Poesie (Eminescu)/LXIV. Epistola II

LXIV. Epistola II

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Mihai Eminescu - Poesie (1927)
Traduzione dal rumeno di Ramiro Ortiz (1927)
LXIV. Epistola II
LXIII. Epistola I LXV. Epistola III
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LXIV.

EPISTOLA II.


Domandi perchè la penna oziosa mi resti?
perchè il ritmo non mi tenta a sottrarmi ad altre cure?

Perchè mai, dimenticati, dormon fra gialle pagine
giambi ascendenti, trochei, dattili saltellanti?

5Se tu sapessi il problema della vita, con cui lotto,
vedresti che avrei persino ragione di troncarla.

Mi domando: perchè mai cercherei in giusta lotta
di versare in forma nuova l’antica lingua e saggia?

Questi arcani sentimenti che mi dormon nella zucca
10dovrei venderli al minuto quasi fondi di bottega?

O dovrei stillarmi il capo a trovar loro una forma,
per poi scriver le sciocche storie che il pubblico domanda?

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Tu potresti, è ver, rispondermi esser bene che nel mondo
il mio nome alfin sia noto qual di buon verseggiatore,

15ch’io attiri su me stesso l' attenzion dei letterati
ch’io dedichi i miei versi.... per esempio alle signore,

e il disgusto che ho nell' anima lo nasconda saggiamente.
Caro mio, questa strada è ormai troppo battuta:

noi abbiam nel nostro secolo certa razza di poeti
20che de’ suoi canti si serve per beccar quattro stipendii

dedicando i proprii versi a ministri, e a signore
che li lodin nei caffè, e li esaltin nei salotti.

Ben sapendo che i sentieri della vita sono stretti,
essi cercano farsi largo coll’aiuto delle gonne,

25adulando quelle dame, di cui speran che i mariti
possan essere ministri e far loro far carriera.

Perchè, dici, non vorresti scriver versi per la gloria?
Forse è gloria, ti rispondo, di parlare in un deserto?

Oggi, quando ogni mortale de’ suoi vizii è vile schiavo,
30che è gloria se non capriccio di un migliaio d’imbecilli,

che s’inchinano ad un idolo e un nano chiaman grande,
ch’è una bolla di sapone in un secol scimunito?

Accorderei forse la lira a cantar d’amore? Una catena
che, da buoni amici, due o tre amanti trascinano in comune?

35Che? canterei in flebil tono d’essermi aggiunto volontariamente
a quel coro che, nell’operetta, è condotto da Menelao?

Oggi la donna, come il mondo, è troppo spesso una scuola,
a cui impari solo dolore, avvilimento e falsità;

a codeste accademie di scienza della dea Venere
40il pubblico si cambia troppo spesso, ed i più giovani cacciano i meno.

Tu vedi bene che ora ammettono anche studenti imberbi,
al punto che tutta la scuola è divenuta una rovina.

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Ahimè, tu pensi ancora agli anni, quando a scuola pensavamo
ad ascoltare i vecchi maestri, che rammendavan la zimarra del tempo,

45intenti a raccogliere dai volumi i cadaveri degl’istanti,
e a cercar la saggezza nei cenci delle cose?

Con un suo blando susurro, un ruscello di horum harum
addormendoci nella noia nervum rerum gerendarum,

con molta solennità facevaci andar l’altalena della mente,
50dondolandovi ora un pianeta, ora un re egiziano.

Mi par (nel dormiveglia!) di vederlo, l’astronomo
che con gran facilità, quasi li tirasse di tasca, faceva venir fuori i mondi dal Caos,

e la nera eternità ci stendeva davanti, insegnandoci
a infilzar l’epoche geologiche come nel refe i coralli.

55Allora in capo a noi il mondo girava come una giostra,
e, come Galilei, anche noi eravam convinti che «l’affare» si muove.

Storditi dalle lingue morte, dai pianeti, dalla polvere della scuola,
confondevamo il povero maestro con un cranio roso dalle tignole,

e, guardando i ragliateli pender dalle travi del soffitto,
60ascoltavamo il re Ramsete e pensavamo.... ad occhi azzurri....

e in margine ai quaderni scrivevam versi romantici
per esempio ad una rosea e inesorata Clotilde.

Mi danzavan davanti in un miscuglio strano di epoche
ora un sole, ora un re, ora altro simile animale domestico.

65Lo scricchiolio delle penne dava attrattiva a quella calma,
vedevo verdi onde di grano, campi di lino in fiore....

Il capo cadeva pesante sul banco; pareva che l’ora non finisse più....
Quando sonava la campanella.... sapevamo che Ramsete doveva esser già morto.

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70Allora il mondo del pensiero esisteva per noi come reale,
e, al contrario, quello vero ci sembrava inverosimile.

Oggi solo ci accorgiamo, che assai aspra e punto amena
è la strada, che a fatica può percorrer l’uomo onesto,

che nel mondo ordinario il sognare è un pericolo,
75e che se hai illusioni, sei perduto e sei ridicolo.

Perciò, caro, d’ora innanzi non mi chieder più, ti prego,
perchè il ritmo non mi tenta a sottrarmi ad altre cure,

perchè mai, dimenticati, dormon tra gialle pagine
giambi ascendenti, trochei e dattili saltellanti....

80Seguitando a scriver versi, ho paura che.... chi sa?
questa razza di buffoni incominci a lodarmi:

se sopporto facilmente l’odio suo e ne sorrido,
le sue lodi sopportarle non potrei per nulla al mondo.