione e Commercio Legnami
78.77 4.36 18 0.00 127 78.77 4.30 18 0.00 184
Granducato Enopolio di Pogg.
- - - - 127- - - - - -
ICA – Istituto per l'esercizio di Credito Agrario
80.00 0.02 5,390 80.75 -3,634 80.00 0.02 3,634 -32.58 3,634
1mmobiliare Basilicanova
- - - -10.00 - - - - - -
La Fedit, inoltre, era il veicolo esclusivo di commercializzazione dei trattori Fiat e partner di importanti gruppi economici, quali l'Enichem e la Ferruzzi; deteneva pacchetti azionari di maggioranza, di controllo o di riferimento in banche e società assicurative e di factoring: Banca nazionale dell’agricoltura, Credito aagrario Fferrarese, FATA sspa - società di assicurazione -, Agrifactoring sspa.
La Fedit esercitava, inoltre, di fatto una funzione bancaria, tanto da essere considerata il più importante istituto bancario di credito agrario: il giro annuo di affari era di circa 1.000 miliardi. Perdurando l'istituto degli ammassi volontari, essa era ente ammassatore per conto e nell'interesse dello Stato. Infine svolgeva funzioni di assuntoria nell'ambito e per conto dell'AIMAima.
Disponendo del più vasto patrimonio di silos granari, in larga parte costruiti con finanziamenti dello Stato, nonché di silos per ogni altro genere di derrate, era il più importante assuntore italiano.
Le cifre sono imponenti e le attività svolte vitali per l'agricoltura italiana.
Il sistema federconsortile sembrava, dunque, funzionare.
Ma già negli anni Sessanta non erano mancate le denunce su numerosi aspetti negativi di questo sistema, che pur in quegli anni prosperava grazie ai ricavi delle gestioni speciali: la preminenza della Federconsorzi sui consorzi agrari provinciali, l'estromissione dei veri agricoltori dall’amministrazione dei consorzi, gli alti prezzi di vendita dei prodotti acquistati dalla Fedit e rivenduti ai consorzi, le spese eccessive, l'inefficienza del controllo sindacale, l'asservimento politico.
Si tratta di critiche fondate e condivisibili, anche in riferimento alla gestione degli anni successivi, che già indicavano alcune delle ragioni della successiva crisi del sistema, che si manifesterà molti anni dopo, quando la redditività assicurata dalla fonte pubblica sarà del tutto venuta meno.
Già negli anni Sessanta i consorzi agrari in generale versavano in una situazione di difficoltà economico-finanziaria ed erano a rischio di fallimento.
Fin da allora un efficaceDenunciava pubblicista denunciava :
IN NOTA Emilio (????) Morandini Anatomia dei consorzi agrari Ed. Arnia 1961………..:
"La vita dei consorzi agrari viene falsata perché la loro attività è ispirata a criteri e preoccupazioni politiche, anzi di una fazione di un partito". (…) Spesso i capi agenzia e i capi filiale provengono dalle file sindacali dei coltivatori diretti o ricoprono il duplice ruolo economico e sindacale, mentre in periodo elettorale si trasformano in attivisti per procacciare voti soltanto ai parlamentari dei coltivatori diretti. Sicché i consorzi sono diventati delle grandi agenzie elettorali, il cui finanziamento viene fatto da tutti gli agricoltori e dallo Stato (gestioni fuori bilancio) ma il cui lavoro va a beneficio della minoranza (…). La Federconsorzi stipula accordi particolari rimasti segreti con i produttori industriali, Anic, Edison, Fiat, Montecatini ecc…. ma non lo fa come suo dovere statutario nell’interesse e per conto dei consorzi, sibbene per quello proprio (…). Alcuni consorzi pagano gli stipendi ai funzionari della coltivatori diretti oltre le spese generali e della propaganda, del giornale e le altre spese dell’apparato politico periferico del noto onorevole Bonomi quando viene mobilitato per i vari ordini di elezioni amministrative e politiche. (…) Il pessimo andamento di molti consorzi, le molteplici e continuate irregolarità (…) stanno a provare che su tutto l’apparato degli ammassi non esiste un minimo controllo ministeriale e che la vigilanza (…) sui consorzi agrari e sulla loro federazione, attribuita espressamente dalle legge al Ministero dell’agricoltura e delle foreste non viene affatto esercitata".
Gran parte delle accuse del pubblicista, che all'epoca potevano sembrare esasperate e sospette, hanno trovato pieno riscontro negli accadimenti successivi.
L'abuso dei fondi della Fedit è oggetto di un processo penale pendente dinanzi al tribunale di Roma e, indipendentemente dal giudizio che la magistratura ne darà, sembra alla Commissione trovare ampio supporto documentale. Non sembra senza significato che gli imputati abbiano ritenuto di risarcire il danno, sia pur nella misura proporzionalmente modesta di dieci miliardi.
Della carenza, se non inesistenza, dei 'assenza dei controlli si è già detto.
Quanto ai rapporto tra la Fedit ed i consorzi ed ai rispettivi ruoli, va osservato Alle considerazioni già esposte va aggiunto che non si trattò di omissioni imputabili a negligente inerzia, ma di omissioni dovute alla consapevolezza dell'utilità che ne sarebbe conseguita per gli organismi beneficiari e, quindi, di oggettiva connivenza.
E pensare che, prima di assumere il controllo della Fedit, l'onorevole Bonomi dichiarava: "Io penso che non i consorzi debbono dipendere dalla federazione ma la federazione dai consorzi.
