Poesie (Parini)/XI. Epigrammi

XI. Epigrammi

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XI

EPIGRAMMI

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I

Cari figli, non piangete;
che, se nati ancor non siete,
non potendo vostro padre,
vostra madre vi fará.

II

Dove presso il Tarpeo
vanta selva di corna il Tebro infame,
e a le latine dame
corre a sciacquar le puzzolenti f....
da co.... reverendi scompisciate,
giunto in cospetto al culiseo romano,
cosí cantava un buggeron toscano:
— Il mio genio è buggerone:
non inclina al sesso imbelle:
doneria cento gonnelle
per un lembo di calzone,
il mio genio buggerone. —

III

     Colui che giace qui,
nacque, pianse e mori;
e ti chiede soltanto
una stilla di pianto.

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IV

     All’abbate Recalcati,
disonor de’ preti e frati,
solennissimo maiale,
madrigale.

V

A Paolina Secco Suardo Grismondi.

     Sai tu, gentil Grismondi,
che cosa l’una all’altra sospirando
disser le Muse, quando
videro i versi tuoi?
— Costei, cara sorella,
fa versi come noi;
ed è di noi piú bella. —

VI

     Virtú, grazie, beltá, modestia e ingegno
sono i bei pregi onde sull’alme hai regno.

VII

Pel ritratto dell’incisore Pietro Martini.

     Nacque a la Parma; e dal natio paese
giunto a la Senna le bell’arti apprese.
     Volse all’incider la perizia e l’estro:
e con lode trattò lo stil maestro.
     Pregio adunò d’effigiate carte;
diè co’ suoi scritti nova luce all’arte.
     Dòtto in vari sermon prischi e moderni,
gustò i lavori de lo ingegno eterni.

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     Vera filosofia nodrí nel petto:
fu saggio, pio, modesto, umano e schietto.
     Lasciò, morendo al sessantesim’anno,
la consorte e gli amici in lutto e in danno.

VIII

Contro Natale Rusnati.

     Quando de l’ode alcaica
il sempiterno autore,
per acquistar favore,
suo vaniloquio esala,
tu gl’inspiri furore
e tu sua Musa sei, o dea Cicala.

IX

     Se te savisset,
car el me Ronna,
che bozzeronna
vita foo mi;
te piangiarisset
te sgaririsset
la nogg e ’l di.

X

In morte di Domenico Balestrieri.

[1780]

     Vanne, o Morte crudel, vanne pur lieta
di questo pianto che mi bagna il volto:
Ahi! tre cose rarissime m’hai tolto:
l’uom buono, il buon amico e il buon poeta.

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XI

Dialogo tra un servo e il poeta.

     — Signor, poco dappoi
che a dormir vi poneste,
venne a cercar di voi
la marchesa Cusani. —
     — Sciocco! Non so, per Dio,
chi mi tenga le mani.
Sciocco! Non vi diss’io
di venirmi a destare
e di far tosto entrare
la gente rispettabile? —
     — È vero, padron mio:
ma nulla mi diceste
della gente adorabile! —

XII

Sotto un ritratto dell’autore.

Se volete saper altro,
domandatelo ad un altro.

XIII

     Ah, se fosse in poter mio
d’ottener quel ch’io vorrei,
qual sarebbe il mio desio?
quale il bene onde godrei?
Tu, che mente hai cosí fina,
caro amico, l’indovina.