Primo maggio/Parte settima/VI
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Tornato a casa, trovò suo padre che l’aspettava nel suo studio - seduto -, coi gomiti sulle ginocchia, e le mani incrocicchiate davanti alla fronte, a guisa di tettoia, come per raccoglierci sotto i propri pensieri. Egli v’era così immerso, che l’entrata d’Alberto lo riscosse come dal sonno. Questi capì subito che doveva avere qualche grave cruccio nell’anima, e pensò che il Cambiasi "avesse operato".
Così era, infatti. Il Cambiasi aveva operato la mattina, al caffè delle Alpi, dove il buon padre Bianchini era solito andare a leggere i giornali, e a dèbiter, da un po’ di tempo, il suo innocente socialismo al Moretti e a un vecchio impiegato del Registro, di cui lo irritava la moderazione. Quella mattina s’eran trovati soli, - il Bianchini aveva intavolato il discorso sul 1° Maggio imminente - esprimendo come una speranza quello che in lui, in realtà, era un timore: che il movimento del 1° Maggio, crescendo d’anno in anno di gravità, sarebbe finito, tra pochi anni, in una vera e propria rivoluzione, che avrebbe mutato tutto. E allora, pacatamente, guardando per aria col suo sorriso arguto, e sbirciando tratto tratto sul viso di lui l’effetto crescente delle sue parole, il Cambiasi gli aveva espresso l’animo proprio, che non concordava appunto col suo. - Lo crede lei, signor Bianchini?... Io credo che le forze di resistenza della società borghese siano molto, ma molto maggiori di quello che pensiamo, non dico ai rivoluzionari che credono in un prossimo sfacelo, ma a quelli stessi che non lo credono possibile. La borghesia non prova le sue forze per ora, e non ha forse nemmeno il concetto giusto di esse, perché, non vedendo ancora un imminente pericolo, non è ancora invasata dalla passione, e l’istinto della difesa dorme, per così dire, in lei. Ma lasci che il pericolo nasca, e serio...
Lei vedrà allora la borghesia stessa, i governi, per uscir dall’angoscia, iniziare una reazione delle più violente. Vede Bismarck, in Germania, dove il pericolo è serio, che voleva una guerra aperta coi socialisti, che desiderava, voleva provocare una loro sommossa per finir la quistione a cannonate per le strade. Capisco, lei mi dice: - gli eserciti nazionali sono un’istituzione fragile... Ma al momento supremo, io credo che la borghesia si formerà un esercito da sé, col danaro, un esercito di mercenari, come fanno ora in piccolo i grandi industriali d’America, negli scioperi, che assoldano difensori per proprio conto e che fanno le repressioni terribili come quelle di Chicago; ed essa stessa formerà il nucleo dell’esercito, e si batterà, e come! Lei non sa la forza di resistenza latente che c’è nella parte della società che possiede! Vedrà gli eroi che farà la difesa dello scudo! Si spiegherà più valore, lo creda, per difendere gli averi, di quanto se ne sia spiegato per conquistare la libertà. Sì, caro Bianchini, ci sarà un esercito del capitale, formato degli elementi più feroci della plebe comprati, e che faranno orrori. Avremo un 93 alla rovescia, una sospensione delle libertà, una legge dei sospetti, le persecuzioni, le delazioni; un periodo in cui si griderà per le vie al socialista come al cane arrabbiato, come all’untore nella peste di Milano... Ah! la difesa del danaro fatta col danaro, sarà formidabile, perché è la più terribile delle armi. Non vede negli Stati Uniti gl’industriali che provvedono alla propria difesa con le cinte metalliche elettrizzate intorno alle officine, con depositi di bombe, con mine di dinamite? Pensasse agli orrori della rivoluzione! Ma sarà più orribile la contro-rivoluzione. Ma già è stato sempre così. I borghesi diventan più feroci, perché è più furiosa la paura di perdere che la fame d’acquistare. Vede durante la Comune a Parigi che persino le signorine percotevano i prigionieri. E nelle giornate di giugno? L’esercito fece poco contro i socialisti; la guardia nazionale era la più furibonda; fu lei che insultava i deputati socialisti, che urlava contro le carrozze dei prigionieri, che tirava delle fucilate per le finestre dentro le cantine dove i prigionieri affollati e digiuni morivano di sfinimento nei propri escrementi... Lasci che anche in Italia ci sia ancora un 1° Maggio violento e sanguinoso, e lei vedrà che accadrà quello, e di peggio, perché la nostra natura è più violenta. Ah! io vedo dei brutti giorni!...
