Poesie (Parini)/III. Cantate/II. L'Abigail
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II
L’ABIGAIL
Cantata.
Ah, Davidde, che fai? Cotanti armati
ove li guida il tuo furor? Qual cerchi
degna di te vendetta
in un sangue si vile? Odimi, aspetta.
5Innanzi a te, signore,
peccò Nabal, mio sposo. A’ tuoi soldati
negò cibo ed aita. È ver. Perdono
a’ piedi tuoi ne chiedo
per lo sposo e per me. Cotesta mano
10le cui vittorie illustri
tante volte cantar l’ebree donzelle,
deh trattieni, o signor; non s’avvilisca
contra una moglie imbelle,
contra un misero sposo,
15che inerme, forsennato, in mezzo al vino
non si oppon, non prevede il suo destino.
Placa quell’alma, oh Dio!
quell’alma ardita e forte,
onde, cadendo, a morte
20il fiero mostro andò.
Questa, signor, si, questa
la piú nobile gloria è degli eroi,
domar gli affetti suoi. Un di fra gl’inni
d’Israel trionfasti. Ognun gridava:
25— Mille Saulle uccise
de’ nimici di Dio; ma dieci mila
de’ nimici di Dio Davidde uccise. —
Or di più si dirá: — Davidde adesso
ha vinto il proprio cor, vinto ha se stesso. —
30Ma che veggio, o signor? Ne le tue luci
s’apre un lieto seren. L’ardita spada
par che obliqua ti cada.
Il tuo sguardo s’aggira,
e tempra né guerrier la torbid’ira.
35Ah quel sorriso, oh Dio!
è nuncio di perdono;
è un bel raggio di sole
che penetra le nubi e accheta il tuono.
Di quel volto il bel sereno
40mi ravviva e mi consola.
Giá si desta nel tuo seno
la dolcezza e la pietá.
Il mio cor palpita, e sento
che sperando aleggia e vola;
45per te cessa il mio tormento:
che perdoni il cor lo sa.