Vorrei che il Ministero dell’agricoltura non predisponesse gli statuti dei consorzi e della federazione, ma si limitasse a fissare determinati punti di massima, lasciando liberi i consorzi di darsi lo statuto che preferiscono, di scegliersi i funzionari nei quali hanno maggior fiducia di federarsi o non federarsi. E come potranno essere liberi di non federarsi una volta che avrete stabilito a priori che la federazione ha diritto di controllarne la funzionalità o di limitare la scelta dei direttori e dei vice direttori? La Federazione c’è già con servizi attrezzati e funzionari, nella grande maggioranza, capaci ed esperti; tanto meglio. Ma le sue mansioni e la sua sfera di competenza, la sua politica economica deve essere liberamente determinata dai soci, non imposta dallo Stato. Deve venire tutto dal basso, non scendere dall’alto".
E’ ben noto come andarono in seguito le cose.Quando l'onorevole Bonomi assunse il controllo della Federconsorzi le cose - è ben noto - andarono invece in tutt'altro modo.
La situazione economico-finanziaria
2.1. Alcuni dati di bilancio
Al fine di illustrare l'evoluzione della situazione economica e finanziaria della Federconsorzi dal 1982 al 1990, appare utile riepilogare alcuni dati più significativi dei bilanci, con l’avvertenza che si farà riferimento ai dati ufficiali, la cui attendibilità, come si vedrà in seguito, appare limitata dalle larghe he pur sembrano essere stati largamente manipolazioni di cui furono oggetto.ti.
L’esercizio 1980 della Federazione italiana dei consorzi agrari si chiuse con un utile netto di un miliardo e 91 milioni di lire, con un aumento del 20,3 per cento rispetto al 1979.
Dal bilancio approvato dall’Assemblea dei soci risultò infatti che i "ricavi" ammontarono a 1.924 miliardi e 380 milioni e i "costi" a 1.923 miliardi e 289 milioni.
In un tal andamento "sembra riflettersi – si legge nella relazione del Consiglio di amministrazione – il sommario disegno di una situazione agricola generale che risente delle difficoltà del settore zootecnico, degli onerosi costi del petrolio e derivati, mentre si avvale in apprezzabile misura di mezzi tecnici, eccettuate le sementi selezionate impiegate in quantità insufficienti".
L’esercizio 1982 si chiuse con un utile netto di 1 miliardo 735 milioni di lire: il 43,5%% per cento in più rispetto all’anno precedente. I "ricavi" complessivi infatti ammontarono a 2.321 miliardi e 717 milioni, mentre i "costi" a 2.319 miliardi e 982 milioni.
Il movimento merceologico fece registrare introiti per 1.997 miliardi, che, raffrontati a quelli del 1981, rappresentavano un aumento del 7,7% per cento%.
Nella relazione all’Assemblea, il presidente Truzzi ricordava la difficile situazione congiunturale per tutta l’economia e l’agricoltura in particolare.
Il successivo esercizio 1983 si chiuse, parimenti, con un utile netto dichiarato di 2.252 milioni. Il presidente Truzzi, nell'annunciarlo, ne attribuiva il merito ad un "avveduta conduzione amministrativa", ma non poteva nascondere le difficoltà costitute dal problema del finanziamento che, "per il suo alto costo, rappresenta un autentico nodo scorsoio al collo del settore agricolo". Si dava quindi notizia del ricorso ad un finanziamento per 55 milioni di ECU, che tuttavia si rivelava del tutto insufficiente.
Nel corso dell'esercizio 1984 si fece, infatti, ricorso ad un nuovo e più importante finanziamento sul mercato londinese che veniva concesso da un pool di banche straniere ed italiane per 140 milioni di ECU.
L'esercizio 1984 si chiuse con un utile netto di 2.598 milioni. I risultati globali vennero definiti confortanti.
Il bilancio 1985 segnò un utile di 2.897 milioni. Si segnalarono aumenti di fatturato non significativi di un nuovo e diverso trend.
Il bilancio 1986 si chiuse con un utile netto di 2.980 milioni, attestandosi sui livelli dell’anno precedente. Il fatturato complessivo dei consorzi agrari ammontava a 4.981 miliardi e 670 milioni, a fronte di 5.231 miliardi e 263 milioni del 1985, con una diminuzione del 4,77 per cento.
Quanto alle società controllate dalla Federconsorzi, il fatturato complessivo si aggirò attorno ai 1.150 miliardi.
Il risultato dell'esercizio 1987 segnò un utile di 3.014 milioni.
Il bilancio 1988 si chiuse con un utile di 3.415 milioni. Il deficit complessivo dei consorzi agrari nel corso dell'anno si attestò "ufficialmente" sui 2.000 miliardi di lire.
I bilanci 1989 e 1990 si chiusero in pareggio.
anno
risultato di esercizio importo (lire milioni)
1982
Utile netto lire 1.735
1983
Utile netto lire 2.252
1984
Utile netto lire 2.598
1985
Utile netto lire 2.897
1986
Utile netto lire 2.980
1987
Utile netto lire 3.076
1988
Utile netto lire 3.014
1989
Pareggio contabile lire 0
1990
Pareggio contabile lire 0
1991
Perdita - lire 1.681.825
2.2. Osservazioni tecniche
2.2 Osservazioni tecniche: analisi comparata ed evolutiva dei bilanci della Federconsorzi, dal 1982 alla data del commissariamento
La Commissione ha proceduto a sottoporre ad analisi comparativa ed evolutiva i bilanci della Fedit dal 1982 in poi.
A tal fine, si sono, innanzi tutto, riclassificati i dati in conformità delle più corrette metodologie di redazione del bilancio.
La riclassificazione del patrimonio - attivo e passivo - e dei conti economici è sintetizzata nei quadri sinottici riportati nell'allegato 4 della presente relazione.
2.3.le poste dell'attivo
A) Le liquidità immediate
Tale posta patrimoniale presentava, nell'anno 1982, una liquidità di circa lire 196.000 milioni, di cui lire 195.000 milioni circa rappresentavano le disponibilità attive della società sui conti correnti bancari.