Questi discorsi, a cui il padre Bianchini aveva tentato tratto tratto, con incertezza sempre maggiore, di opporre delle obbiezioni, gli avevano cagionato un profondo turbamento, il quale era cresciuto man mano coi suoi pensieri, quando era rimasto solo; tanto che, arrivato in piazza dello Statuto, era già entrato nel suo 5° cambiamento. Egli vedeva il suo adorato Alberto inseguito per le strade come un "cane arrabbiato", - la casa perquisita - lui arrestato - cacciato come una belva, in una cantina, - colpito dalla fucilata d’un borghese tirata per la finestra. Una grande pietà e una grande paura lo prese. Aveva passato tutto quel dopo pranzo in casa, pieno di neri pensieri. Che cosa sarebbe seguito il 1° Maggio? E se seguiva qualcosa, non c’era il caso che facessero una perquisizione ad Alberto, che lo arrestassero, che gli facessero un processo? E con inquetudine, guardava dalla finestra del cortile, l’ordinanza del tenente a pié della scala in fondo, che discorreva con operai, almanaccando che questi cercassero di subornarlo. E allora, nell’animo già scosso nelle sue convinzioni socialiste, s’aggiunse alla nuova paura l’antica: il pericolo della società. Quel soldato che quegli tentavano forse di corrompere, gli pareva un enorme masso delle fondamenta dell’edifizio sociale, smosso il quale, tutto l’edilizio doveva vacillare. Cosa aveva fatto il figliuolo? Aveva preparato dimostrazioni? Sapeva qualche cosa? Era a parte di qualche congiura? Non era il caso di andargli a consigliar la prudenza? Di tentar di rimuoverlo dall’abisso? Da un po’ non s’apriva più con lui. Le sue idee dovevano esser diventate sempre più rivoluzionarie, i suoi propositi sempre più pericolosi. Che cosa meditava? Che cosa intendeva di fare? Che cosa c’era per aria?
In questi pensieri era, quando Alberto entrò, contento della sua spedizione - rallegrato dalla speranza d’aver ottenuto il suo scopo, o almeno messo l’irresoluzione nell’animo degli anarchici con cui aveva parlato.
Vedendolo, s’alzò, e andò ad abbracciarlo con effusione. - Cos’hai, babbo? - gli domandò.
Ed egli a voce bassa: - Dimmi un po’, - Alberto; - hai delle carte compromettenti in casa?
Egli non capì subito - poi sospettò il timore d’una perquisizione - e si mise a ridere. - No, non aveva carte compromettenti. Egli poteva vivere sicuro. Che diavolo di idee gli passavano pel capo?
- E... - domandò il padre - che cosa seguirà domani?... Sai qualche cosa?... Parla francamente a tuo padre, che non ha paura di nulla... Hai.... parte in qualche cosa?
Alberto rise di nuovo, - e lo rassicurò. Credeva che non sarebbe seguito nulla di grave. Non aveva parte in nulla.
Allora il padre gli fece questa domanda inaspettata: - Ma... quali sono le tue idee, per gli anni venturi? Qual è la tua... linea di condotta?... Sei per la rivoluzione?
Alberto dissimulò un sorriso. E fatto sedere il padre, e sedutosi davanti a lui, accanto al tavolino, dove, con sua sorpresa, vide tre o quattro dei suoi libri socialisti, gli disse amorevolmente, come a un fanciullo: - No, papà. Non per ora. Non perché io ritenga ingiusta la violenza per ottenere un gran fine: come è stata santa anche la guerra civile, per redimere il popolo dalla schiavitù politica, lo sarebbe per redimerlo dalle ingiustizie, dalla miseria, dalla schiavitù economica. Ma perché credo che una rivoluzione non farebbe ora che sostituire ai mali lamentati un periodo di disordine, dopo il quale i mali rimarrebbero. La rivoluzione bisogna che segua prima nei cervelli e nelle coscienze, e questo è lento. Nessuna grande riforma sociale si compie durevolmente senza la collaborazione del tempo. Bisogna che la rivoluzione sia come un effetto lento, preparato, necessario: allora si produrrà col minimo degli attriti e col massimo del successo. Bisogna perciò far entrare nel cuore dei proletari così profondamente le credenze e i sentimenti collettivisti che le antiche tradizioni essendone sradicate non possano più ricomparire sotto la forma abituale di reazione. Quindi non rivoluzione. Ma il lavoro lento, sicuro, naturale dell’evoluzione, la quale a un dato punto potrà produrre una scossa, senza che pochi danni a pochissimi, ma una scossa che rovinerà le ultime muraglie tarlate di un edifizio già sfatto, scoprendo il nuovo già compiuto.
