Problemi della scienza/Prefazione alla ristampa della seconda edizione
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PREFAZIONE ALLA RISTAMPA DELLA 2ª EDIZIONE
L’opera che agl’inizi del 1906 usciva pei tipi della Casa Zanichelli, ripubblicata in una nuova edizione più copiosa nel 1908, è ormai da varii anni esaurita e — per rispondere al desiderio di molti che mal si adattano a leggerla nelle traduzioni fattene in lingue diverse — l’editore mi ha chiesto di ristamparla.
Questa proposta chiamava naturalmente a riflettere se convenisse riprendere in esame il contenuto del lavoro e recarvi quei perfezionamenti che lo pongano in rapporto coi progressi della Scienza ed anche colle nuove esigenze del mio pensiero.
Infatti, se le idee non sono sostanzialmente mutate, pure la naturale evoluzione di esse ha generato in me una nuova coscienza filosofica, che tende soprattutto ad approfondire l’aspetto storico dei problemi: al lume della quale molti sviluppi dovrebbero qui essere illuminati con nuovo studio. D’altra parte i progressi più recenti di molte teorie fisiche e biologiche contemporanee, che vengono trattate in questo volume, porterebbero a riprenderne e proseguirne la trattazione.
Ma un breve esame mi ha convinto che un rimaneggiamento di tal genere rischiava, o di rompere le proporzioni dell’opera, o di condurmi a scrivere un libro nuovo al posto di quello che ha ormai trovato un posto nella letteratura filosofica della Scienza e a cui, per tale motivo, conviene serbare la fisionomia e il carattere originarii.
Ho dovuto quindi rinunziare all’idea d’una revisione qualsiasi, e — per quanto concerne il desiderio d’un punto di vista storico — mi limito a rimandare il lettore ad altri libri e in particolare a ciò che è contenuto nel mio libro «Per la storia della logica» edito nel 1922.
Per quel che riguarda invece il progresso delle dottrine, io penso che il loro significato filosofico e gnoseologico, per cui vengono esaminate in questo libro, e però sotto tale riguardo il loro valore, resti in larga misura indipendente dai nuovi sviluppi che possono modificarne il giudizio ai fini d’una valutazione strettamente scientifica. Anche perchè, almeno così all’ingrosso, mi sembra che tali sviluppi abbiano camminato piuttosto nell’ordine d’idee segnato da questa critica: invero lo stretto positivismo che ispirava vent’anni or sono l’indirizzo d’un Mach o d’un Ostwald, sembra oggimai superato dal magnifico rifiorire di quelle ipotesi rappresentative che codesti pensatori volevano escludere dalla Scienza.
Ma per una teoria almeno, cioè per la relatività, io sento il bisogno di accompagnare con qualche nota la riproduzione di quest’opera, spiegando un poco il rapporto fra la critica dei concetti e dei principii della Meccanica di cui si discute ampiamente in questo libro e la grandiosa sintesi scientifica che, con Einstein, ha rinnovato la fisica contemporanea.
Diciamo dunque che la teoria einsteiniana, al pari d’ogni progresso essenziale della Scienza, non deriva già da esperienze isolate ed accidentali che — corrette o diversamente interpretate — potrebbero condurre a rovesciare tutto il nuovo edifizio, consentendo un semplice sviluppo delle antiche vedute, ma costituisce il termine naturale d’una crisi che si matura lentamente in due secoli di storia. Di fatto confluiscono in questa crisi diversi movimenti d’idee:
1) la critica filosofica dei concetti, che già ai tempi di Newton — nei circoli cartesiani e leibniziani — repugnava ad accogliere l’azione a distanza e lo spazio o il moto assoluto, e che ripresa e spinta anche nel campo geometrico secondo lo spirito positivo della nostra epoca, è riuscita a nuove e più radicali conclusioni;
2) e lo sviluppo delle dottrine dell’elettromagnetismo durante due secoli, che — attraverso i tentativi d’una spiegazione meccanica e sotto la pressione di sempre più larghe esperienze — ha condotto finalmente ad invertire i termini tradizionali del problema cosmologico posto dal Newton nella prefazione dei «Principia»1.
Ma questi due aspetti concordanti della crisi einsteiniana sono anche inseparabili: coloro che, non avendo lo spirito aperto alla critica di concetti presi ingenuamente come assoluti, disconoscono le esigenze filosofiche della dottrina, si trovano fuori della possibilità di comprenderla, e debbono vedere in essa soltanto dei puri sviluppi matematici formali, un pò artificiosi.
Per contro chi vuole veramente possedere il senso della nuova costruzione ha da penetrare anzitutto il significato filosofico dei suoi principi, che però — a nostro avviso -— non richiama una sufficiente attenzione nelle esposizioni matematiche più diffuse della relatività.
Ora la critica dei concetti e degli assiomi della Geometria e della Meccanica, qui ampiamente trattata, può appunto occupare questo posto, costituendo un’introduzione filosofica alla teoria di cui si discorre: tanto più naturalmente in quanto essa è stata concepita, vent’anni or sono, indipendentemente dal nuovo sviluppo e nondimeno — come già è stato rilevato, p. es. dal Cantelli, — vi appaiono idee che assumono il loro pieno significato soltanto nella teoria della relatività più generale del 1917.
Diciamo di più: che forse, per quel che concerne più da vicino i principi della Meccanica, la nostra critica, integrata dalle considerazioni del Giorgi, può ancora suggerire qualche cosa in rapporto al problema delle «forze», che Einstein, ispirandosi alle idee del Mach, riduce sistematicamente ad effetti di moti relativi: così almeno sembra al Giorgi in seguito ad approfondite riflessioni su cui non è luogo d’indugiare.
Per queste ragioni, osiamo sperarlo, il lettore potrà trovare qualche interesse a leggere qui l’esposizione dell’argomento, nella forma assunta attraverso un’elaborazione di pensiero, che risale agli anni 1900-905.
Roma, Dicembre 1925.
Federigo Enriques
- ↑ Cfr. Newton, Principi di filosofia naturale, con note critiche sullo sviluppo dei concetti della Meccanica, per cura di F. Enriques e U. Forti, ed. Stock, Roma, 1925, (pag. 24).