Tali disponibilità diventarono sempre più consistenti fino a raggiungere nel 1988 un livello altissimo, pari a lire 581.694 milioni.
Anche nel successivo biennio (1989 - 1990) i depositi bancari restarono a livelli elevati per scendere solo nel 1991 a lire 69.327 milioni.
Il raffronto tra l'ammontare dei depositi bancari, nell’arco temporale considerato, e l’indebitamento medio verso banche nello stesso periodo, evidenzia un forte squilibrio tra gli interessi attivi percepiti e gli oneri derivanti dagli interessi passivi corrisposti alle banche, attesa la diversità tra i minori tassi attivi ed i maggiori tassi passivi.
La costante permanenza di elevati depositi bancari scarsamente remunerati, a fronte della grande entità dell'indebitamento, palesa una cattiva gestione dei mezzi finanziari disponibili che avrebbero dovuto essere ben più proficuamente gestiti.
B) Le liquidità differite
Alla chiusura del bilancio al 31 dicembre 1982, le liquidità differite erano pari a circa lire 1.322.167 milioni per raggiungere un importo di circa lire 3.239.223 milioni al 31 dicembre 1990, registrando, nel periodo in esame, un incremento pari a circa lire 1.917.056 milioni.
La consistente diminuzione fu l'effetto dell’adeguamento dei rischi su crediti per circa lire 1.310.174 milioni, e dei rischi per interessi di mora pari a lire 524.855 milioni.
La "liquidità differita" si incrementò, quanto ai "crediti verso i consorzi agrari", sia per gli interessi attivi, sia per gli interessi di mora.
Tali crediti presentavano, però, un elevatissimo grado di inesigibilità a fronte del quale non furono eseguiti, se non da ultimo, adeguati accantonamenti di fondi ed in particolare del "fondo rischi su crediti", del "fondo rischi su effetti allo sconto" e del "fondo rischi interessi di mora".
Al 31 dicembre 1991 le liquidità differite scesero a lire 1.719.437 milioni.
Il mancato adeguamento, negli esercizi di competenza, dei fondi rischi in rapporto al grado d'inesigibilità dei crediti, determinò perdite pari, nel 1991, a circa lire 1.682 miliardi e, nel 1992, a circa lire 651 miliardi.
L'inattendibilità delle risultanze dei bilanci risulta evidente.
C) Le disponibilità
La voce "disponibilità" indica principalmente la consistenza delle merci in magazzino.
Dall’iniziale valore di lire 77.896 milioni nell'anno 1982 si assistette ad un costante incremento fino a raggiungere nel 1990 l'entità di lire 376.836 milioni.
Nel 1991 il dato si ridusse a lire 139.416 milioni.
L'inattendibilità della posta emerge dall'analisi condotta dai tecnici professori Cattaneo e Pavan, incaricati dal dottor Pellizzoni di eseguire una verifica sull'impianto delle scritture contabili della Fedit i cui risultati sono contenuti in una "bozza di relazione" intitolata "Indagine conoscitiva sul bilancio Fedit 1988".
A pagina 7 del documento si legge infatti: "Non esiste contabilità di magazzino, non è mai stato fatto un inventario fisico (nemmeno dei trattori e delle macchine agricole). Le giacenze ed i valori unitari sono comunicati all’Amministrazione delle Aree Operative Commerciali su supporti "cartacei" inaccettabili nella forma e nel contenuto. Non esiste la minima certezza né sulle quantità né sui valori.
E’ una situazione che può riservare imprevedibili sorprese sia sotto il profilo dei valori (a fine 1988 sono state aggiunte merci viaggianti per 32 miliardi) sia sotto il profilo della correttezza e onestà nei comportamenti operativi".
E più innanzi, nella seconda parte, a pagina 18: "Non esiste una contabilità di magazzino e quindi non erano disponibili al 31 dicembre 1988 giacenze contabili di merci.
Negli ultimi anni non è mai stato fatto un inventario fisico delle giacenze di magazzino.
Le quantità che hanno concorso a formare il valore del magazzino al 31 dicembre 1988 sono state fornite in parte dalle Direzioni Commerciali, sulla base di situazioni extra contabili, e in parte ricavate "da dichiarazioni di esistenza fisica" inviate dai consorzi e dai depositi.
I prezzi che hanno concorso a formare il valore del magazzino al 31 dicembre 1988 sono stati forniti dalle Direzioni Commerciali e si presume siano prezzi – costi medi dell’anno (non si è potuto appurare se includono i costi accessori all’acquisto). Tali valori sono stati accettati acriticamente dall’Ufficio Contabilità Generale e Bilancio.
Il valore del magazzino al 31 dicembre 1988 include 6 miliardi di macchine agricole inserite due volte per errore, ed una rettifica incrementativa di lire 42 miliardi per "merci viaggianti" di cui lire 32 miliardi frutto di uno storno di saldi "dare" di fornitori".
Tanto appare di per sé sufficiente per poter affermare l’inattendibilità del risultato d'esercizio per il 1988 e di tutti i precedenti esercizi.
Le giacenze iniziali e le giacenze finali di merci costituiscono rispettivamente componenti negative e positive di reddito e concorrono, secondo il loro incremento o decremento rispetto all’iniziale valore, al risultato economico positivo o negativo dell’esercizio.
Orbene, se tali valori risultano non controllati o non controllabili sia nella loro reale consistenza, sia nel loro valore, i risultati dell’esercizio che ne scaturiscono sono da ritenere inattendibili.