Il Bianchini respirò e si rischiarò. - Alla buon’ora! ma se lo dicevo io! E in questa evoluzione ci credi? Credi che col tempo si attuerà il collettivismo?
- Io non lo so. Nessuno può prevedere, nessuno ha mai preveduto in nessun tempo quello che sarebbe stato la società futura dopo vent’anni, perché questo dipende da congiunture poste fuori d’ogni previsione. Che importa stabilire le forme precise? Sono le tendenze che basta accertare. Certo il collettivismo è una bandiera attraente e vistosa, è necessaria per raccoglier l’esercito, per accelerare l’evoluzione, per eccitare delle energie che altrimenti sonnecchierebbero per molto tempo ancora. Io non lo credo impossibile. Ma forse l’avvenire non somiglierà molto ai piani dei riformatori socialisti d’adesso. Il socialismo, tra poco, non sarà un partito, ma il risveglio dell’umanità tutta intera al sentimento del suo vero ufficio, del suo vero destino che è la tendenza all’unificazione di più in più accentuata in un immenso organismo, di cui non possiamo che sospettare la genesi e vagamente supporre l’organizzazione, la costituzione e il funzionamento futuri. L’avvenire, ha detto Erberto Spencer, tiene in serbo delle forme sociali superiori alle concezioni dei più arditi utopisti... Forse il socialismo, continuando ad estendersi, si modellerà sullo spirito generale e sui bisogni di ciascun popolo. Impossibile prevedere se l’armonia dell’economia verrà ottenuta mediante una grande diffusione delle società cooperative - o mediante una produzione collettiva regionale, parziale o nazionale - o se pure la società passerà per uno stadio cooperativo prima di arrivare a un ordinamento socialista, ossia da grandi associazioni, di un numero sempre più ristretto, a una grande associazione unica, che sarà una forma di stato socialista. Forse nessuna forma dei differenti collettivismi s’attuerà interamente. Forse la nuova organizzazione sociale sarà una fusione dei vari collettivismi. Questo non conta. Se anche tutte le forme in proposito fossero improbabili, questo non proverebbe che l’idea che loro serve di base manchi di valore, ma soltanto che la scienza politica è ancora in uno stato molto rudimentale. Quello che è certo è che tutto tende a una conformazione generale. A un ordinamento in cui sia provveduto all’interesse del maggior numero, - con un sacrifizio di quelli che ora formano il numero minore - un ordinamento in cui il lavoro avrà perso il suo carattere servile, e avrà i diritti delle proprietà d’ora - un ordinamento basato sopra la vera solidarietà - un livellamento - fra le moltitudini che saliranno a una vita più nobile e più umana, e le classi superiori che saranno spogliate dei loro privilegi - Questo è certo. La distruzione dell’ordine sociale attuale è determinata da leggi storiche altrettanto che lo fu il suo stabilimento. Tutte le cause che hanno determinato il sistema attuale, modificandosi sotto la pressione del numero (divenuto più colto e concorde), lo distruggeranno. La borghesia cadrà per le stesse ragioni che cadde l’aristocrazia, cadrà quando per i progressi della tecnica industriale, quando l’eliminazione della concorrenza per opera dell’associazione, quando la produzione diventata addirittura meccanica, renderanno inutile la sua funzione. La trasformazione è in ogni pulsazione della società attuale che si trasforma insensibilmente in società dell’avvenire.
Il Bianchini respirava di più in più liberamente. Ma in quel momento furono interrotti: entrarono Giulia, il ragazzo, la sorella, la madre. Vedendoli in una conversazione seria, tacquero, e s’avvicinarono. - Ah! questo Alberto - esclamò il Bianchini - mi dice delle cose così ragionevoli, così alte, così belle! - Dunque, - tu non credi - che il movimento travierà?
