Primi poemetti/Suor Virginia
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SUOR VIRGINIA
Tum tum... tum tum... - Ell’era stata in chiesa
a pregar sola, a dir la sua corona
3sotto la sola lampadina accesa.
Avea chiesto perdono a chi perdona
tutto, di nulla; simile ad ancella
6ch’ha gli occhi in mano della sua padrona;
a una che su l’uscio di sorella
ricca, socchiuso, prega piano, a volo;
9ch’altri non oda. Era tornata in cella.
E ora avanti il Cristo morto solo,
avanti l’agonia di Santa Rita,
12si toglieva il suo velo, il suo soggólo.
Il cingolo a tre nodi dalla vita
poi si scioglieva: un giallo teschio d’osso
15girò tre volte nelle ceree dita.
Tum tum... - Chi picchia? Si rimise in dosso
lo scapolare. Forse alla parete
18dell’altra stanza. L’uscio non s’è mosso.
Forse qualche educanda. Una ch’ha sete,
ch’ha male... Aprì soavemente l’uscio.
21Entrò. Niente. I capelli nella rete,
le braccia in croce, gli occhi nel lor guscio...
dormivano, composte, accomodate,
le due bambine. Aperta la finestra
25era a una gran serenità d’estate.
L’avea lasciata aperta la maestra
per via del caldo. Un alito di vento
28recava odor d’acacia e di ginestra.
Ma che frufrù nell’orto del convento!
Passava, ora d’un gufo, ora d’un gatto,
31un sordo sgnaulìo subito spento.
Un grillo ora trillava, ora d’un tratto
taceva: come? Come se lì presso
34fosse venuto chi sa chi, d’appiatto.
Un fischiettare, un camminar represso,
un raspare, un frugare, uno sfrascare
37improvviso su su per il cipresso...
Brillavan qua e là lucciole rare,
come spiando. Un ululo ogni tanto
40veniva da un lontano casolare.
L’urlo d’un cane alla catena, e il canto
più lontano d’un rauco vagabondo,
43nell’alta notte, era la gioia e il pianto
che al monastero pervenìa, dal mondo.
Dormivano. Sì: anche la sorella
piccina. Era composta, era coperta.
47Suor Virginia tornò nella sua cella.
Tornò lasciando la finestra aperta
a quel lontano canto, a quel lontano
50bau bau di cane ch’era sempre all’erta;
aperta a quello scalpicciar pian piano
d’uomini o foglie, a quel trillar d’un grillo,
53che poi taceva sotto un piede umano...
Dormivano. Il lor cuore era tranquillo.
La suora si svestì, così leggiera,
56ch’udì per terra il picchio d’uno spillo.
S’addormentava. - Tum tum tum... Che era?
E suor Virginia si levò seduta
59sul letto, mormorando una preghiera.
Ella ascoltò: la piccola battuta
venìa di là. Si mise anche una volta
62lo scapolare. Entrò. Riguardò muta.
No. L’una e l’altra si tenea raccolta
al dolce sonno. Non avean bisogno
65di lei. La bimba s’era, sì, rivolta
sul cuore; all’altra; a ragionarci in sogno.
Tornò, comprese. Avea bussato il Santo.
Era venuto il tempo di lasciare
69il suo cantuccio in questa Val di pianto.
A quel Santo ogni sera essa all’altare
dicea tre pater. Egli non ignora
72nell’ampia terra il nostro limitare.
Poi ch’egli va, pascendo il gregge ancora,
come allora; e devia dalla sua strada
75per dire a questo o quello ospite: È l’ora.
Egli è notturno come la rugiada.
E viene, e bussa fin che il sonnolento
78pellegrino non s’alza e non gli bada.
Egli era, dunque, entrato nel convento
per rivelarle l’ora del trapasso.
81Picchiò. Poi stava ad aspettare attento.
Ella sentito non ne aveva il passo,
perchè va scalzo. Su la soglia trita
84certo aspettava col cappuccio basso.
Suor Virginia il fardello della vita
doveva fare: il cielo era già rosso:
87il suo fardello. Tra le ceree dita
prese il rosario col suo teschio d’osso.
E vennero le morte undicimila
vergini, con le lampade fornite
91d’olio odoroso; camminando in fila;
di bianco lino, come lei, vestite;
nelle pallide conche d’alabastro
94portando accese le lor dolci vite;
passando, sì che in breve erano un nastro
bianco, ondeggiante, a un alito, pian piano,
97nel cielo azzurro tra la terra e un astro;
passando, come gli Ave a grano a grano
d’una corona. E le dicean parole
100di sotto il giglio che teneano in mano.
Aveva ognuna, su le bianche stole,
l’orma di sangue della sua tortura.
103Anch’ella, al cuore. Le dicean: Non duole.
Era, la prima d’esse, Ursula pura,
lassù, che tuttavia lampade accese
106splendeano in fila per la terra oscura.
Le vergini non tutte erano ascese.
Quella picchiò tre volte con lo stelo
109del giglio. E in terra Suor Virginia intese
quei colpettini al grande uscio del cielo.
Tum tum... Di là, con tutto quel gran cielo
alla finestra, oh! trema come foglia
113secca che prilla intorno a un ragnatelo,
la bimba, e bussa, e par ch’ora, sì, voglia
dirglielo: “Madre, c’è uno laggiù:
116chiuda!„ E volge gli aperti occhi alla soglia
dell’uscio: aspetta. Ella non venne più.