Una conferma dell'inattendibilità delle giacenze iniziali e finali di magazzino è fornita dalla documentazione rinvenuta negli archivi Federconsorzi in Castelnuovo di Porto ed in particolare delle schede di lavoro elaborate nel corso della consulenza prestata dai tecnici della società di revisione Coopers & Lybrand, su richiesta della gestione Pellizzoni, relativa alla riconciliazione dei saldi clienti e fornitori.
In tali documenti si segnalano anomalie contabili costituite dalle mancate registrazioni di fatture di acquisto di merci, per valori rilevanti, riferite ad anni precedenti al 1990, imputate, dopo il controllo, a sopravvenienze passive e cioè a costi relativi agli anni precedenti.
Le rilevate irregolarità hanno alterato sensibilmente le giacenze di magazzino nel periodo in cui sono verificate e, conseguentemente, anche tutti i risultati degli esercizi.
Le immobilizzazioni materiali
Le immobilizzazioni materiali sono costituite dal patrimonio immobiliare e strumentale della società e sono contabilizzate al costo di acquisto.
La posta di bilancio è stata riclassificata al netto dei relativi fondi e, alla data del 31 dicembre 1982, risulta iscritta per circa lire 32.000 milioni.
Negli anni 1989 e 1990 la posta aumentò per effetto di nuove acquisizioni immobiliari.
Va osservato che, prima del 1989, la società non aveva adeguate conoscenze circa la consistenza e il valore di mercato del proprio patrimonio immobiliare.
Nella già citata bozza di relazione dei professori Pavan e Cattaneo, in merito ai beni materiali e ai fondi di ammortamento si legge che: "Da molto tempo non è stato fatto un inventario fisico dei cespiti e quindi non vi è la sicurezza che ai valori netti contabili corrispondano beni tuttora esistenti e/o utilizzati".
Gli immobili, ancorché di cospicuo valore, dettero, in tutti gli esercizi esaminati, risultati reddituali modesti.
La rendita annuale lorda, derivante dalle "locazioni attive" non superava nel 1982 i 3.000 milioni di lire per raggiungere la punta più alta nel 1991 di lire 7.315 milioni.
Ciò dipese in gran parte dagli insignificanti canoni di locazione che venivano corrisposti, rispetto a quelli di mercato, dalle associazioni di categoria a cui erano stati locati immobili di ingente valore.
Al fine di sanare posizioni debitorie di alcuni consorzi agrari in dissesto, la Federconsorzi aveva, inoltre, acquistato dai debitori immobili di elevato valore che aveva lasciato in uso agli stessi consorzi in comodato gratuito a tempo indeterminato.
In tal modo la Federconsorzi immobilizzò importanti risorse finanziarie aggravando ancor più il proprio squilibrio economico e finanziario.
La gestione del patrimonio immobiliare della Federconsorzi fu, dunque, del tutto negativa.
E) Le immobilizzazioni finanziarie
Nella posta in esame risultano comprese, a partire dal 1982 fino al 1988, le partecipazioni in società controllate e collegate e le partecipazioni in altre società.
Nel corso degli anni la Federconsorzi praticò una politica espansiva di gruppo con la costituzione di nuovi organismi societari, l’acquisizione di partecipazioni e la sottoscrizione di aumenti di capitale in preesistenti società controllate e collegate, come si può evincere dal seguente prospetto:
1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991
Controllate
43.278 48.334 60.750 146.813 202.458 203.542 207.530 403.167 483.283 393.371
Collegate
26.859 38.290 39.647 20.366 22.268 22.087 22.087 52.580 210.336 24.375
Altre soc.
4.974 5.026 5.154 5.164 5.591 49.082 71.512 76.706 43.381 33.852 75.111 91.650 105.551 172.343 230.317 274.711 301.129 532.453 737.000 451.598
F.do adeguem.
Partecip.
(5.012) (16.571) 75.511 91.650 105.551 172.343 230.317 274.711 301.129 532.453 731.988 435.027
Dal quadro sinottico risulta evidente l’ingente progressione d’impiego di capitali di rischio nelle partecipazioni societarie che, da lire 75.111 milioni del 1982, salirono vertiginosamente fino a raggiungere, nel 1989, il ragguardevole importo di lire 532.453 milioni.
Va, in proposito, subito considerato che la Federconsorzi non disponeva che di un modesto capitale proprio, riportato come segue in milioni nei bilanci 1982 e 1991:
1982 1991
Capitale sociale
4.700 4.650
Riserva ordinaria
1.825 5.577
Riserva straordinaria indivisibile
907 2.802
F.do Solidarietà Consortile
836 2.117
Riserva tassata
738
Riserva Legge 19.12.73 n. 823
2.329 2.329
Legge 576/1975 allineamento capitale fisso
4.174 4.174
Legge 576/1975 allineamento partecipazioni
3.915 3.915
Legge 72/1983 Ris. da rivalut.ne monetaria
20.970 20.969
A disposizione del Cons. amm.ne
5.179
Contributi in c/capitale
7.430 30.883
TOTALE
42.872 78.688
I maggiori valori esposti negli anni 1988, 1989, 1990 e 1991 sono costituiti da "contributi in conto capitale".
Il capitale proprio era, in realtà, da tempo diventato inesistente per effetto delle perdite subite.
La Federconsorzi andava ricapitalizzata o messa in liquidazione da molto tempo prima del commissariamento.
Per procurarsi gli ingenti capitali necessari all’acquisizione delle partecipazioni, alle ricapitalizzazioni, al ripianamento delle perdite ed al finanziamento delle società partecipate, la Federconsorzi ricorse sistematicamente e per grandi entità al credito ordinario incrementando ulteriormente la sua esposizione debitoria nei confronti del sistema bancario, in tal modo peggiorando il suo squilibrio economico-finanziario.
