È giunta l’ave ad annunciar la sera
nell’ombra della stanza ove son solo;
presto dirà mia madre la preghiera, 4flauteggerà fra breve l’usignolo.
Ma io non so più pregare «Avemaria
che benedici oltre il villaggio i monti...»
io non so più pregare, e tuttavia 8cantare ancor non so nei miei tramonti.
Chi spense in me la lampada soave
della mia fede? Ardea la dolce fiamma
e pur bastava a mantenerla un’ave 12detta così, la sera, con la mamma,
detta intrecciando alle mie mani giunte
la piccola ghirlanda d’un rosario,
che avea le rose ormai tutte consunte 16come i gradi d’un vecchio santuario.
O ghirlanda, allor tutta la mia vita
stava in te chiusa, semplice, innocente...
Ora non più: ch’io sfatta tra le dita 20t’ho fiore a fiore, inavvertitamente.
E poichè ad ogni tuo sfiorir moriva
su la mia bocca una preghiera, or, sola,
per quanto io pensi, ormai, di quelle, viva 24non mi resta che l’ultima parola:
«e così sia». Ebbene, e così sia
di me, come d’un vecchio mendicante
ch’è ammutolito, solo, in una via 28chiusa da un fitto intrico a ogni passante.
Che vale, ormai, se ancor ricorda il gesto
o la parola dell’implorazione?
Nessuno passa, ed un roveto presto 32seppellirà il suo corpo e il suo bordone.
L’anima è triste. È in me come il rimorso
d’un mite bimbo che ha distrutto un nido,
che ha turbato un ruscello nel suo corso, 36così, per gioco, con un lieto grido.
Dalla finestra aperta entra la sera
che m’avvolge, facendomi più solo.
Odo mia madre dir la sua preghiera 40e flauteggiar nell’ombra un usignolo.
Or dalle soglie ov’erano sedute,
là nel villaggio s’alzan le fanciulle
per rientrare nelle case mute 44dove già in pace dormono le culle.
E ad una ad una le campane note
tacciono stanche di chiamar le stelle:
chi accenderà le lampade devote 48nella mia stanza ch’è senza sorelle?
E a chi dedicherò questa giornata,
poichè più in nulla l’anima mia crede?
Quant’ombra in me, poi che s’è consumata 52la lampada soave della fede!
Non già il ritorno della primavera
l’ulivo appende sopra il capezzale,
donde, anzi, tolsi quel che sempre c’era 56stato, soave quadro di Natale.
Ed è l’anima mia come una bianca
camera dove, ancora che dolcemente
si sia spenta la pia lampada stanca, 60sempre rimane un ospite vivente,
che, temendo d’infranger cose care,
non muove un passo, non fa un gesto: tende
solo l’orecchio, se ode camminare 64chi recherà la luce ch’egli attende.