CXXXVIII

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CXXXVIII.


Donne mie care, agl’occhi lividetti
     Conosco, che v’è giunto il vostro mese,
     E la venuta di messer marchese,
     4Vi mette in guazzabuglio i canaletti.
Però bisogna a forza di confetti
     E di vernaccia starvi in buone spese,
     Ogn’opra usando acciocchè ’l vostro arnese
     8Quanto più sia possibile, si netti.
E se nell’orto mio venute siete
     Per coglier erbe, e poi per farne stracci
     11E cavarvi la voglia che tenete,
Ruta e serpillo avrete senza impacci,
     L’erba mia non, che come voi sapete
     14La menta mai non entra in sanguinacci.