Va osservato, infine, che i valori riportati nei bilanci non fanno alcun riferimento al patrimonio netto delle società partecipate.
Anzi, per talune partecipazioni furono a lungo esposte sopravvalutazioni.
Per altre partecipazioni, poste in liquidazione ancor prima del 1985, i valori di costo furono mantenuti in tutti i bilanci fino al 1989.
Fino al 1990 non venne effettuato alcun accantonamento per tali capitali di rischio sul "fondo adeguamento partecipazioni" e quando ciò avvenne gli accantonamenti, rispettivamente di lire 5.012 milioni e di lire 16.571 milioni, furono del tutto inadeguati, rispetto alle più consistenti perdite verificatesi.
Inoltre, nel 1988 il decremento della partecipazione in Fedital spa di lire 114.738 milioni fu imputata, senza essere rilevata nel conto perdite e profitti, direttamente in diminuzione del "Fondo interventi Organizzazione".
Analoghe operazioni furono eseguite nel 1989 con l'utilizzo di fondi, aventi natura di riserva.
La procedura seguita per tali contabilizzazioni, che dovevano invece correttamente gravare sul conto economico, occultò il reale risultato dell’esercizio, violando in tal modo il principio della "trasparenza del bilancio".
2.4 Le poste del passivo
A) Le passività correnti
Le passività correnti per la quasi totalità rappresentano le "fonti di finanziamento" utilizzate dalla Federconsorzi per gli impieghi effettuati.
L’incremento fu, nel periodo esaminato, crescente, fino a raggiungere, al termine dell’esercizio 1990, un valore di lire 4.633.028 milioni, scendendo di poco alla fine del 1991 a lire 4.344.305 milioni.
B) Le passività consolidate
Nelle passività consolidate sono appostati tutti i fondi esposti nel bilancio della Federconsorzi nei diversi esercizi.
La posta registrò, nel primo esercizio in esame, un valore complessivo di lire 198.590 milioni e raggiunse nel 1986 un valore di lire 305.628 milioni.
Essa scese in maniera sensibilissima nei successivi esercizi, fino ad assestarsi a lire 97.257 milioni nel 1991.
Una sensibilissima riduzione dei fondi appostati in bilancio avvenne nel 1989.
Gran parte degli stessi vennero fatti confluire nei proventi dell’esercizio concorrendo in modo decisivo al raggiungimento di un apparente ed artificioso pareggio.
Nel quadro riassuntivo che segue sono riportati i fondi appostati nei diversi bilanci esaminati.
FONDI
1982 1983 1984 1985
1986
1987 1988 1989 1990 1991
Fondo accantonamenti tassati
78.072 78.072 78.072 78.072 78.072 78.072 78.072
Fondo oneri futuri
74.267 74.267 27.311
Fondo rischi su crediti
5.464 42.985 51.267 60.654 73.608 145.537 185.537 38.979 139.579 1.310.174
Fondo rischi su crediti per inter. di mora
13.570 34.302 58.498 58.498 58.498 92.836 134.871 238.658 252.855 524.855
Fondo interventi organizzazione
40.000 55.000 75.000 97.000 26.500 29.740 78.202
Fondo oscillazione cambi
6.000 12.000 20.000 25.000 27.000 23.165 23.165 13.555 15.702
Fondo oneri corsi
Aggiorn.to prof.le
1.500 3.000 4.500 5.500 5.500 5.500
Fondo spese ricerche e
Sperimentazione
5.000 10.000 13.000 13.000 13.000
Fondo imposte
47.898 56.467 3.619 7.976 79.045 23.411 13.871 13.001 13.801
Fondo plusvalenze
da reinvestire
480 95 1.039 1.977 986
Fondo rischi su effetti
allo sconto e all'incasso
113.354 14.974
Fondo adeguamento
Partecipazioni
5.012 16.571
Fondo trattamento fine rapporto
69.374 70.465 72.166 73.169 72.622 69.552 67.956 39.588 40.603 29.592
Cassa previdenza personale
4.997 4.997 4.997 4.997 4.997 4.997 4.997
TOTALE
295.855 355.883 442.658 421.843 539.828 585.810 605.171 518.048 655.173 1.923.477
C) Capitale e riserve
Nel periodo preso in esame il patrimonio netto contabile della società variò nel modo che segue:
alla data del 31 dicembre 1982 l’ammontare del capitale e delle riserve è pari a complessive lire 42.872 milioni di cui lire 7.430 milioni costituiscono contributi in conto capitale e, lire 31.388 milioni, riserve per rivalutazione monetaria;
alla data del 31 dicembre 1991 il capitale e le riserve ammontano a complessive lire 78.688 milioni, e sono costituite da lire 31.388 milioni per rivalutazioni monetarie, da lire 30.883 per contributi in conto capitale e da lire 5.159 per "fondi a disposizione del Consiglio di amministrazione".
2.5 Osservazioni sui conti economici relativi agli esercizi dal 1982 al 1991
Una prima osservazione s'impone: il margine operativo lordo risulta molto ristretto rispetto all’elevato volume di affari e fortemente influenzato dai "costi dei servizi" e dalle "spese gestioni speciali".
Su di esso influiscono anche, positivamente o negativamente, le variazioni in più o in meno delle giacenze di magazzino.
Le illustrate anomalie riguardanti le giacenze di magazzino, da ritenersi inattendibili, si riflettono sui risultati degli esercizi esaminati, da considerarsi anch’essi inattendibili.
Ad analoga conclusione si perviene considerando la posta, attiva costituita dagli interessi passivi addebitati ai consorzi agrari, che influirono notevolmente sui risultati economici. Si tratta infatti di una componente positiva di reddito in gran parte puramente apparente o quanto meno virtuale, per l’incapacità della maggioranza dei consorzi agrari di far fronte ai loro debiti.