- Non lo credo, perché la ragione estende sempre più avanti il suo dominio sugli uomini, perché, parallelo a questo movimento sociale, vive un movimento scientifico e razionale, che lo trattiene nella giusta misura, e impedisce alla società moderna di precipitare nella catastrofe che ha uccisa la civiltà antica. D’altra parte, l’organizzazione operaia, allargandosi sempre più e offrendo conforti economici, cultura intellettuale, educazione alla vita pubblica, embrioni di ricostruzioni future finirà per attrarre a sé tutti gli elementi che s’affacciano al socialismo per lo sportello dell’anarchia. Grande è la potenza attrattiva dell’organizzazione! D’altronde quanto più entrerà nel movimento gente della classe borghese, tanto più ci sarà garanzia che non travii. Quanto più sarà vicina la vittoria, tanto meno ci sarà impazienza. Il fiume saltellante, torbido, violento nella valle alpina diventerà fiume largo e tranquillo vicino alla foce.
- Ah! tu mi conforti!... Ed intanto, che cosa farete?
- Intanto, cogliere a volo, fecondare, aiutare tutte quelle riforme, anche proposte da non socialisti, che tendano al fine supremo: che lo stato s’occupi con tutti i mezzi di migliorare le condizioni degli operai, - la tassa progressiva - la limitazione dei diritti di eredità - doveri imposti alla proprietà fondiaria - la cassa-pensioni per la vecchiaia - l’abolizione delle imposte sui generi di prima necessità - tutte le leggi protettrici del lavoro - la colonizzazione interna - la soppressione di tutti i monopoli concessi ai privati - l’abolizione graduale dei debiti della nazione e dei comuni - l’istituzione d’un demanio nazionale, d’un credito nazionale, permettenti alle corporazioni di eliminare a poco a poco il salariato... Tutto questo non indebolirà, rafforzerà il socialismo - che uscirà da un indefinito ampliamento delle leggi protettrici del lavoro. Le riforme chiameranno le riforme. Il miglioramento economico delle classi lavoratrici non le concilierà punto con l’attuale ordinamento sociale, perché il socialismo parte appunto da questo dato di scienza e d’esperienza, che nell’attuale società è impossibile al proletariato conquistare una condizione soddisfacente, - perché le radici della ribellione non stanno già nella miseria, ma nell’antagonismo di classe fra gli sfruttatori e gli sfruttati e nella instabilità del sistema di produzione moderna. E ogni conquista del proletariato inasprirà, invece di addolcire, l’antagonismo. Tutto ciò che rinforza le classi lavoratrici, sia sul terreno economico che sul politico, le rinforza nella lotta pel socialismo. Le riforme chiameranno le riforme. Tutta la ricerca dei miglioramenti immediati deve aver per scopo e avrà per effetto l’educazione amministrativa e l’organizzazione del proletariato, con lo scopo di arrivare all’abolizione del salariato mediante il concorso di lavori pubblici, prima influenzati, poi conquistati. Tutte le concessioni fatte al proletariato saranno delle posizioni conquistate, da cui egli batterà altre posizioni. E la conquista è certa - perché i lavoratori, urbani e rurali, e i piccoli borghesi che hanno da guadagnare e non da perdere, sono il numero. Quando saranno d’accordo e vorranno, saranno il diritto.
- E intanto, la propaganda?
- La propaganda: sì - fare una propaganda assidua, operosa, instancabile - facendo procedere di pari passo l’idea e l’azione - l’organizzazione delle coscienze e quella delle masse. Coltivare, elevare in esse il cuore, disciplinare, fortificare, dirigere la ragione. Promuovere le associazioni che nobilitano l’individuo, insegnano il coraggio e la perseveranza - fortificano i legami della solidarietà - esaltano lo spirito di abnegazione - sviluppano il sentimento della responsabilità e della dignità. Combattere le associazioni operaie disciplinate, dirette, corrotte, sfruttate da gente estranea alla loro classe e indifferente od ostile ai loro veri bisogni e interessi. - Combattere gli operai scettici, sradicare l’ubbriachezza, reprimere le violenze, le passioni selvaggie. Indurli a non disperdere le loro energie in discorsi, feste, commemorazioni. Educare e agitare. Non far più propaganda con progetti particolareggiati, che sollevano dubbi, controversie, scissure. Non domandar le carte a nessuno. Non perdere il tempo a fare ad uno ad uno dei socialisti. Convergere tutte le forze ad un fine comune e pratico. Persuaderli che bisogna che s’allineino subito, si contino, si esercitino, si disciplinino, e che quando saranno organizzati, avranno assai più facilmente ragione delle opinioni individuali. Scendere in mezzo ad essi - persuaderli che non dal disordine, ma nell’ordine si troverà la giustizia e la pace, e che quest’ordine non uscirà che dalla loro concordia e dal loro senno - far loro nascere l’amore nel cuore, facendo loro abbracciar col pensiero le miserie e i dolori di tutti, e desiderare di tutti il bene - non l’odio contro gli individui, perché i mali della società derivano da un ordinamento vizioso, non dalla volontà degli individui - e fargli capire che il nuovo regime non sarà possibile se non con l’equità nel cuore di tutti. Propaganda, franca, onesta, leale, aperta, alla luce del sole, senza scoraggiarsi di nulla, senza sperar nulla per sé - con un infinito amore per tutti.
