Primo maggio/Parte quinta/V
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Il signor Geri, quando seppe la cosa, decise freddamente d’andar a schiaffeggiare il ragazzo e a provocare il fratello, e uscì di casa con questo proposito; ma ricordandosi a un tratto, per la strada, d’aver inteso parlare anni addietro di certi duelli disperati in cui l’avvocato Rateri aveva salvato la pelle per miracolo, rifletté, e cambiò idea; non già per viltà, ché aveva fatte le sue prove; ma perché non c’è cosa che smorzi tanto l’ardor di battersi, anche in un uomo di coraggio, quanto l’esser certo di non far paura. Gli balenò, d’altra parte, un’idea molto più "pratica". Pensò di giovarsi dei disordini avvenuti per promovere di sottomano, fra i padri degli alunni, un atto di protesta collettiva contro il Bianchini, da presentarsi alle Autorità, e, occorrendo, da pubblicarsi; il quale avrebbe avuto per effetto certissimo, dopo il monito che già gli era stato dato, di farlo sospendere dall’insegnamento e di mettere il fuoco a casa sua. Si diede subito all’opera, scusandosi del non firmarsi egli stesso perché era amico della famiglia, trovò dei protestanti più arrabbiati di lui, e quando vide l’affare avviato bene, ne diede un cenno, come di cosa intesa dire, al Commendatore, per far scoppiare la prima mina. L’effetto che gli fece la notizia fu tale che, la sera stessa, venendo da lui la figliuola, lo trovò con la tuba in capo e la canna, pallido e con le mani tremanti, che stava per andar difilato da suo marito a fargli una scenata tremenda. A gran fatica, buttandogli le braccia al collo e supplicandolo con le più dolci parole, essa riuscì a farlo rinunziare a quel passo, che, per l’irritazione in cui egli ed Alberto si trovavano, avrebbe avuto tristi conseguenze; ma, per la prima volta, egli fu durissimo anche con lei. Che potere aveva ella dunque su suo marito, che non era capace di tenerlo in freno e di fargli rispettare il nome della sua famiglia? Come non comprendeva che la destituzione imminente di Alberto, "per una causa simile", sarebbe stata più che un disonore per suo padre, un disonore aggiunto a un immenso, insopportabile ridicolo? Le dava ancora tre giorni di tempo per indurlo con la ragione o con la minaccia del suo intervento a mutar condotta nella scuola e a fare ammenda dei suoi spropositi, e poi avrebbe preso una risoluzione memoranda. Ed era già uscita sul pianerottolo che la raggiunse ancora un: - Mascalzone! - strozzato fra i denti, che la fece fremere da capo a piedi.
S’avviò verso casa, scansando la luce dei lampioni, per nascondere le lacrime che le rigavan le guancie, senz’avvedersi della neve che cominciava a cadere a larghe falde; e prevedendo che quell’incontro che aveva scongiurato per il momento, tra suo marito e suo padre, non l’avrebbe potuto impedire un’altra volta, e che ne sarebbe nata una sventura; e pensando ai begli anni che aveva vissuti con Alberto, e al loro grande amore, e ai suoi cari sogni di vita felice e tranquilla, svaniti forse per sempre, fu presa da una così profonda tristezza che durò fatica a non singhiozzare per la strada. Eppure, si doveva far forza e tentar qualche cosa. Ma con lo stato d’animo in cui si trovava da qualche giorno suo marito, che s’adombrava d’ogni sua parola anche più gentile, parendogli detta per consolarlo della condizione falsa in cui si sentiva, era insensatezza di tornare ai rimproveri e di ricorrere alle minaccie. Non c’era più che una prova a tentare, che sarebbe stata l’ultima, e, dopo averci un po’ meditato, essa vi si determinò, confortata da una speranza: non gli dare consigli, non gli chieder promesse, non gli dire a questo proposito nemmeno una parola: non cercar altro che di riprenderlo con le forze dell’amore, di ridestare il suo cuore di sposo, di avviticchiarsi a lui con tanta passione, di mettergli tanta dolcezza, tanta voluttà nell’anima e nel sangue, da rifarlo tutto suo, da ricondurlo addietro, ai loro primi anni, quando fra le sue braccia scordava il mondo e desiderava di esalare la vita; e allora, forse, senza lotta, essa avrebbe ottenuto da lui quello che voleva. Ah, in fondo all’anima egli l’amava ancora, essa era ancor giovane e gli pareva sempre bella, e sentiva ancora, a quando a quando, ardere sotto il suo bacio la fiamma antica; e l’avrebbe ripreso in quel modo. E a questa idea si sentì salire come un dolce calore dal seno alla fronte, e si propose di vincere un certo timor vergognoso di parer strana o affettata, che aveva sempre rattenuto l’impeto delle sue più vive espansioni, e pensò parole, atti, accenti e carezze, e, tutta calda di questi pensieri, arrivò a casa palpitando, come a un convegno amoroso. Alberto era uscito: essa decise di star levata fin che tornasse, e corse nella sua camera a guardar nello specchio il rossore e il sorriso della sua speranza.