Per valutare gli effetti positivi nominali che gli interessi in parola, peraltro elevati, hanno avuto sui risultati della gestione nel periodo 1982-1991, si riportano di seguito gli importi relativi agli "Interessi attivi" sui crediti vantati dalla Federconsorzi, imputabili, in misura preponderante, ai consorzi agrari:
anno
(lire milioni) Importo
1982
lire 121.631
1983
lire 108.898
1984
lire 107.593
1985
lire 174.557
1986
lire 168.282
1987
lire 143.601
1988
lire 161.060
1989
lire 85.896
1990
lire 154.190
1991
lire 92.190
totale
lire 1.317.898
Vanno aggiunti i proventi riportati annualmente nei conti economici derivanti da interessi di mora, sui crediti verso i consorzi agrari ammontanti per il periodo considerato a complessive lire 524.648 milioni, così distinti per ciascuna annualità:
anno
(lire milioni) Importo
1982
lire 13.570
1983
lire 20.732
1984
lire 24.196
1985
lire 30.115
1986
lire ----
1987
lire 34.337
1988
lire 42.036
1989
lire 103.786
1990
lire 116.236
1991
lire 119.640
totale
lire 504.648
I proventi venivano così implementati con "interessi attivi" del tutto od in larga misura solo nominali.
Amministratori e sindaci ben sapevano che gli interessi non sarebbero stati mai riscossi, ma se ne servivano per occultare le perdite reali, senza neppure stanziare fondi ai quali attingere per far fronte ai mancati introiti.
Se la Fedit avesse applicato nella formazione dei bilanci i criteri previsti dalla tecnica contabile e dalle norme civilistiche si sarebbero ben presto evidenziate le perdite reali.
Confermano l'assunto le enormi perdite risultanti dai bilanci al 31 dicembre 1991 e al 31 dicembre 1992, rispettivamente di lire 1.681.825 milioni e di lire 658.839 milioni.
2.6 I risultati dei bilanci relativi agli anni 1989 e 1990
Il "pareggio" di bilancio fu raggiunto negli agli anni 1989 e 1990 attraverso l’utilizzo di riserve e di fondi e di "passività liberate".
Non si tratta di componenti positive di reddito ma sono operazioni di natura esclusivamente contabile.
In particolare il pareggio del bilancio 1988 fu possibile con l’utilizzo dei seguenti fondi:
Fondo Oscillazione Cambi
9.610 milioni
Fondo rischi su crediti
55.558 milioni
Svalutazioni dirette liberate
92177 milioni
Fondo TFR Tassato
13.700 milioni
Fondo corsi di aggiornamento prof.le
7.500 milioni
Fondo Spese ricerca
5.500 milioni
Fondo oneri futuri
13.000 milioni
TOTALE
220.921 milioni
Per l’esercizio 1989 il pareggio fu possibile mediante l’utilizzo dei seguenti fondi:
Fondo Oscillazione Cambi
13.555 milioni
Fondo rischi su crediti
9.000 milioni
Svalutazioni dirette liberate
36.423 milioni
Fondo rischi interessi di mora
5.791 milioni
Fondo imposte
69 milioni
TOTALE
64.838 milioni
Quindi per l’anno 1988 furono utilizzati fondi per ben lire 220.921 milioni, mentre per l’anno 1989 per complessive lire 64.838 milioni.
A ciò va aggiunto l'utilizzo di sopravvenienze attive costituite da "Debiti prescritti" per lire 159.733 milioni.
2.7 Anomalie gestionali riscontrate
Nell'anno 1990 la società Coopers & Lybrand fu incaricata della riconciliazione dei saldi dei partitari dei fornitori e dei clienti.
Il controllo della società evidenziò gravi anomalie gestionali, di seguito elencate:
- fatture non contabilizzate o registrate su altro partitario (altri uffici)
lire 993.000.350
- fatture non contabilizzate o registrate su altri partitari (Cap)
lire 114.797.500
- altri pagamenti doppi
lire 2.166.159.946
- note di credito da recuperare
lire 167.294.327
- pagamenti doppi – APO
lire 176.870.731
- sopravvenienze passive riferite a fatture di acquisto anni precedenti al 1990 scaturite dalla riconciliazione
lire 8.864.095.775
- sopravvenienze attive riferite alla riconciliazione dei saldi clienti relativi ad anni precedenti al 1990
lire 2.915.523.107
- lista fornitori sospesi in assenza di documentazione
lire 1.840.205.468
Inoltre:
- registrazioni duplicate delle fatture passive "orzo" avvenute nel 1987 e nel 1988
lire 2.570.307.750
- note di credito a completamento fatture del 1989 (ESSO – FIAT – SIAPA)
lire 6.568.900.783
- fatture passive 1989 registrate per un importo superiore
lire 2.000.000.000
- rilevazione di una sopravvenienza passiva dovuta ad una erronea contabilizzazione della fattura Italiana Oli e Risi
lire 2.496.349.900
- errata contabilizzazione di interessi passivi riferiti al prestito in eurolire
lire 2.555.000.000
Appare evidente che i risultati degli esercizi di riferimento erano sensibilmente alterati.
La regolarizzazione delle anomalie avvenne, anch'essa, con una procedura non corretta che alterò il risultato dell’esercizio 1990.
L’aspetto di maggiore gravità che emerge dai dati raccolti e dalla documentazione esaminata riguarda i consistenti "pagamenti doppi" rilevati.
2.83. Valutazioni critiche
Il crescente indebitamento ed il crescente squilibrio finanziario non impedirono alla Fedit di distribuire utili ai soci, i consorzi agrari, fino al 1988 per un totale di 5,8 miliardi.
La cessazione della gestione degli ammassi pubblici obbligatori segnò la fine dell’opulenza della Federconsorzi.