E per la borghesia?
- La propaganda anche fra essa, fra i giovani, fra le donne. Persuaderli che l’avvenimento del socialismo è una cosa fatale, come lo sviluppo del corpo d’un fanciullo. Fare una continua guerra ostinata al regime individualista e capitalista - una critica costante, infaticata, implacabile da tutte le parti - perché il sentire e comprendere un’ingiustizia è già un principio dell’abolirla. Consigliare i padri, gli insegnanti, tutti gli educatori a infonder nei giovani queste aspirazioni, a prepararli ad adempiere doveri nuovi e a far grandi sacrifizi, a metter maggior generosità nei loro futuri rapporti con le classi lavoratrici - a resistere alla passione smodata del lucro - a disprezzare il lusso insensato e provocatore - a non considerare la classe a cui appartengono come un monumento trionfale di cui il resto dell’umanità sia il piedistallo - a meditare le miserie e i dolori del mondo, a soffrirne, a ripararvi dì per dì, nella misura delle proprie forze, anche in piccolissime cose... Sta nell’educazione scolastica una gran parte delle forze intellettuali dal culto esagerato del passato, dalle frivolezze accademiche, dalle pedanterie, dalle vane fantasticherie, dalla rettorica patriottica, per volgerle al presente, alle grandi idee umanitarie, ai bisogni delle moltitudini e sopra tutto al rispetto dell’idea in altri, alla discussione pacata, non all’intransigenza acre e chiusa e astiosa, che semina l’odio e la violenza. Persuaderli che la corrente delle idee nuove, come l’acqua dei fiumi, se sarà ostacolata, spezzerà tutto, e dilagherà, portando la desolazione; se sarà incanalata, porterà nei campi la ricchezza e la vita. Indurre tutti, gli egoisti, gli spensierati, i crudeli, a sentir la voce dell’umanità, a voltarsi verso il futuro, a secondare il movimento di queste moltitudini che sorgono a una nuova vita, e a persuaderli che da tutto questo uscirà un bene per tutti - perché dei mali presenti tutti soffriamo, tutti soffriamo nella coscienza e nel cuore della miseria, dell’ignoranza, della degradazione dei millioni di nostri fratelli!
Bianchini padre s’alzò. La sorella l’abbracciò. Solo la madre rimase impassibile.
- Oh come è possibile che passi ancora lungo tempo senza che tutti comprendano questo? Com’è possibile disconoscere che il socialismo porta una concezione più alta, più larga, più nobile della parte e della funzione dell’uomo in una società che l’individualismo borghese? Che la formula "tutti per uno e ciascuno per tutti" è più vivificante e infinitamente più vera che "il ciascuno per sé"? Che questa unisce di più gli individui nelle famiglie, le famiglie nelle patrie, e le patrie nell’umanità? Che è la più capace di suscitare le più nobili attività del nostro spirito e i più generosi ardori del nostro cuore? Se immaginate quel mondo - sarà tanto migliore di quello d’adesso! Gli animi non più inaspriti dallo spettacolo della mostruosa ingiustizia presente - il lavoro ridotto umano, la macchina alleggerente il lavoro dell’uomo, non più creatrice d’affamati, un’istruzione sufficiente data a tutti - le invenzioni meccaniche lascianti il tempo a tutti di coltivare lo spirito - non più odi di classe - non più la terra insanguinata per quistioni d’orgoglio e per primazie nazionali che non hanno il fondamento del vantaggio di tutti...! Tanti delitti di meno, tanti disordini cessati, tanti focolari d’odi spenti! Ancora i dolori, le sventure, le lacrime, inseparabili dalla nostra natura; - ma non più questo immenso fremito d’ira e d’odio che turba la vita di tutti, - non più questa furiosa lotta da uomo ad uomo - queste moltitudini miserabili, avvilite e intristite - questo cumulo immenso di mali e di vergogne! Oh no, questo non è un sogno! - o è un sogno ogni idea di progresso. È la santa speranza d’una cosa certa, la più grande e più dolce speranza che possa entrare nell’anima umana! Chi lotta per essa è odiato ora, sarà dimenticato in avvenire - che importa! Noi non lavoriamo per noi. Tu, Giulio - disse al bambino abbracciandolo - tu vedrai queste cose, o le vedranno i tuoi figli! Vedi quello che mi dà forza è il pensare che tu e loro sarete più felici di noi, più giusti, più buoni, circondati da un mondo migliore. E il mio premio è fin d’ora il pensare che voi penserete a me, e direte che ho fatto qualche cosa per preparare l’avvenire, che se non altro vi ho creduto, che ho vissuto per esso, e che l’ho desiderato con tutta l’anima mia!...
