Primi poemetti/L'accestire/La canzone del bucato
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LA CANZONE DEL BUCATO
Quel tintinno diceva: — Era l’estate:
le cicale cantavano sui meli:
3bianca famiglia, voi dove eravate?
Certo nei campi: lunghi e verdi steli
col fiore in cima: ondoleggiando allora
6non pensavate a diventar dei teli.
Venne l’autunno: usciste d’una gora
umidi e bianchi; bianchi sì, ma canne
9dal fiume usciste a riveder l’aurora.
E poi sembraste piccole capanne
là sul greto tra i ciottoli e le ghiaie,
12ritte sui piedi delle quattro manne.
Sonava presso voi nelle pescaie
il cadenzato canto delle rane,
15pari a quello che poi venne dall’aie,
chiaro gracchiar di gramole lontane.
Venne l’inverno; e vennero al camino
l’esili nonne, con una gran ciocca
19bianca, e ciascuna con un suo piccino:
un piccino che ronza e che non tocca
mai terra, eppure non va mai lontano,
22frullando giù col filo nella cócca.
Con queste rócche venne poi pian piano
lo stridulo arcolaio; e le sorelle
25dietro si corsero corsero invano.
E il telaio sonò tra le procelle:
rumoreggiava tutta la contrada
28di battenti, di calcole e girelle.
Dopo tanto rumore; alla rugiada,
sul verde prato, in una rosea sera,
31diritta e lunga, simile a una strada,
c’era la tela; ed era primavera.
Sopra le margherite e sopra il timo
stava la tela, e si vedea lì presso
35un canapaio nero ancor di fimo.
E la luna pendea sopra il cipresso,
e tu guardavi quella strada, o Rosa,
38lunga, e quel campo, dove a quel riflesso
il tuo corredo già nascea, di sposa —