Molti consorzi agrari erano già, negli anni Settanta, in una situazione di difficoltà che si accentuò progressivamente nel decennio successivo.
La Federconsorzi, che gran parte dei suoi profitti aveva tratto dalla attività di mediazione commerciale esercitata nei confronti dei suoi soci e che era stata governata da un gruppo dirigente con rilevanti e riconosciute capacità gestionali, fu segnata negli anni Ottanta dagli effetti di tre fattori concomitanti ed interdipendenti.
La dirigenza del periodo non si rivelò della stessa statura di quella del passato. Dal novembre 1981 all’aprile 1989, la carica di presidente fu ricoperta dal senatore Ferdinando Truzzi e, quella di direttore generale, dal ragionier Luigi Scotti.
Si accentuò l’influenza delle organizzazioni di categoria ed in particolare della Coldiretti che, in armonia con le impostazioni politiche generali del partito di riferimento, la Democrazia Ccristiana, piegò il mutualismo, insito nella struttura a base cooperativa del sistema, ad assistenzialismo e quindi, di fronte alla sempre più accentuata crisi economica e finanziaria di consorzi, assegnò alla Fedit il ruolo tipico di un ente pubblico assistenziale a sostegno del sistema satellitare dei consorzi, conservati così vitali per mantenere il consenso politico ed elettorale che ne derivava a prezzo del progressivo depauperamento e dell’inevitabile tracollo forte della casa madre.
Grazie al sostegno della Federconsorzi non vennero commissariati e liquidati quei consorzi le cui condizioni avrebbero richiesto tale provvedimento.
Si trattò, quindi, di una scelta politica ed economica radicalmente sbagliata, che coltivava l’illusione di poter far fronte alla crisi con l’iniezione di danaro pubblico, come era avvenuto ed avveniva in altri settori economici, trascurando di rammentare che la permanente gestione monolitica del sistema federconsortile da parte di un solo partito, ed anzi di una sola parte della Democrazia cristiana, avrebbe incontrato l’invalicabile opposizione degli altri partiti di governo e di opposizione.
In tal modo si crearono i presupposti del collasso irreversibile.
Il progressivo aggravarsi della situazione, che i bilanci continuavano ad occultare con varie alchimie, finì per non poteva non ppreoccupare la pur inadeguata ed organicamente succube perfino una dirigenza della Fedit.
inadeguata, succube ed inerte come quella della Fedit, e, soprattutto la Coldiretti che aveva il massimo interesse a non perdere gli immensi vantaggi che dalla vitalità della controllata Fedit le derivavano.
Si giunse così al maggio 1987: il ragionier Scotti incontrò presso la Fedit i responsabili dei singoli consorzi.
Oggetto della riunione fu la correttezza dell’impostazione dei bilanci dei consorzi dell’anno in corso, poiché si temeva di trovarsi di fronte ad una situazione reale peggiore di quella ufficiale.
Ciò basterebbe a dare l’esatta misura dell’inadeguatezza dei controlli interni –- dei Collegi sindacali - ed esterni e cioè ministeriali.
Malgrado avesse ricevuto assicurazioni di fedeltà, il ragionier Scotti andò a parlare della questione con la persona che è apparsa alla Commissione come il vero dominus esterno della Fedit e cioè con il presidente della Coldiretti, onorevole Lobianco.:
Eevidentemente, o aveva motivo di non fidarsi delle assicurazioni ricevute, o la situazione prospettatagli era in realtà molto preoccupante.
Non potendo confidare nelle risorse interne della Fedit, l'onorevole Lobianco ritenne di avvalersi di un tecnico esterno, il professor Pellegrino Capaldo.
Ll'onorevole Lobianco. E Ffu proprio quest'ultimo Lobianco a presentò are al ragionier Scotti il professor Capaldo, che si incontrò ripetutamentepiù volte con i dirigenti della Fedit e dei consorzi.
Ad ulteriore conferma del ruolo preminente e decisivo delle organizzazioni professionali, di cui si è già trattato, va rilevato che
In nota Cap.secondo; par.quarto
il prof.essor Capaldo si incontrò più volte per discutere i problemi della Fedit non con i soli tecnici ma anche e, soprattutto, con i presidenti della Coldiretti e della Confagricoltura come ha ricordato alla Commissione il 1° febbraio 2000 il presidente pro tempore di ques’ultima., dott.or Wallner:
"La Federconsorzi continuava da sempre ad assumere connotazioni politiche, per cui era impossibile imporre una gestione e una considerazione economicistica, non dico rigorosa, ma almeno confacente con i tempi.
(…) ………..Fui convocato, come sempre, da Lobianco (lo considero un galantuomo, anche se mi hanno insegnato che a un certo punto bisogna assumersi le proprie responsabilità) ad un incontro con il professor Pellegrino Capaldo …(…). Mi chiese se ero d’accordo a partecipare ad alcune riunioni in cui avremmo rappresentato al professor Pellegrino Capaldo la vicenda. Risposi: "Altroché, se sono d’accordo! Anche senza preavviso, comunque e dovunque io vengo". Potrei essere più preciso, ma partecipai a non più di tre riunioni.
Dissi al professor Pellegrino Capaldo tutto quello che mi stava in corpo, compresa l'assoluta necessità, a mio avviso, che fosse assunta la responsabilità della gestione di un corpo malato, obiettivamente e finanziariamente, a cui porre mano molto più che rapidamente. Con mia sorpresa l'ultima volta il professor Capaldo mi guardò attentamente facendomi un piccolo complimento, nel senso che mostrò di capire perché passassi per un uomo difficilmente gestibile e molto appassionato e, rivolto a Lobianco, disse (questo non me lo dimenticherò): "Il dottor Wallner dice delle cose che per buona parte sono incontestabili. Se qua non ci mettiamo le mani, la situazione peggiora". Tuttavia alla fine aggiunse: "Non fasciamoci la testa prima che sia rotta" (…)".