- Oh questo avverrà! I millioni s’intendono attraverso le frontiere... Mai, dopo il cristianesimo, più alte e numerose e sante voci di fratellanza non sono risonate nel mondo. Mai più grande ideale è stato compreso da un maggior numero d’uomini. Gli eserciti si formano formidabili - l’idea penetra in tutti gli strati sociali - i disertori della classe borghese non si contano più - la scienza dà alla causa ogni giorno un’arma di più. Il socialismo invade tutto. La marea monta, e vi precipiteranno l’un dopo l’altro privilegi, superstizioni, vecchie istituzioni, lacere bandiere, idoli falsi. E se una crisi violenta e lunga sarà inevitabile, gli uomini nuovi sorgeranno! Essi nascono dalle crisi rivoluzionarie come il lampo dalla tempesta, nei momenti eccezionali in cui i sentimenti e le idee sono sovreccitati, in cui gli spiriti e i cuori sono sollevati come da un soffio irresistibile, escon fuori dei grandi e dei forti. Le avanguardie sono già un esercito, esse laurean gli scienziati, i sacerdoti, i poeti, i martiri, gli organizzatori, - dalle piazze forti in cui tutti hanno già un cuor fedele. È un fremito che corre per il mondo. Fra vent’anni non ci sarà più un’anima nobile e un’alta mente che non sia per la causa. E quello che ora è il palpito di pochi, sarà il fremito del mondo.
La mamma non parlò; ma la sorella lo baciò, Bianchini padre se n’andò consolato, - libero dai terrori che gli aveva messo Cambiasi - e quando furon soli, Giulia gli gettò le braccia al collo.
E mai egli aveva avuto una sera come quella che passò con lei - una sera in cui ai trasporti dell’amore si unisse una più profonda tenerezza, un più ostinato e disperato bisogno di stringerla come se gliela volessero portar via, come se quella fosse l’ultima notte che egli doveva passare con essa. Mai un bisogno più amoroso e triste di riandare con essa il passato, i primi giorni del loro amore, gli incontri, le parole, le felicità dell’unione, le vicende dell’infanzia di Giulio, i loro dolori e le loro gioie comuni. E di discorso in discorso, venne a parlargli della sua conversione, e le domandò perdono dei dolori che le aveva cagionati, con tanto ardore d’amore e di tenerezze che sentì le sue lacrime scorrere abbondanti e tepide nei propri baci. - No, son io, Alberto, che debbo domandarti perdono - io che non t’ho capito - io che t’ho afflitto! - E nell’oscurità, le più dolci lacrime si scambiarono, le più dolci parole che fossero mai uscite dall’anima loro, - e esaltandosi lui a tal punto, che essa s’interruppe a un tratto nell’ebbrezza di quell’abbandono, per domandargli con grande ansietà - Alberto, che cos’hai?... Ma egli la rassicurò, non aveva nulla, era felice, perché aveva quella Idea e tutta l’anima sua. E quando la stanchezza li prese, l’uno nelle braccia dell’altro, vicini a sopirsi, egli le disse con un sorriso che essa non vide ma sentì: - Domani è il 1° Maggio. È giorno di festa. - Essa gli rispose, con un bacio sulla fronte le più care parole ch’egli potesse udire dalla sua bocca: - È la nostra festa.