Poesie (Parini)/VI. Versi sciolti/II. Per un'accademia di geografia

II. Per un'accademia di geografia

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II. Per un'accademia di geografia
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II

PER UN’ACCADEMIA DI GEOGRAFIA

     Egli è pur ver ciò, che sul frontespizio
d’un tacuino del signor canonico
mio zio lessi una volta. Quivi dicesi
che a qualche cosa serve qualsivoglia
5cosa; e che questo detto sia verissimo
io l’ho sperimentato in me medesimo.
     Sapete vo’ i miei casi, o cortesissimi
signori miei? Oh! io sono un compendio
di maraviglie, vedete, un emporio
10di stravaganze. Ditemi di grazia:
— E a che credete voi che servir possano
le gotte, o sia quel mal che gotta artetica
chiamasi piú comunemente? — A vivere,—
risponderete voi, — sempre in continove
15doglie; a star li confitto in s’una seggiola
senza moversi mai. — Eh, perdonatemi,
che può servire a tutt’altro ne gli uomini
cotesto male. Egli m’è stato socio
fido ed amico nel corso di varii
20giorni, e di varie notti: e stato è causa
ch’io abbia fatto i lontani e lunghissimi
viaggi ch’io ho fatto. E come? a ridere
voi vi ponete, quasi fossen favole
quelle ch’io conto? Affé che quasi in collera
25voi montar mi fareste. Si, l’Italia
io l’ho veduta tutta, e la Germania
e il Portogallo e la Spagna e la Gallia,
e tutta Europa in somma. Anzi, che dicovi

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io dell’Europa tutta? Ed Asia ed Affrica
30ho veduto ed America. Or, se piacevi,
mi domandate di quali provincie
sia composto ogni regno; e quai piú celebri
cittá vi sieno; e che cosa significhi
stretto, istmo, golfo, seno, promontorio,
35e capo e baia ed isola e penisola
e quant’altro vi par; ché tosto udretemi
risponder franco piú che non potrebbevi
risponder Piero de la Valle o il celebre
dottor Gemelli, i quali viaggiarono
40piú tempo assai di me. Ma il piú bel pregio
de’ miei viaggi è, che, senza un incomodo
al mondo, e quasi dissi senza movermi
e senz’alcun periglio e senza spendere,
ho scorso tutto il globo ampio terracqueo
45in men d’un mese; e nondimeno carico
io ritornai d’infinite notizie:
ché non credeste ch’io sia ito in varii
paesi e terre a la guisa che sogliono
i bauli che seguono le sedie
50de’ viandanti, e nulla mai non veggono,
e nulla imparan mai; e a casa tornano
bauli come pria. Ma, a quel che sembrami,
voi non credete queste mie fandonie:
e tempo è ornai di cavarvi d’imbroglio.
55Io ho voluto finora un po’ prendermi
gioco di voi; ma ora la coscienzia
rimordemi d’avervi dato a bevere
non dirò una bugia, ma una metafora
o un’allegoria de la rettorica:
60e perciò credo che sia mio debito
di spiegarvela chiara. Adunque siavi
noto che, quando vennemi ad affliggere,
giovine com’io son, la gotta artetica,
per sollevarmi un poco dalla doglia

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65e dalla noia di quel male, diedimi
a studiare un poco sopra un piccolo
libretto geografico; ed in simile
guisa mi vendicai di quello stranio
mal che volea rapirmi ai dolci studii.
70Or voi m’interrogate: io col rispondere
vi mostrerò se da guerriero strenuo
vendicato mi sia del poltronissimo
mal de le gotte: e voi cosí decidere
potrete poi s’io sappia o pur non sappia,
75con tanti studi, da qual parte levisi
il sole, come dicesi in proverbio.