I risultati dell’esplorazione diel professor Capaldo, che da quel momento sembra essere diventato diventò il più autorevolemassimo e decisivo "consigliere" della Federconsorzi
In nota ("non si muoveva foglia che Capaldo non voglia lesse" dichiarava il dottor Cocco, presidente del Collegio sindacale della Fedit, alla Commissione ministeriale di inchiesta Poli Bortone il 3 aprile 1995 per descriverne il ruolo)
si tradussero in un progetto di accorpamenti di consorzi, di dismissioni di partecipazioni non strategiche, ma anche in una forte rassicurazione per tutti.
Il professor Capaldo stimò in almeno 1.000 miliardi il patrimonio netto della Fedit e, quindi in una somma tale da rassicurare sulla possibilità di far fronte al crescente indebitamento bancario.
Il ragionier Scotti percorse anche la strada di tentare di avviare una maggiore capitalizzazione dei consorzi ed quindi di ottenere l’afflusso di capitali dall’interno del mondo agricolo, utilizzando i benefici previsti dalla legge n. 752/8 del 1986 (anticipazioni a tasso agevolato ed a rimborso differito) ma, come era prevedibile, senza alcun esito.
L’idea era infatti velleitaria: tendeva a risolvere il problema della sottocapitalizzazione dei consorzi senza intaccarne la struttura, non per rilanciarne l’operatività ma per consentire respiro finanziario alla Federconsorzi.
Eppure i reali problemi finanziari della Federconsorzi e dell'intero comparto agricolo non erano sconosciuti: il presidente della Fedit, il dottor Truzzi, denunciava nel 1983 che il settore agricolo aveva un debito complessivo di ben 14.000 miliardi.
Anche i dipendenti della Fedit, che pur godevano di non lievi privilegi, chiedevano la ristrutturazione dell'azienda, tanto da scioperare nel 1986.
All'Assemblea nazionale dell'associazionismo agricolo del 1° dicembre 1986, il presidente della Coldiretti, onorevole Lobianco, poneva il problema della dotazione di mezzi finanziari ed indicava la prospettiva della creazione di una finanziaria.
Nel frattempo, il P.S.I.artito socialista italiano presentava nel 1986 un progetto di riforma della Federconsorzi e dei consorzi agrari che mirava a sottrarli al controllo esclusivo della Coldiretti e della Confagricoltura, invocava il commissariamento dei consorzi in passivo e criticava fortemente gli amministratori della Fedit.
Il P.C.I.artito comunista italiano, con una coeva interrogazione in Senato, chiedeva che la Federconsorzi venisse riformata aprendosi al concorso di tutti gli operatori agricoli.
Nulla accadde; è tuttavia interessante osservare come il problema venisse individuato non nel sistema Federconsorzi in sé, ma nella sua gestione monopolistica.
Nel marzo dell'anno successivo, la Coldiretti lanciava il c.d.osiddetto "pProgetto AQUILAquila" che prevedeva la distribuzione dei prodotti agricoli degli aderenti alla Coldiretti tramite i canali commerciali della Federconsorzi.
Il progetto non riscosse molti consensi, al di fuori della Coldiretti.
Dichiarava a "Il Sole 24 ore" del 30 aprile 1987, il dottor Stefano Wallner, presidente della Confagricoltura: "Per quanto riguarda la Federconsorzi ed i suoi progetti di collaborazione con il mondo industriale nel campo della distribuzione, io dico che prima si dovrebbe fare della Fedit una cosa seria e poi eventualmente pensare a progetti ambiziosi".
Ha riferito alla Commissione, nel corso dell’audizione del 22 febbraio 2000, l'ex sottosegretario all'agricoltura, Maurizio Noci: "In verità, il presidente Lobianco, con altri colleghi della Coldiretti, aveva cercato, poco prima dello scioglimento della Federconsorzi, di mandare avanti un piano che, secondo me, non poteva essere ben visto dalla Presidenza del Consiglio e neanche dal mondo parlamentare ed economico italiano, perché era la brutta fotocopia del famoso "Programma Quadrifoglio" degli anni Settanta. Chiamavano questo piano "progetto Aquila", per il quale occorrevano - se non vado errato - dai 18.000 ai 25.000 miliardi".
Nel 1988, il P.C.I.artito comunista italiano presentò una proposta di legge di riforma della Fedit e dei consorzi agrari chiedendo che la reale consistenza del patrimonio e delle risorse della Fedit e dei consorzi fossero accertate da una commissione ministeriale che ne avrebbe dovuto riferire al Parlamento.
Ancora una volta non se ne fece nulla.
Dunque l'opposizione politica premeva per cambiare ma continuandova a fare della cooperazione il caposaldo di ogni riforma.
La Coldiretti pensò invece ad una soluzione gestionale sul modello di quella che avevano portato, in quegli anni, al vertice dell'Iri Romano Prodi e dell'Eni Franco Reviglio.
Ma la Federconsorzi presentava una struttura ed una condizione che non ne lo consentivanono la salvezza, se non a prezzo di strutturali e senza radicali cambiamenti che non sembra si volessero.
La cultura politica di una parte della Democrazia Cristiana che era più vicina alla Fedit ed ai temi dell'agro-alimentare pensò invece ad una soluzione gestionale sul modello di quella che aveno portato, in quegli anni, alla testa dell' Iri Romano Prodi e dell'Eni Franco Reviglio.
Ma la Federconsozri non era né l'Iri né l'Eni ed il prescelto non era né Prodi né Reviglio.